Interviste

Sport Heroines: Giulia Ghiretti

La nuotatrice ed ingegnere biomedico Giulia Ghiretti si racconta attraverso la sua esperienza di vita e la carriera. Inizia a fare sport a soli quattro anni, e per lei è sinonimo di agonismo. Non a caso tra Paralimpiadi, Mondiali ed Europei, vanta svariate medaglie internazionali.

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Giulia Ghiretti illustrata da MO_RTE aka LUKA NEZIRI.

Special Project FABIA DI DRUSCO

Giulia Ghiretti, nata a Parma nel 1994, è ingegnere biomedico. «Ho iniziato a fare sport a quattro anni. Ero una bambina abbastanza irrequieta, e mia mamma mi ha diretto verso un’attività che mi facesse stancare per poi dormire di notte. Così ho iniziato a praticare ginnastica artistica e poi ritmica, ma solo con il trampolino elastico ho iniziato a dedicarmi a una disciplina a livello agonistico». Proprio durante un allenamento, nel 2010, a causa di un incidente, la sua vita è cambiata. «Ho sempre vissuto a mio modo questa esperienza di vita, non fermandomi, piuttosto cercando un nuovo sport da amare e praticare. Durante il periodo di riabilitazione ti insegnano a vivere con la sedia a rotelle, apprendi tutto ciò che sarà la tua quotidianità e impari a gestire il tuo corpo. Il mio percorso prevedeva una parte di fisioterapia in acqua, e così ho capito che quello sarebbe diventato il mio posto. Quando mi sono tuffata per la prima volta in piscina mi sono sentita bene, e ho scelto di nuotare perché è l’unico sport che mette alla prova totalmente il mio corpo, senza protesi». Per Giulia, lo sport è sinonimo di agonismo: «Anche con il nuoto ho iniziato dicendo che volevo fare le gare, anche se non sapevo neppure ancora quali. Ho vinto i Campionati italiani nel 2011, lo stesso anno in cui ho iniziato a nuotare. Nel 2012 sono stata convocata per gli europei giovanili di Brno in Repubblica Ceca. Un anno dopo, nel 2013, c’è stata la prima convocazione nazionale per i Mondiali a Montreal».

Quando mi sono tuffata per la prima volta in piscina mi sono sentita bene, e ho scelto di nuotare perché è l'unico sport che mette alla prova totalmente il mio corpo, senza protesi.

Poi sono arrivate le Paralimpiadi, Rio de Janeiro nel 2016 e Tokyo. «Entrambe sono state due esperienze indimenticabili. Di Rio ricordo molto bene il calore del pubblico che purtroppo mancava lo scorso anno, a causa della pandemia. Ho vissuto due estremi, entrambi carichi di differenti emozioni, ansia e adrenalina». A Tokyo si è aggiudicata la medaglia d’argento nei 100 metri rana SB4 (la categoria paralimpica in cui rientra Giulia, ndr), realizzando il proprio record personale. «Le avversarie erano molto forti, sapevo che avrei avuto bisogno di molta fortuna». Nell’ultimo periodo la percezione collettiva dello sport paralimpico è cambiata. «Per me, adesso, è una realtà molto più apprezzata. L’assenza del pubblico a Tokyo ha aiutato, perché se n’è parlato di più e soprattutto meglio. Gli ultimi due anni sono stati molto particolari. Per un periodo sono stata completamente ferma, poi ho ripreso i miei allenamenti su Zoom. Tornare ad allenarmi in presenza è stato faticoso, ma credo di non aver desiderato altro. Mi alleno sei giorni su sette in acqua e tre volte alla settimana in palestra, nei periodi più intensi siamo in piscina anche due volte al giorno. Quando ho iniziato ero una tra le più piccole, oggi, invece, sono io a essere un punto di riferimento». Per Giulia il nuoto è uno sport di squadra: «gli obiettivi, le medaglie e i percorsi non sono mai individuali, io condivido i miei con la mia famiglia, i miei amici e il mio team. Il supporto di ognuno di loro è fondamentale». I suoi obiettivi futuri? Parigi 2024, la laurea specialistica e la volontà di coltivare la sua passione per la musica. «Ho studiato per quattro anni al conservatorio e ho imparato a suonare l’arpa. In futuro mi piacerebbe approfondire la conoscenza dell’arpa celtica».

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