Aldo Maria Camillo racconta la sua collezione "Heritage"
Dopo Chapter "0": Radice, Black Collection per completare la trilogia di AldoMariaCamillo arriva la collezione maschile Heritage. Il designer italiano dopo il suo debutto a Pitti Uomo di due anni fa presenta la sua visione del guardaroba maschile composto da capi che si evolvono e si completa durante gli anni. Slegato dai ritmi frenetici del calendario della moda e lo scandire delle stagionalità Aldo Maria Camillo la nuova collezione racchiude 20 anni di esperienze nel fashion system per la quale ha lavorato per i leader dell'industria menswear. La sua ultima collezione si compone con abiti sartoriali, ottenuti in varianti lanose e cotoniere come lambswool inglesi, feltri militari trattati, moleskin di cotone lavato e sete habotai lavate. Aldo Maria Camillo racconta la fine di un capitolo e l’inizio di una nuova pagina, una costante che fissa un punto per tutto ciò che verrà in futuro.
Nel tuo curriculum riaffiorano i brand della grandi Masion: Zegna, Valentino, Berluti e Cerruti, cosa ti hanno insegnato tutte queste esperienze lavorative?
Il mio esordio assoluto con Fondazione Pitti con la collezione Autunno Inverno 2019 è stato un caso particolare. Il mio era un debutto assoluto, con una partnership indispensabile. C’è stata una grande apertura da parte dei suppliers e senz’altro la mia esperienza con le grandi maison per la quale ho lavorato in precedenza mi hanno aiutato molto. Tutti questi fornitori top level con la quale avevo lavorato in precedenza da Valentino o Berluti mi hanno aperto le porte e mi hanno supportato con i minimi di produzioni.
Com’è stato applicare la tua conoscenza e la trascorse esperienze al tuo marchio AldoMariaCamillo?
Interessante, lavorare per altri brand prima come designer director e poi come artistic director mi ha dato la possibilità di esprimermi in grande con la volontà di rispettare l’identità e il dna di questi marchi storici. Questa piena libertà improvvisa, mi ha portato a pianificare tutto un lavoro pre-debutto con tanti testi scritti, sketches e cartamodelli e al momento giusto tutto è emerso in aiuto.
Quali sono i tuoi designer di riferimento?
Quando ho iniziato con il mio primo manifesto ho citato gli anni ’90, la musica che ascoltavo, i film che guardavo, gli artisti e i musicisti che seguivo e poi ha trovato una sua dimensione per il mio marchio. In questi anni i designer che seguivo erano Helmut Lang e Martin Margiela, e poi ero attratto tantissimo dagli acquisti che facevo capi militari vintage, ma anche giacche di mio padre alla quale ho dato un nuovo fit.
Leggevo che da piccolo attingevi spesso al guardaroba di tuo padre. Quanto è fondamentale oggi possedere un capo unico che resista al trascorrere del tempo?
L’universo del tessile si è adattato alle esigenze del mercato e spesso, queste ultime, coincidevano con tessuti dai prezzi molto più accessibili e con una minore durata e resa. Devo dire che io sono andato controcorrente selezionando materiali che ritrovavano la tradizione nei tessuti pregiati inglesi, italiani o giapponesi. Il mio interesse per la longevità dei capi è ancora vivo, la mia stessa capsule collection Heritage è nata per questa motivazione. Ora insieme ai buyer dovrò capire come mantenere alcuni capi carry over nelle mie prossime collezioni.
A che cosa ti sei ispirato per la collezione Heritage?
La mia trilogia composta da Chapter "0": Radice, Black Collection e Heritage l’ispirazione è arrivata in maniera naturale e spontanea. Ci sono film come ‘Buffalo 66’ con Vincent Gallo, ‘Rumble Fish’ di Francis Ford Coppola, artisti come Leonard Cohen, Nick Cave, Thom Yorke, Kurt Cobain e Dave Gahan che hanno definito e plasmato esattamente la mia tipologia di uomo. Ad esempio la mia idea di giacca, è vissuta e interpretata con libertà, non come imposizione di formalità lavorativa o di status.
Come si sviluppa il tuo processo creativo? C'è una fase che preferisci?
Mi piace tanto la fase di ricerca, per me si estende dalla ricerca fotografica e visiva al teatro e la performance. Trovo molto interessante anche la scrittura, oltre alla ricerca iconografica mi piace trasferire su carta la mia visione, tutto quello che immagino e la mia idea di uomo che andrò a realizzare.
Qual’è per te la direzione del menswear oggi?
Diciamo che fino a non molto tempo fa seguivo molto più da vicino le collezioni e le tendenze, oggi che il mio lavoro si sta concentrando sul mio brand e la mia direzione creativa, guardo un po’ meno quello che sta succedendo durante il susseguirsi delle stagionalità. Credo che oggi ci siano molte collezioni in-door, quasi pensate per vivere in un lockdown costante, soluzioni comode e allo stesso luxury per vivere in casa. Dall’altra parte ci sono molti designer che producono collezioni trasversali, con meno distinzioni di genere, che trovo molto interessante e sicuramente sarà rilevante per il futuro. Inoltre se il target prima era molto giovanile, oggi viene ancora più estremizzato, arrivando ad un età quasi adolescenziale.
Come mai la scelta di presentare la collezione con Pitti?
Le figure di riferimento di Pitti erano già presenti ai primi fashion show di Cerruti, dopo che ci siamo conosciuti abbiamo sempre mantenuto una relazione senza mai uscire troppo allo scoperto. Poi dopo l’esperienza di Berluti sono stato contattato per un loro progetto di creazione, insieme a designer come Christelle Kocher e Alessandro Sartori, consisteva nel creare un paio di pantaloni e da lì è scattato subito qualcosa. L’anno successivo ero un loro ospite, e ancora oggi sono grato a Pitti perchè mi hanno sempre supportato.
Come ha influito sul tuo lavoro il covid-19?
Ci sono stati tanti cambiamenti rispetto ai ritmi del fashion system. Prima c’era qualcosa che non funzionava. Io in qualche modo lo scrivevo 2 o 3 anni fa, nel mio manifesto di Pitti e già parlavo di assenza di stagionalità. Io come altri designers iniziavo ad analizzare le connesioni tra costume e politica fino a percepire un aspetto sociologico che non stava funzionando. Credo in modo ottimistico che dopo la pandemia ritorneremo come prima ma con un futuro più libero.
Che cosa porterai in futuro dopo la tua trilogia?
La mia ultima collezione vuole chiudere il cerchio del guardaroba ideale maschile. Abbiamo già un pubblico maschile sulle piattaforme di Mr.Porter o Matches Fashion, il mio prossimo step per la mia direzione creativa è continuare questo percorso anche per la donna. Percepisco un apertura anche dal pubblico femminile e dai buyer che iniziano ad ordinare capi piccole taglie, ma nel rispetto dei materiali, del taglio e dal gusto maschile. Mi piacerebbe ampliare il mio guardaroba anche con gli accessori da uomo, come le borse, oggetti desiderabili e allo stesso tempo smart che possano completare la mia visione di menswear.