The Past is Prologue: Gilles & Boissier, la coppia dell'interior design
La coppia che anima lo studio di interior design francese Gilles & Boissier è un matrimonio di sensibilità dove gli opposti si attraggono. Creando un dialogo tra passato e futuro, raccontato nelle pagine di un nuovo libro.
Il lockdown pandemico non ha toccato Dorothée Boissier e Patrick Gilles, moglie e marito nonché duo di interior designers. Poco prima che il caos iniziasse, la coppia si era trasferita insieme ai loro due bambini in un appartamento nel centro di Parigi, vicino al Parc Monceau. L’appartamento era rimasto vuoto per quindici anni e il giardino da cartolina era cresciuto a dismisura.
La proprietà un tempo apparteneva a Marjorie Merriweather Post, una delle donne più ricche al mondo della sua epoca (e costruttrice di Mar-a-Lago), per poi passare nelle mani della figlia Eleanor Post Hutton. Boissier e Gilles l’hanno acquistata nel 2018, riportandola in gran parte al suo fascino Haussmaniano: «Abbiamo cercato di mantenere l’anima della casa», dice Boissier, che se ne è innamorata non appena ha varcato l’ingresso e ha visto l’affaccio diretto sul giardino. I soffitti alti, le modanature, i pannelli – vestigia della Gilded Age – richiedevano: «Molti, molti» restauri. La casa è il paragone di ciò che si potrebbe considerare un blue-chip, l’ordine costituito del décor in Francia oggi: i rinnovati muri ornati dell’architettura anteguerra, le finestre grandiose e il parquet abbinato a un arredo misurato, low- profile, contemporaneo in colori e materiali neutri. È un’estetica che può in larga parte essere attribuita allo studio parigino della coppia, Gilles & Boissier. E l’appartamento di Monceau è l’epicentro della prima monografia eponima, in uscita a settembre edita da Rizzoli, che racchiude una serie di progetti rappresentativi dell’estetica dello studio: sofisticata ma mai stiff, grandiosa senza essere pomposa, austera senza dare la sensazione di vuoto.
Se lo studio è conosciuto anche per le progettazioni residenziali e nautiche, la vera specialità sono gli hotel. L’ultimo in ordine di tempo è il revamping del Mandarin Oriental Ritz a Madrid, completato nella primavera scorsa. Sebbene di stampo tradizionale, gli interni dell’edificio Belle Époque sono stati riempiti di arredi quasi tutti in un bianco brillante, punteggiati da accenti d’oro (il Four Season e il Ritz Carlton sono altri clienti abituali). Il loro pezzo forte è il Baccarat Hotel di New York. I saloni neri in un mix di decori austeri ed elaborati hanno stabilito un nuovo standard di opulenza sofisticata, quando l’hotel ha aperto nel 2015 nella zona Midtown, con una suite illuminata da diciassette lampadari, il cui costo si aggira sui 18mila dollari a notte. (La realizzazione del loro prossimo progetto a Manhattan, lo spa-centrico Six Senses Hotel, è invece stata rimandata al 2022).
L'estetica dello studio è sofisticata ma mai stiff, grandiosa senza essere pomposa, austera senza sentirsi vuota.
Il Baccarat rappresenta anche il teatro dove, per la prima volta, i due hanno sentito di avere davvero collaborato. «È stato un progetto significativo per noi, forse uno dei più importanti», dice Boissier. L’immobiliarista, Barry Sternlicht, ha spinto lo studio a creare qualcosa di estremamente francese, ma che solo a New York potesse prendere vita. «Dovevamo giocare con queste due culture, due epoche differenti», dice lei, riferendosi alla centenaria tradizione dei produttori di cristalli francesi e al loro incontro con l’essenzialità di metà Novecento del MoMa, dall’altra parte della strada. È convinta che nessun cliente francese avrebbe mai permesso loro di progettare un albergo in quel modo: «Ecco perché ci piace così tanto lavorare negli States, lì hai l’opportunità di prenderti un sacco di rischi». Bossier è il volto pubblico dello studio e la manager dei progetti, mentre Gilles ha il ruolo di artista meditativo. Non è un caso se molto del lavoro di Gilles e Boissier ha una qualità meditabonda, cinematica. Gilles è un cinefilo appassionato che durante il lockdown ha guardato talmente tanti film da perdere il conto, molti del suo regista preferito David Lynch. «È un vero esperto!», dice Bossier con orgoglio, mentre spiega che il marito è andato al cinema almeno una volta alla settimana da quando aveva 18 anni.
I due sono uno yin e yang personale e professionale. Gilles viene dal sud della Francia, con un’educazione più modesta e una gioventù ribelle, mentre Boissier è una parigina fatta e finita, con tanto di pedigree. «Quando arrivi dal Sud, oppure da Parigi, sei molto diverso», dice lei. «Hai una mentalità differente, un diverso modo di vestire». Alcuni dei ricordi più vividi della sua giovinezza Boissier li lega all’influenza del marito di sua madre, un architetto erede di una importante collezione d’arte appartenuta al celebre gallerista di inizio ’900, Ambroise Vollard. La sua casa d’infanzia includeva opere di Cézanne e Van Gogh e da bambina era solita ammirare un arlecchino incompiuto dipinto da Picasso, appeso a una parete.
Le loro divergenze tra Nord e Sud imprimono a ciò che fanno una specie di fremito, dovuto anche agli inizi della loro carriera. Si sono incontrati lavorando entrambi nell’ufficio dello scomparso designer Christian Liaigre, noto per i suoi progetti nautici e per il mobilio lussuoso, un’influenza evidente nel lavoro della coppia. Dopo i primi appuntamenti – all’inizio lei pensava che lui fosse da smussare, mentre lei gli sembrava una snob – nel 1995 Bossier decide di lavorare con Philippe Starck. Un gusto teatrale, quello di Starck, che Boissier porterà poi nelle loro opere. Per dieci anni è restata con Starck, impegnata su diversi progetti per Baccarat, intanto che Patrik, da Liaigre, si concentrava sul Mercer Hotel a New York o sugli appartamenti di Rupert Murdoch e Calvin Klein. Fino al 2004, quando hanno finalmente deciso di fondare il loro studio.
Non è un caso se molto del lavoro di Gilles & Boissier ha una qualità, meditabonda, cinematica.
Il Baccarat Hotel ha forse proiettato Gilles and Boissier nel firmamento del design, ma è stato il miliardario italiano Remo Ruffini il committente a cui devono l’inizio della loro avventura. La coppia conosce l’attuale proprietario del marchio Moncler da 18 anni e il loro primo progetto è stato lo yacht di Ruffini, a cui ha poi fatto seguito il concept store di Moncler a St. Moritz, un modello per molti successivi shop – «È come la stessa donna, ma con diversi orecchini», dice Boissier. Dopo di che hanno decorato la magnifica casa di Ruffini sul Lago di Como, con pavimenti di marmo nero e tappeti rosso sangue.
Per il loro libro, il duo ha deciso di affiancare particolari elementi degli spazi che hanno progettato con le opere d’arte che li hanno ispirati. In particolare, Boissier ama le pagine in cui si vede il giardino del loro appartamento, con un piccolo gazebo grezzo di castagno che le ricorda il giardino della sua infanzia. Di fronte, c’è l’immagine di un dipinto di donna di spalle dell’artista contemporaneo Michaël Borremans. Per Boissier, la donna ritratta: «Dà la schiena al passato, come se accogliesse il presente e il futuro».