Il nuovo galateo secondo Buccellati e Patricia Urquiola
In occasione del suo debutto al Salone del Mobile, Buccellati presenta una mostra che racconta l'arte della tavola. Una celebrazione delle storiche collezioni d'argento della Maison (interpretate da quattro grandi firme del design internazionale), della porcellana ( la collaborazione con Ginori 1735) e di Milano stessa.
Quando due anni fa il mondo si è ritrovato a dover trascorrere la maggior parte del suo tempo chiuso in casa, piccole gioie quotidiane - scordate per mancanza di tempo durante la frenetica vita di tutti giorni- sono state piacevolmente riscoperte. Gli aperitivi al bar vengono sostituiti da piacevoli home-made drinks tra coinquilini, le serate nei locali trasformate in esilaranti zoom calls e le cene al ristorante scambiate con lunghi pranzi in famiglia. Il risultato finale? Rinasce il piacere di stare a tavola, riportando in auge l'antica arte della convivialità tra intimi. Buccellati, in occasione del suo debutto al Salone del Mobile, dedica a questo tema un allestimento ad hoc, curato dallo studio Stefano Boeri Interiors. Una celebrazione del galateo moderno, inteso come un'esaltazione dei valori di empatia, gentilezza e grazia legati all'universo della tavola. Protagoniste indiscusse della mostra (curata dalla curatrice Federica Sala) sono le collezioni storiche in argento della Maison che per l'occasione, vengono rilette da quattro firme del design internazionale: Dimorestudio, Ashley Hicks, Chahan Minassian e Patricia Urquiola. La sfida è reinterpretare la "nuova tavola", rendendo attuale il concetto di galateo, argento e porcellana (presenti le porcellane della collezione “Double Rouche -Florence Furnace”, nate dalla collaborazione tra Buccellati e Ginori 1735). "Durante la pandemia ci siamo ritrovati a passare molto tempo in casa e soprattutto a goderci davvero i momenti trascorsi a tavola in compagnia. Il piacere di una mise en table impeccabile, la celebrazione del cibo e il rinato interesse per l'eleganza senza tempo dell'argento" afferma Maria Cristina Buccellati, Communication Director del brand "Buccellati possiede delle collezioni in argento storiche la cui storia è intrinsecamente intrecciata a quella della Maison. Le collezioni Caviar, Doge, Marina e Rouche, Tahiti raccontano il DNA e la tradizione di Buccellati fin dal principio. Il nostro obiettivo è quello di analizzare come il tema della convivialità sia stato riscoperto e come, soprattutto, sia cambiato nel mondo contemporaneo. Il piacere della tavola, dove anche l'occhio vuole la sua parte, si ritrova nei dettagli: come nel caso della collezione Caviar - tante piccole sfere unite a formare fasce decorative abbelliscono piatti e posate, ricordando il caviale - o nella collezione Tahiti, dove argento e bambù si sposano alla perfezione". Quest'ultima viene affidata alla sapiente rilettura di Patricia Urquiola, designer e architetta spagnola di fama internazionale. "La collezione Tahiti fu realizzata in principio per un privato" continua Maria Cristina Buccellati "Venne apprezzata fin da subito e nacque grande richiesta attorno ad essa, soprattutto per l'accostamente vincente di argento e bambù. Purtroppo però nello stesso momento in cui questa collezione iniziava a prendere piede, Gucci lanciò le sue famose borse dal manico in bambù e questo materiale divenne introvabile. C'è voluto del tempo prima di scovare un nuovo fornitore fidato". PICNIC, il titolo dell'interpretazione della Urquiola, è un omaggio alle bellezze della natura, al piacere di condividere una tavola in mezzo al verde, alla leggerezze di un momento di svago. Per l'occasione viene ricreato un lussureggiante giardino dove al centro vi è posizionata una tovaglia tartan apparecchiata. "È un'astrazione simbolica del concetto di convivialità" racconta la designer spagnola.
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PATRICIA URQUIOLA RACCONTA "PICNIC"
LA RIVISITAZIONE DELLA COLLEZIONE TAHITI
L'OFFICIEL: Cosa ti affascina della Maison Buccellati? E quali sono i valori che condivi con la Maison?
PATRICIA URQUIOLA: Buccellati ha un heritage importante di 100 anni di storia, un brand profondamente milanese che ha la volontà di rileggere la propria identità e passato in chiave contemporanea, ibridandosi. Un’azienda capace di aprirsi a nuovi dialoghi, in questo caso con architetti e designer come noi che non apparteniamo al mondo dell’alta gioielleria, ma che abbiamo progettato nuovi scenari, nuove lenti attraverso cui guardare Buccellati e il suo heritage.
LOIT: PICNIC è la tua intepretrazione dell'iconica collezione Tahiti di Buccellati. Come è nata l'idea dietro al tuo "tavolo sospeso nel verde"?
PU: Tahiti è una collezione iconica di Buccellati, che porta anche il mondo naturale a tavola. Dal bambù (che incontra l’argento) è nata l’idea di interpretare la convivialità in modo giocoso, immersi nella vegetazione. Stare a tavola oggi rappresenta un rito che va oltre il pasto, è un momento di distrazione, di scambio, di conoscenza di ciò che mangiamo, di scambio. Nell’ultimo periodo, la nostra vita si è svolta spesso attorno al tavolo. I tavoli sono diventati le nostre librerie orizzontali, seduti al tavolo abbiamo studiato, lavorato, incontrato i nostri amici tramite il digitale…abitudini che abbiamo mantenuto nella nostra quotidianità. Per questo, la mia installazione include anche oggetti di uso comune, come libri, riviste, un paio di occhiali…
LOIT: Come si traduce il tuo approccio all’architettura in questa collaborazione con Buccellati?
PU: Il tema dell’ospitalità e della ricezione è ampio, è una ricerca che porto avanti in architettura e prodotto. Negli hotel spesso l’ospitalità è incentrata su convivialità, interazione, sul sentirsi a casa in ogni spazio. I clienti chiedono spazi progettati sempre di più per dare un’atmosfera di domesticità perchè il concetto di wellbeing è inteso in modo molto più ampio.
LOIT: La mostra celebra la tradizione e la vita della città meneghina, che rapporto hai con Milano?
PU: Vivo a Milano da molto tempo, è la città che ho scelto e che mi ha dato tanto. A Milano ho conosciuto il design e lavorato con i maestri. Mi sento 100% milanese e 100% asturiana, le due cose non sono in contraddizione per me. Mi piace descrivere le mie radici come anfibie, in continua evoluzione e capaci di crescere nel rapporto con le aziende italiane, con le contaminazioni positive che viviamo in città fra le tante discipline: arte, moda, design, storia, ecologia. Milano è una città fatta di aziende che sperimentano, che crescono nel rapporto con i maestri di ieri e di oggi, che coinvolgono pensatori. È un approccio che cerco di seguire anche nel mio lavoro di art direction con Cassina, un lavoro di ‘continuum culturale’ in cui i progetti evolvono e l’azienda si impegna con le fondazioni, con i talenti emergenti e supporta i designer anche nei loro progetti paralleli, attraverso il patronage.
LOIT: Qual è stato l’elemento più stimolante di questa collaborazione?
PU: L'azienda mi ha dato una grande libertà, l'installazione è nata in modo molto naturale, avevo in mente questa scena dal film degli Eames 'Powers of ten' e mi sono divertita a tradurla nello spazio.