La Milano Fashion Week inizia con il consueto caos, un cocktail di traffico intenso, celebrities, e interminabili attese. Il primo giorno della settimana della moda nella capitale lombarda ha confermato ancora una volta quel saper fondere storia e innovazione, con nomi iconici e nuove tendenze che si affacciano sul panorama della moda mondiale. Le strade già colme di fotografi, influencer e addetti ai lavori, hanno visto sfilare alcune tra le Maison più attese del Fashion Month.
Si parte alle 15:00 con Fendi, la casa di moda romana che quest’anno si appresta a festeggiare il suo centenario. Per l’occasione, ci siamo immersi in una sfilata che ha fatto della nostalgia un’arte, ripercorrendo l’eredità tutta al femminile della famiglia delle “due effe”. Il mood Art Déco Anni '20 ha dominato la passerella, con dettagli che strizzano l’occhio al passato ma senza scadere nel vecchio. Però, diciamolo chiaro: i veri protagonisti erano gli accessori. Quelle Baguette sono state accolte come reliquie sacre, tanto da lasciarci una lacrimuccia di commozione. Insomma, Kim Jones, direttore creativo delle collezioni donna, sa bene come manipolare il nostro cuore.
Dopo aver sgomitato tra il traffico surreale e vari ostacoli – compresi un paio di SUV parcheggiati come se la città fosse la loro passerella – eccoci pronti, un’ora e mezza dopo, per Marni. Francesco Risso, il maestro dell’imprevedibile, ha svelato una collezione che sembrava uscita da un sogno psichedelico, con make-up che evocava la leggendaria Divine, la drag newyorkese che senz’altro non avrebbe sfigurato su quella passerella. Risso riesce a dare vita a un immaginario unico, dove il protagonista è il cotone, declinato in modi che sfidano la tradizione. Volumi inaspettati e accessori imponenti dominano la scena, tanto da far quasi scomparire gli abiti, un’impresa notevole per una Maison come Marni, che ha sempre fatto dell’abbigliamento la sua cifra distintiva. E invece è successo. Ma qui non ci sono regole, è solo il genio creativo del direttore creativo che fa il bello e il cattivo tempo, e a noi non resta che applaudirlo.
Terza tappa: Alberta Ferretti. Sono le 18:00 e ci spostiamo sotto il colonnato del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia. E qui, la magia. La Ferretti ci regala una palette di colori che, nonostante l’arancio, ci fa respirare un po’ di sollievo nella caotica Milano (forse lo avevamo già detto?). Gli abiti? Leggeri come petali, fluttuanti come una brezza in una giornata di primavera. Le forme a petalo e i volant giocano con i tessuti, creando un senso di leggerezza quasi eterea, ma pur sempre così pop. La collezione sembra pensata per una donna contemporanea, capace di indossare la sua eleganza anche nella vita quotidiana, senza mai rinunciare al tocco sognante che contraddistingue l’estetica Ferretti.
Con un po’ di fatica e l’ennesima battaglia per un taxi, una corsa in bicicletta o una stacchettata in metropolitana, arriviamo all’ultimo show della giornata, quello di Iceberg. Questa collezione, seppur ben eseguita, non riesce a evitare il confronto e un vero e proprio senso di déjà-vu. I capi proposti ricordano troppo un immaginario già esplorato da altre grandi case di moda, soprattutto quelle legate alla signora della moda milanese Miuccia Prada.
Ma al di là delle luci delle passerelle, del glamour e dei ritardi, la prima giornata della Milano Fashion Week ha portato con sé un messaggio importante: la moda continua a evolversi, rispecchiando una società in rapido cambiamento, ma senza mai perdere il contatto con la sua storia.
Ogni sfilata ha raccontato una storia unica, con il proprio linguaggio stilistico, ma tutte unite dal filo conduttore di una creatività che sembrerebbe aver ancora molto da raccontare. Forse, in fondo, la moda non è altro che lo specchio dei nostri sogni. Un giorno sei sulla passerella, e il giorno dopo, di nuovo per le strade caotiche della vita reale.