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Roma e l'arte contemporanea

Fendi ospita l'arte di Penone con un percorso che si snoda come un vero e proprio incanto, una magia con le sue sculture intrecciate di rami, sassi, foglie e spine che ripetono la natura, la ricreano discreta e svestita, esponendola come concetto puro tra i freddi marmi del Colosseo quadrato
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È un edificio imponente, un monumento tutto marmi e cemento armato, con le sue quattro facce ottuse e ventilate da parallelepipedo razionalista su cui si spalancano finestre ad arco. Il Palazzo della Civiltà Italiana è il simbolo di un quartiere grave – come il regime che lo ha concepito – e altero, con le sue strade veloci a tripla corsia e le perpendicolari dai nomi geografici che aprono squarci urbani lineari ma rigogliosi di vegetazione.

A Roma, dove si battezza il nuovo in ricordo e funzione di un passato troppo ingombrante, tutti lo chiamano Colosseo quadrato anche oggi che Fendi ne ha fatto la sua nuova sede centrale, salvandolo dal silenzio delle istituzioni che lo avevano chiuso e dimenticato. E nei giorni scorsi proprio al pianterreno della sua nuova dimora Fendi ha aperto le porte al pubblico, inaugurando Matrice, mostra personale dedicata all'artista italiano Giuseppe Penone composta da una selezione di quindici opere dagli anni '70 a oggi, alcune delle quali inedite o esposte per la prima volta in Italia.

Il Palazzo, con il suo ingresso lastricato e un'atmosfera oggi più da banca straniera, appare come la location ideale per ospitare le sculture arboree sospiranti dell'artista piemontese. “Lo associo alla metafisica di De Chirico, uno spazio che è in qualche modo astratto rispetto alla realtà”, dice Penone a voler marcare lo scarto tra l'architettura monumentale e la natura sospesa delle sue stesse opere, che comunicano un senso della materia e della forma come entità vive e organiche. Così il percorso espositivo si snoda, come un vero e proprio incanto, una magia con le sue sculture intrecciate di rami, sassi, foglie e spine che ripetono la natura, la ricreano discreta e svestita, esponendola come concetto puro tra i freddi marmi del Colosseo quadrato. In Ripetere il bosco, per esempio, Penone la ricompone in un gruppo di tronchi scavati in blocchi di legno sotto i quali i visitatori si aggirano muti e trasognati chi con il naso all'insù, chi intento a cogliere, oltre gli alti finestroni, gli echi archeologici delle statue esterne in travertino affacciate a spiare le volute arboree interne.

La mostra ospitata da Fendi ha un'inclinazione tutta nuova, lontana dagli stili statici dei musei della Capitale. È di ampio respiro e più simile al nuovo corso della GNAM diretta da Cristiana Collu, che tra polemiche tutte italiche e grandi entusiasmi ha spezzato l'idea di esposizione classica e ha proposto percorsi fuori asse, lontani da cronologie, avvicinando opere di diversi periodi secondo assonanze tematiche e visuali. “Rispetto alla mostra su Penone della Gagosian Gallery (negli stessi giorni a Roma) si nota subito una differenza di attitudini e atmosfera. Qui si vede il tocco del curatore Massimiliano Gioni – da anni direttore artistico della Fondazione Trussardi a Milano, brillante alle redini della Biennale di Venezia nel 2013 e ora a capo del New Museum di New York – che lavora con un artista e insieme a lui concepisce lo spazio espositivo. È un lavoro di più menti che fa scaturire un allestimento fresco e dinamico”, dicono Elena Fortunati e Andrea Pergola, il duo di creativi che dietro la sigla Contemporary.Rome utilizza i social, e Instagram soprattutto, per elaborare una narrazione che racconti attraverso immagini tutto ciò che accade a Roma nell'ambito dell'arte contemporanea.

“Se prendiamo in considerazione gli ultimi cinque anni in cui è stato così massiccio l'interesse delle maison nel creare fondazioni, nel promuovere e supportare l'arte contemporanea, possiamo dire che si è venuto a creare un vero e proprio stile curatoriale nuovo, che forse mutua alcuni elementi dal mondo della moda”. Con questa mostra su Penone e poi con la donazione di un'opera permanente alla città – Foglie di pietra, con i suoi due alberi di bronzo di 18 e 9 metri volti a sollevare un blocco di marmo scolpito, che sarà installata in Largo Goldoni, davanti al palazzetto del brand, il prossimo aprile - emerge chiarissimo l'interesse di Fendi nell'avere un ruolo di primo piano nell'arte contemporanea qui a Roma”. La maison riafferma il proprio sostegno alla creatività e alla cultura e così facendo si inserisce perfettamente nella tendenza comune che vede le grandi case stringere sempre di più i propri legami con l'arte del contemporaneo in modalità che oscillano tra mecenatismo e vero e proprio marketing. Dal Gruppo Louis Vuitton Moët Hennessy che a Parigi ha costruito un imponente veliero dedicato alle arti, figurative e non, a Prada che sta facendo gemmare spazi di innovazione, come l'ex distilleria ormai vero e proprio palazzo d'oro per appassionati, curiosi e girovaghi, e esplorazione sull'arte, come Osservatorio, il nuovo spazio che nella Galleria Vittorio Emanuele II fa occhiolino allo storico primo negozio del brand fondato dal nonno di Miuccia.

In questo processo “sono presenti delle dinamiche che influenzano la percezione della mostra d'arte” concludono Elena e Andrea, con il piglio di chi non sta solo a guardare quello che succede ma tenta di definire a sua volta l'immaginario che di quell'esperienza riempie i social. Il loro account Instagram è già seguito assiduamente ed è pieno di immagini che vi faranno venire voglia di andare al museo anche di notte, come in occasione della performace di Matteo Nasini alla Galleria Nazionale in cui i visitatori sono stati invitati a portare i sacchi a pelo e ad addormentarsi nel buio delle sale.

 

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Photo credits: Contemporary.Rome
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Rovesciare i propri occhi, progetto - photo credits: Maria Elena Di Vincenzo
Indistinti confini, Anio - photo credits: Maria Elena Di Vincenzo
Matrice - photo credits: Maria Elena Di Vincenzo
Contemporary.Rome riflessi - Photo credits: Maria Elena Di Vincenzo
Photo credits: Maria Elena Di Vincenzo

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