Nars Attack
Lipstick “Rita” (Hayworth), matita “Dragon Girl” (Anna May Wong), donne fatali di un’epoca lontana, ma anche blush color “Orgasm” per ragazze da club di New York degli anni 80. Prodotti che riassumono perfettamente l’educazione estetica di chi li ha ideati, il make up artist François Nars, francese, 58 anni, e la sua visione a metà strada tra tradizione e shock, tra l’estetica Art Decò orientalista e quella Pop, esagerata e metallizzata alla Fiorucci. Tanto dalle pagine delle riviste più patinate, come Vogue e Harpers’ Bazaar, quanto da quelle più anticonformiste come i-D e Interview, François ha sempre accompagnato il rovesciamento di canoni estetici prestabiliti. Sia attraverso il mondo borderline delle foto di Bruce Weber, sia con quello barocco delle passerelle di Versace. «Quando a fine anni settanta sono entrato nel mondo della cosmetica imperavano make up esagerati. Il mio modo di intendere la bellezza era, ed è ancora, l’esatto opposto. Esaltarla, sottolinearla piuttosto che seppellirla sotto strati di prodotti. Ho preferito togliere invece che aggiungere, portare leggerezza, libertà
e semplicità. La Make up artist, genio creativo dietro alla collezione di cosmetici che portano il suo nome, fotografo delle sue campagne. Incontro con l’uomo che rende belle le donne A sinistra, Linda Evangelista e, a destra, Kate Moss nel backstage (1995), Nars Cosmetics Palette occhi della collezione “Man Ray for Nars” Beauty 283 mia unica - forse un po’ noiosa - filosofia è quella di aiutare le donne a sentirsi belle». Con lui hanno lavorato Isabella Rossellini, Brooke Shields, Linda Evangelista, Naomi Campbell, Kate Moss. Non riesco a individuare la sua musa, la sua icona di riferimento. «Non ho mai cercato di dare una definizione di bellezza che sia unica, piuttosto cerco di trasmettere una personalità: quella di una donna con grande consapevolezza di sé e della sua bellezza, qualsiasi essa sia, dal carattere forte e con carisma. Essere solo belle serve a poco. Parlo anche come fotografo: è più divertente riuscire a cogliere l’equilibrio nelle imperfezioni, nei dettagli che stridono». Da molto tempo François firma anche le sue campagne pubblicitarie.«Per me la fotografia e il make up sono una cosa sola, ho sempre
lavorato tra set di servizi di moda e backstage di sfilate.Per questo ho voluto rendere omaggio al lavoro dei grandi fotografi di moda con delle collezioni speciali di prodotti Nars. L’ultima è una conversazione impossibile con Man Ray, per la quale ho immaginato quali tonalità di rossetto potessero indossare le sue modelle, come Kiki de Montparnasse o Lee Miller». Oggi le generazioni dei piu giovani - dai Millennials in giù - sono divise a metà tra un ideale di bellezza iperstrutturato e visibilmente finto, adatto solo alla vita on-line nei social network, da ottenere attraverso beauty routine estenuanti - dal celebre contouring, ai fratelli minori draping e strobing - e una diametralmente opposta, votata al “less is more” simboleggiata dagli hastag #nomakeup o #iwokeuplikethis. Mi domando se il make up sia ancora uno strumento di liberazione, come lo intende Nars, o se sia diventato il portabandiera della schizofrenia della società in cui viviamo, dove vale tutto e il suo contrario.«Nella migliore delle ipotesi, il make up è un ottimo modo per affrontare il mondo, perché guardarsi allo specchio e piacersi offre ancora la più forte dose di
autostima.È facile sentirsi in dovere di aderire ad un canone prestabilito, ma un trend non può calzare per tutte. Per la collezione estiva di Marc Jacobs del 2014 abbiamo fatto sfilare le modelle senza un velo di trucco, ma di sicuro non voleva essere un diktat a “non poco.Parlo anche come fotografo: è più divertente riuscire a cogliere l’equilibrio nelle imperfezioni, nei dettagli che stridono». Da molto tempo François firma anche le sue campagne pubblicitarie. «Per me la fotografia e il make up sono una cosa sola, ho sempre lavorato tra set di servizi di moda e backstage di sfilate. Per questo ho voluto rendere omaggio al lavoro dei grandi fotografi di moda con delle collezioni speciali di prodotti Nars. L’ultima è una conversazione impossibile con Man Ray, per la quale ho immaginato quali tonalità di rossetto potessero indossare le sue modelle, come Kiki de Montparnasse o Lee Miller». Oggi le generazioni dei piu giovani - dai Millennials in giù -
sono divise a metà tra un ideale di bellezza iperstrutturato e visibilmente finto, adatto solo alla vita on-line nei social network, da ottenere attraverso beauty routine estenuanti - dal celebre contouring, ai fratelli minori draping e strobing - e una diametralmente opposta, votata al “less is more” simboleggiata dagli hastag #nomakeup o #iwokeuplikethis. Mi domando se il make up sia ancora uno strumento di liberazione, come lo intende Nars, o se sia diventato il portabandiera della schizofrenia della società in cui viviamo, dove vale tutto e il suo contrario. «Nella migliore delle ipotesi, il make up è un ottimo modo per affrontare il mondo, perché guardarsi allo specchio e piacersi offre ancora la più forte dose di autostima. È facile sentirsi in dovere di aderire ad un canone prestabilito, ma un trend non può calzare per tutte. Per la collezione estiva di Marc Jacobs del 2014 abbiamo fatto sfilare le modelle senza un velo di trucco, ma di sicuro non voleva essere un diktat a “non usare make up”. Va benissimo prendere quello che offre il mercato, ma seguendo il proprio stile. E soprattutto fregandosene del resto, come facevano le fantastiche Anna Piaggi e Betty Catroux». Come recita un manifesto Nars: “What makes us blush? Orgasm”.
Le foto sono tratte dal libro “François Nars”, Ed. Rizzoli New York
Linda Evangelista e Kate Moss nel backstage (1995), Nars Cosmetics
François Nars bambino nel sud della Francia, François Nars Archives.
François Nars negli anni ottanta fotografato da Marina Schiano, François Nars Archives.
François Nars trucca Shalom Harlow, circa 1997, Nars Cosmetics.
François Nars trucca Kate Moss, circa 1997, Nars Cosmetics.