Fashion Week

New York, sfilate sottotono in cerca della riscossa

La fashion week, complice un calendario svuotato e la concomitanza con gli Oscar 2020, perde colpi. Ma a sostenere il Made in Usa ci pensano Tory Burch, Longchamp e Brandon Maxwell.
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New York corre ai ripari in una stagione di sfilata dai toni chiaroscuri. Perché nonostante un calendario di show svuotato, la concomitanza con gli Oscar e l’abbandono di più di un designer vedette, la settimana della moda nella Big Apple sta facendo del suo meglio per tenere alto il Made in Usa. Giocando la carta di una fashion week globale pronta ad accogliere designer da tutto il mondo. E con un particolare accento sui designer di ultima generazione. Come Area, marchio fondato da Beckett Fogg e Piotrek Panszczyk che ad Harlem ha fatto sfilate un glam 4.0 a suon di superfici sbriluccicangi e capelli di Swarovski. Ma il nuovo a stelle e strisce è anche underground con la R13 di Chris Leba, destinata a diventare il nuovo hot ticket della stagione. O Adam Lippes, erede di quell’estetica da Park Avenue tanto cara al suo maestro Oscar de la Renta. Ma ad animare questi primi giorni di show sono stati anche sei etichette internazionali, con radici in Italia, Spagna, Francia e, ovviamente, Stati Uniti. Nel segno di un United colors of fashion.

Tory Burch 

«Quando creo non ho mai in mente un solo tipo di donna. Penso a tanti tipi di donne differenti, a donne di tutto il mondo, da Tokyo a Bombay a Parigi. Mi lascio ispirare da donne forti, determinate e che hanno abbracciato le loro ambizioni». It’s a women world da Tory Burch che per la sua fall-winter 2020/21 sceglie un palcoscenico speciale come le sale di Sotheby’s («Volevo uno spazio più intimo e raccolto», racconta prima dello show). E chiama due amiche ad accompagnarla in questo viaggio. Il soundtrack è affidato alla voce di Alice Smith. Mentre le sale dello show sono animate dalle sculture di Francesca Dimattio, artista italoamericana che realizza speciali sculture di ceramica unendo elementi diffwrenti. Tra creature dalle fattezze animali, candelabri dalle fattezze naïf e totem che raccontano il corpo femminile sfilano le 42 creazioni immaginate dalla sfilata, con la supermodel Natalia Vodianova chiamata ad aprire lo show. «Il lavoro di Francesca mi ha ispirato molto, soprattutto nel suo racconto di una femminilità decorata ma potente». E allora via libera a fiorati innocenti su pantaloni e casacche quasi militari, a maglieria nuvola, ad abiti dai patch scomposti e a fantasie countryside ma anche a knitwear bucolico e pelliccerie wild. Con un profumo di indipendenza e ribellione anni 70 che aleggia nell’aria.

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Longchamp

Una parigina a New York. Che racconta quella nonchalance tutta francese e un certo gusto elegantemente snob. Incede sensuale la ragazza irriverentemente 70s dì Longchamp. La matita di Sophie Delafontaine la dipinge cosí, immaginandola mentre passeggia sprigionando charme davanti alle grandi vetrate del mega loft affacciato sull’Hudson e sui grattacieli di Manhattan. Ai piedi stivali di vinile luccicante, decorati da una grande boule d’argento. Indosso pellicce tre etniche, imprimé geometrici, gilet da rocking girl e camiciole di voile, gonne gitane e maglieria dai motivi astratti. E a completare il look le borse. Mini e maxi. In argento specchiato o in macro fantasia logomania. Immancabili anche con gli abiti da sera dalle trasparenze estreme e dai pizzi malandrini. 

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Brandon Maxwell

Alci dalle corna monumentali. Linci pronte all’attacco. Capre albine e Grizzli arrampicati sugli alberi. Tra le creature dell’American museum of natural history sfilano le creature sinuose di Brandon Maxwell. Sono veneti graffianti della passerella che sprigionano quella seduzione tipicamente e lussuosamente ninenties. Potrebbero essere uscite dalla matita texana di Tom Ford, nei suoi anni al timone di Gucci, o da quella di Michael Kors durante la sua parentesi parigina da Cèline. Raccontano di silhouette disegnate sul corpo, tessuti ricchi, proporzioni sagomate e seduzione. In versione anche maschile visto che lo stilista, che ha lavorato con Lady Gaga e che è molto amato dalle star, ha portato anche il suo menswear in passerella. Oltre a un progetto speciale: una serie di abiti da red carpet che chiudono lo show e che diventeranno il cuore della mostra “The nature of color“ che sarà inaugurata nelle sale del museo americano nei prossimi mesi. 

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 Self Portrait

«Ho voluto lavorare su alcuni classici dell’abbigliamento borghese elegante... Questa collezione è più matura del passato, ha un certo gusto couture». A raccontare la fall-winter 2020/21 di Self portrait è Han Ching che porta in passerella, in uno spazio industriale dai muri tinteggiati di bianco, una parata di mademoiselle che indossano trench di pizzo e abiti dalle porzioni d’atelier ma anche giacchette dal tweed evocativo e abiti-guaina di velluto dark punteggiati di cristalli. A raccontare un’eleganza sofisticata che profuma di edonismo ma senza abbandonarsi alla nostalgia. Pronta a scrivere un capitolo sofisticatamente contemporaneo dell’americano style. 

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Custo Barcelona 

Un compleanno importante, 40 anni di carriera, festeggiati nella Big Apple con una collezione sui generis. In un’ex chiesa sconsacrata Custo Dalmau, fresco della sua partnership con l’italiana Velmar controllata dal gruppo Aeffe di Alberta Ferretti, porta in pedana l’inverno di Custo Barcelona. Immaginando uno sportswear space, un activewear dalle inflessioni disco. In una collezione da rave party. Tra tessuti iridescenti, superfici ologrammate e bagliori di lured su piumini dagli elastici parlanti, su maglioni intarsiati e su pantaloni effetto gym. Per un caotico e gioioso angolo di Spagna nel cuore di Manhattan. 

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Chiara Boni

«Ricordi di Spagna... Il flamenco, una certa sensualità». E un retrogusto perenne di edonismo anni 80. Le parole di Chiara Boni racchiudono la nuova stagione di Chiara Boni-La petite robe che inizia con la performance di Anna Cleveland, sinuosa torera dai baffi alla Salvador Dalí che inde fasciata negli abiti seconda pelle della stilista italiana tanto amata nella grande mela («New York è la Mia casa e buona parte del mio successo qui lo devo ad Oprah Winfrey che ha portato per tanti anni i miei capi... Il suo endorsement è stato fondamentale»). Il resto è un crescendo di volant da flamenco, di mantille minimaliste, di pois e di turbinio di ruches. Predicando una femminilità esagerata, da far perdere la testa. 

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