Intervista a Linda Cantello, la make up artist dello show Armani Privé
Fashion freak e accanita frequentatrici di discoteche nell’adolescenza, e affascinata dal make up fin da bambina, Linda Cantello frequenta una scuola d’arte, e comincia a lavorare come truccatrice autodidatta grazie all’amicizia con il già affermato hairstylist Sam McKnight. Quando lui va a New York, all’inizio degli anni 80, lei lo segue, e il suo primo lavoro negli States è con Irving Penn. Da allora Vogue americano (e a ruota quello inglese) la faranno lavorare in non stop, con Avedon, Steven Klein, Nick Knight.
Linda lancia una sua linea makeup (che però non decolla impartendole «una dura lezione su quello che non ha senso fare in un mercato saturo»), e diventa sempre più celebre grazie allo smoky eye che immagina per Tom Ford, allora all’apice della fama nell’era trionfale di Gucci. Poi l’incontro decisivo con Giorgio Armani, l’unico stilista che in backstage di sfilata interviene personalmente sul trucco delle modelle, applicando un ombretto, sfumando un fard..Ed è sintonia immediata, all’insegna del less is more e della convinzione che la pelle sia più importante del resto, e che il fondotinta non debba essere una maschera, ma un perfezionatore, un sublimatore per un look il più naturale possibile, concetto oggi ovvio, ma allora rivoluzionario, considerando che la prassi normale di sfilata era che qualsiasi assistente potesse fare la base, e il talento del make up artist en titre fosse necessario solo per il trucco degli occhi e della bocca.
La collaborazione inizia con Rouge d’Armani, dove Linda introduce un colore iconico che prima non c’era, 400, e prosegue con interventi sull’intera linea preesistente. Fino all’invenzione di Maestro, la base priva di siliconi che inaugura il trend del fondotinta virtualmente invisibile e privo di spessore materico. «Ormai le tendenze sono dettate dalla tecnologia», sottolinea Linda Cantello. E’ l’innovazione tecnologica che le consente di immaginare Luminous Silk Foundation, Neo Nude, Lip Maestro o Eye Tint, ombretto liquido dall’applicazione super easy declinato nei colori «del DNA Armani», per uno smoky eye contemporaneo.
Il suo momento preferito? «La sfilata, perché è un momento di massimo confronto e allineamento con il signor Armani e la sua moda, un vero e proprio laboratorio sperimentale di prodotti futuri». Le caratteristiche signature della linea? «Essenzialità, semplicità, efficienza», mentre lo stile Armani è «sofisticato e non eccessivamente rifinito». A non appartenere al mondo Armani è «il make up da scuola di make up», che per lei è il massimo della volgarità: «Quando ho iniziato avevo una cultura della storia del makeup e una grandissima libertà creativa. Per me l’idea di referenza, oggi di rigore per i truccatori, non era neanche concepibile: non ho mai provato nessun interesse nel creare fotocopie». Fondamentale invece per la creazione di nuovi prodotti il confronto con le donne reali: «Imparo molto dalle cinesi. Venti anni fa, quando sono andata in Cina per la prima volta, nessuna utilizzava il make up, poi ci si sono appassionate con l’eccitazione di un bambino per il primo giocattolo».