Fashion Week

Dove leggere il futuro della moda

Quattro immagini e storie di percorsi, direttamente dalla MFW, svelati da artisti esploratori capaci di fare abiti perfetti ma anche di guardare oltre dove tutto può continuare.
Qual'è il futuro della moda
Qual'è il futuro della moda

In quel mega instagram che é la nostra esistenza riprodotta in immagini ne sceglierei quattro per raccontare questa fashionweek milanese che mi é sembrata bella e proiettata verso un altro futuro, la chiusura con il saluto in chiesa a Franca Sozzani é stato anche il segno più evidente della fine di qualcosa.

Fausto Puglisi e Emma Dante

La prima immagine é quella di Fausto Puglisi e Emma Dante: é fatta in teatro non alla sfilata, alla fine di “Bestie di Scena” che la regista siciliana ha messo in scena al Teatro Strehler dal 28 febbraio. Serve a far capire il legame fra due menti simili che lavorano per scuotere il pensiero comune, la connessione affettiva e creativa tra arte e moda: lavorano con il corpo lo spogliano e lo vestono per mettere in scena, con violenza artistica, la parte più profonda del nostro essere. Fausto Puglisi che in prima fila alla sfilata A/W 2017/18 conta sulla femminilità esplicita di Belen e sulla energia di Scianel di Gomorra, si muove sempre di più su dinamiche artistiche teatrali e video per urlare più forte il suo messaggio. Un crescendo, iniziato a Firenze con al prima ra(p)presentazione della collezione uomo S/S 2017, che continua dimostrando la capacità del creativo di allargare ad altro il fenomeno moda. Puglisi lo fa con i suoi abiti, con la pelle borchiata o con le silhouette talari squarciate in orizzontale e verticale da tagli drastici ma raffinati, con le sue femmine di maschi sanguigni: geishe padrone, sante madri puttane, orgogliose di vivere nel rischio, ricche perché casa loro é anche il Museo Archeologico di Napoli o la Cappella di San Severo. E' perfetto “Southern Vertigo” il video che apre la sfilata, dove alla fine Scianel, facendo forse il verso a chi ne “Il Diavolo veste Prada” diceva Tutti voglione essere come noi, dichiara Voi non siete come noi! 

Fausto Puglisi e Emma Dante
Silvia Calderoni X Gucci
Silvia Calderoni X Gucci

La seconda immagine ha sempre a che fare con il teatro e con la rappresentazione del corpo. E' l'attrice Silvia Calderoni che sfila nella serra di Alessandro Michele, l'Alchimista Giardiniere di Gucci: vestita da uomo direbbero gli stessi limitati “benpensanti” spaventati dalla strafottente realtà di Puglisi. E' un segno di eleganza talmente colta ed intelligente che spiazza ogni polemica sull'ostentazione e sulla spettacolarità effimera. La sostanza concreta, di quel lavoro anti-materico fatto da Gucci, che é opera di pensiero prima che di strategia. Non lo sapevano in tanti che sfilasse anche l'attrice che con la sua androginia mette “a nudo” i pregiudizi contro ogni anomalia di genere, ma c'erano anche altre figure “simboliche” come la fotografa Zora Sicher, il compositore dj Maxime Sokolinski e il ricercatore performer Valerio Sirna. Sirna é romano come l'artista visivo Daniele Spanò coinvolto nella collezione dello scorso anno, per dire che la ricerca trova affinità elettive anche a Roma: non c'é nessuna volontà di rappresentare quanto piuttosto di condividere il proprio messaggio, con un cast scelto per caratteristiche estetiche che non si leggano solo in superficie.

La pratica culturale che Gucci persegue assecondando Alessandro Michele propone uno sforzo di aggiornamento continuo sul contemporaneo, in tanti campi paralleli alla moda: mille contaminazioni visive e musicali, artistiche e cinematografiche. Un lavoro che complica un po' la vita a comunicatori banalmente onnipresenti, a chi lavora senza curiosità e preferisce entusiasmarsi per chi fa sfilare clienti e testimonial, cani e facoltose madri con figlie al seguito, ordinary people influencer del “piccolo mondo antico” dove vivono o di poveri zombie-blogger.

Caserma Via Vincenzo Monti

La terza immagine é quella della modella che sembra un fantasma o un angelo di Arthur Arbesser nella Caserma di via Vincenzo Monti.

La dimostrazione che la moda più bella é fatta da artisti e che, come diceva Picasso, l'artista é un bambino e quel bambino é anche lo stilista capace di giocare con l'ispirazione colta di uno dei film più belli della storia del cinema come “Il cielo sopra Berlino” di Wim Wenders e con le sperimentazioni più contemporanee grazie alla collaborazione con Vibram: la poesia e la tecnologia, il disegno romantico materializzato con il know how di chi realizza materia nuova per prodotti del futuro.

Eleganza, raffinatezza, sperimentazione per una armonia fatta di equilibri progettuali e disequilibri emotivi. Nessuna citazione ma ricordi di cose viste, studiate e immaginate tradotti in elementi che si riassemblano nella trama della maglieria come nell'accostamento apparentemente impossibile di seta e plastica, di lane pregiate e tesssuti tecnici. Sfilano donne che sembrano sempre la stessa, appaiono e scompaiono sullo sfondo di una archeologia industriale densa di significato, la ottocentesca caserma decorata dai forni dove si faceva il pane per la città durante la guerra.

Caserma Via Vincenzo Monti
'From things to form' by ZhuZhu X Phaèdo
'From things to form' by ZhuZhu X Phaèdo

La quarta é l'immagine dell'abito tinto con il caco dal designer cinese Zhuzhu per Phaédo. E' quella del futuro più assoluto perché ibrido, disegnato dalla cultura cosmopolita del primo studente cinese che ha frequentato la Royal Academy of Fine Arts in Belgio e il London Central St.Martin College of Art and Design.

La sua installazione/presentazione dal titolo “From things to form” alla Triennale rompe ogni confine fra arte e moda, impossibile capire dove sia l'inizio e la fine delle discipline. L'ennesima espressione di artista visionario che opera sull'archetipo da scienziato: ogni elemento é un passaggio della ricerca e del lavoro stesso allestita in modo che ci si possa entrare dentro, camminare intorno e guardare le immagini e i collage, dentro vasche di legno come documenti fossilizzati prima di diventare vere fotografie. Il colore del caco é anche quello dei mattoni a terra e delle colonne su cui poggiano abiti impalpabili che hanno perso i sensi, strutture che servono per costruire fatte di elementi naturali come amido di riso, olio e argilla. Gli abiti appartengono alla categoria senza tempo, potrebbero essere di un epoca o un luogo che ancora non esiste o che é scomparso mille anni fa. Le tinture naturali e una lavorazione speciale rendono la seta più opaca, l'organza bianca doppia dentro e fuori il tesssuto creando un'anima visibile al vestito che si concentra su collo, schiena e mani.

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