Interviste

Il cacciatore: Linda Caridi

La serie rai "Il cacciatore" è giunta alla sua terza stagione e il cast si arricchisce con la splendida Linda Caridi che affiancherà Francesco Montari (aka Saverio Barone), nei panni dell'avvocato Paola Romano. La serie, ambientata alla fine degli anni 90' racconta l'ascesa della mafia capillare e l'estenuante caccia a Bernardo Provenzano. Linda Caridi si aggiunge al team con un ruolo femminile forte e autoritario, che testimonia la presenza e la lotta delle donne di giustizia contro il cancro di Cosa nostra.

Nell'immagine: Linda Caridi by Gianmarco Chieregato in Stella McCartney
Linda Caridi by Gianmarco Chieregato in Stella McCartney

Partiamo dal principio, da qualche mese ormai hanno riaperto cinema e teatri. È un grande segnale di ripresa per il mondo del teatro e del cinema...

Quando il decreto è stato approvato per me è stato come tornare a respirare dopo un’apnea. Si può lavorare alla preparazione di un prodotto ma finché l’opera non incontra il pubblico nei luoghi deputati, il lavoro è come se non esistesse. Con “Il cacciatore” ho vissuto un principio di normalità tornando sul set ma non bastava…

Sei tornata al cinema? 

Si. A Milano, al cinema Beltrade, un gioiellino, che ha riaperto con una maratona morettiana alle 6 del mattino. L’ultimo film che ho visto invece è “A Chiara” di Jonas Carpignano che era presente in sala con la protagonista Swamy Rotolo, è stato molto emozionante. 

Nella visione collettiva, il cinema è quella linea sottile tra il possibile e l’impossibile dove tutto può accadere…Cosa rende il cinema magico?

Da bambina frequentavo un cinema all’aperto estivo del mio paesino e ricordo questa magia di un respiro comune nella sospensione, nella risata, nello spavento…Quello che provavo si amplificava, perché accadeva contemporaneamente ad altre decine di persone attorno a me. Questo è il senso dello spettacolo dal vivo, e vale anche per il cinema che vive nel momento in cui partecipano anche gli spettatori. 

Il mondo del cinema e del teatro sono molto diversi tra loro, quali sono le più grandi differenze per un attore?

Nel teatro ci sono tempi lunghissimi per le prove e le prove condivise, durante le quali si ripercorre l’arco del testo e dei personaggi. In scena si vive un’esperienza immersiva molto forte dall’inizio alla fine del racconto. Nel cinema invece c’è una sorta di frantumazione del processo che si ricompone solo in fase di montaggio. Da interprete bisogna concepire il frammento come qualcosa concatenato a ciò che accade prima e dopo, senza avere la possibilità di vederlo sul momento. 

Linda Caridi e Francesco Montanari sul set del cacciatore 3

La serie tv “Il cacciatore” ora in onda su Rai 2 è stata girata in piena fase covid nel 2020, com'è andata?

C’erano norme rigide per il mantenimento della sicurezza e una pressione piuttosto alta anche per gli spostamenti e i viaggi per le riprese tra Palermo e Roma. Tutti avvertivamo sul set una certa tensione e il non poter vedere tutta la troupe in faccia ci portava a comunicare molto di più con gli occhi…

Nella serie interpreti il magistrato Paola Romano, che il produttore Rosario Rinaldo ha definito “dolce e delicata, ma anche forte”,  che tipo di donna è?

La descrizione del personaggio di Rinaldo è centrata. Come donne ci portiamo addosso una lunga storia di sottomissione e di lotta per l’indipendenza e Paola Romano percorre un processo di emancipazione dalle figure paternalistiche e dal bisogno di approvazione, nonostante sia forte e sicura di se stessa. Si svincola da figure genitoriali ingombranti, legate alla sua stessa professione (avvocati penalisti facenti parte del CSM, consiglio superiore della magistratura) per aprirsi una porta nella direzione distrettuale antimafia. Sa di dover tagliare il cordone ombelicale, sopratutto dal padre, e di dover trovare la sua strada all’interno del gruppo con cui lavorerà, in particolare con “il cacciatore” Saverio Barone. 

Il cacciatore parla di una tematica importante che è la lotta alla mafia siciliana. Ti sei sentita una qualche forma di responsabilità, prendendo parte al progetto?

Ogni volta che ci si trova a raccontare dei fatti realmente accaduti o persone esistite il senso di responsabilità è grande perché si è chiamati a restituire qualcosa che è avvenuto e che ha comportato delle conseguenze effettive. In questo caso specifico si racconta il momento in cui la mafia diventa invisibile, si insinua nei colletti bianchi, nell’economia, negli appalti delle grandi opere pubbliche e nella politica. Il mafioso non è più legato alle terre della Sicilia ma è un uomo in giacca e cravatta che partecipa alle campagne elettorali. 

Abbiamo parlato di responsabilità verso il personaggio, preferisci quelli reali o fittizi?

Rimanendo in tema con la serie, diciamo che ci si muove su due terreni di caccia diversi! Si parte sempre e comunque dal testo e da quello che la penna ha voluto raccontare, ma nel caso di un personaggio reale si possono rintracciare informazioni concrete: video, fotografie, documenti, e studiare l’atteggiamento, la voce, il corpo, legati alla figura che si sta interpretando. Nel caso del personaggio fittizio, il terreno da battere è il testo. Leggerlo e rileggerlo in lungo e in largo cercando ogni dettaglio e particolare per creare una prima rete da riempire con il punto di vista soggettivo e l’interazione con il regista, l’autore e gli altri interpreti. 

A proposito di interpreti, come ti sei trovata con il resto del cast de Il cacciatore?

All’inizio avevo il timore di introdurmi in un team già consolidato dalle due stagioni precedenti. Sono stati tutti molto accoglienti a partire da Francesco Montanari (nella serie Saverio Barone) così come anche i due registi (Davide Marengo e Fabio Paladini) che si sono prodigati affinché il gruppo fosse integrato non solo sul set ma anche in sede di prove. E non è scontato...

La serie ha debuttato il 20 ottobre in prima serata su rai 2. Riguarderai le puntate?

Di solito lo faccio per una questione di studio cercando di godermi, da spettatrice, la visione d’insieme del prodotto finale. 

Il consiglio per un/una giovane che vuole intraprendere la carriera da attore/attrice?

Credo moltissimo nello studio e nella formazione. Ci può essere una dose di talento innato ma va nutrito, curato e testato. Quella “cosa” si può ingrandire e diventare uno scrigno profondo che è fondamentale  per muoversi nel mondo del lavoro, che sempre più richiede versatilità.

Tags

Articoli consigliati