Olly's World. "Il mondo gira" ed è in continua evoluzione
In occasione del suo live al Nameless festival, Olly racconta il suo rapporto con la fama, il modo in cui la sua musica assume nuove forme e il suo personale approccio alla scrittura.
Federico Olivieri in arte Olly fa riflettere con parole semplici. 1.95 di altezza, toro, classe 2001 e genovese di origine. Si definisce complessato, ma probabilmente è proprio quel combinato di parole che, una volta filtrate, si riducono ad una semplicità estrema che arrivano dritte dritte a tutti. Intraprende il Conservatorio Niccolò Paganini sotto consiglio dei genitori: «Da piccolo tendevo molto ad ascoltarli, però non studiavo particolarmente e nel mentre ho scoperto il rap. Mi divertivo a fare freestyle con i miei amici, facevamo musica insieme in un monolocale sottoscala». Si fa conoscere a Sanremo Giovani 2022 con la canzone "L'anima balla", che gli dà accesso al Festival di Sanremo 2023 con la canzone "Polvere".
LOI: Che cosa ti attrae o ti ha attratto di più del rap?
O: Del freestyle mi ha sempre divertito la capacità di creare discorsi interessanti e sul momento con gli amici, ora lo faccio in maniera goliardica. Ma i miei brani non sono rappati, il mio è più un approccio. Mi piace mettere in musica argomenti complessi che necessitano un secondo livello di pensiero, ma comunicati nella maniera più semplice possibile. C’è chi parla come mangia, io scrivo come mangio, ma i miei testi vogliono esprimere concetti di un certo tipo.
LOI: E come sei arrivato a questa formula di scrivere testi densi con una semplicità disarmante?
O: Ho lavorato tanto, all’inizio mi piaceva scrivere testi difficili in maniera difficile perché mi faceva sentire sicuro di me stesso. Poi ad un certo punto mi sono reso conto di quanto fosse interessante spiegare e far ragionare le persone in maniera semplice. È una questione di allenamento e cura. Se penso a quando ho iniziato a fare rap a 15 anni, mai avrei pensato di scrivere testi come “Bianca” e “L’amore va”.
LOI: Come sta andando il tuo “Il mondo gira tour”?
O: Molto bene, grazie, ho fatto delle date molto belle con il mio pubblico a Milano e Roma. Finalmente dopo la pandemia e i primi anni in cui ero più indipendente ho avuto una risposta fisica e viva.
LOI: Com’è stata la risposta dei fan?
O: Dovresti chiedere a loro... In linea di massima cantavano all’unisono anche le mie canzoni più vecchie e non lo dico per convenienza. Posso dire di avere una fanbase che mi dimostra con i fatti l'amore per la mia musica, che quando ci sono le date vengono ad ascoltarmi e questo è bellissimo. Adesso ci saranno le date estive.
LOI: Che cosa ti aspetti dalla tua data al Nameless?
O: È un festival riconosciuto e importante da sempre ma è lontano dal mio stile. La cosa che mi gasa di più è che ci sono artisti che non fanno per forza musica elettronica o dance. Perciò non vedo l’ora di salire su questo palco perché credo che possa mettere d’accordo tanta gente.
LOI: E come descriveresti la tua musica?
O: Energia, è anche una delle cose che mi dicono sempre, sia quando faccio acustico che quando faccio dance in cassa dritta. Io penso che ci sia tanta vita anche nelle mie canzoni più tristi. Credo che nella mia musica ci sia tanta naturalezza senza sovrastrutture, generalmente nascono in maniera sincera con il lavoro di due ragazzi, io e JVLI (nda Julien Boverod producer di Olly). La mia paura dopo il disco era un po’ come la sindrome post parto, l’esperienza di Sanremo è stata come partorire 4-5 gemelli insieme. Dopo un mese di difficoltà mi sto sbloccando e sto scrivendo musica che sta assumendo nuove forme.
LOI: Che rapporto hai con la fama?
O: I numeri sono dei dati tangibili, sono scritti su una piattaforma, parliamo di ascoltatori mensili, following e via dicendo... per quanto siano un dato di fatto mi risultano sempre molto effimeri. E per quanto io sia nato nella generazione che presta attenzione alle performance digitali, cerco ogni giorno di starci meno attento possibile. Perché per quanto siano indicatori di successo, possono cambiare da un momento all’altro, quello che conta davvero è vendere biglietti e fare concerti. Preferisco non essere riconosciuto al supermercato ma avere persone che mi dicono: “Mi sono tatuato il testo della tua ballad sulla pelle perché mi ha dato un incoraggiamento ad andare avanti”.
LOI: In che modo sei cambiato nel tempo?
O: In tantissimi modi fortunatamente, nel male e nel bene. Ho avuto alcune difficoltà su alcune cose, in altre mi sono sbloccato. Sono sempre il solito paranoico ma un po’ più consapevole, ora ho più responsabilità ma continuo a mantenere lo stesso atteggiamento molto incline al lavoro e alla voglia di mettersi in gioco. Dedicando tanto tempo al lavoro, sento di aver perso un po’ di connessione con la mia sfera personale, con la famiglia e con gli amici.
LOI: Che rapporto hai con la moda?
O: Non ho mai avuto particolarmente attenzione, però da quando lavoro con Lorenzo Oddo sto iniziando a capire che cosa mi sta bene e come posso vestire al meglio questo involucro di paranoie che sono. Non ho tanta cultura in termini di moda, ma sto iniziando a curarmi di più e a interessarmi dal punto di vista estetico.
LOI: Comunque ti piace curare molto anche la tua comunicazione…
O: Si ci tengo a curare le mie immagini e i miei video musicali perché le persone sono abituate a vedere contenuti di questo tipo in quantità. Quindi mi domando sempre: “Sto presentando veramente qualcosa di speciale? È veramente ben fatto?”. L’obiettivo finale è comunque presentare qualcosa di diverso.
LOI: Chi sono stati i tuoi maestri?
O: La cricca di Young Thug e Post Malone, mondi tra loro molto differenti, ma hanno un denominatore comune molto forte che è la verità e il realismo con cui raccontano le loro storie. Tra gli italiani in adolescenza ascoltavo tanto Caparezza e Marracash, poi in età più matura ho studiato il cantautorato di Fabrizio De Andrè, Francesco De Gregori, e in tempi più recenti ho scoperto Vasco Rossi. Questo approccio al cantautorato è molto più in linea rispetto a quello che vorrei fare io in questo momento, raccontare storie in maniera semplice e diretta.
LOI: E poi a Sanremo 2023 è arrivato il duetto con Lorella Cuccarini con la canzone "La notte vola". Con chi faresti il prossimo featuring?
O: Posso svarione?
LOI: Savriona svariona…
O: Al di là del successo che ha fatto la canzone, ho trovato perfetta l’unione tra Blanco e Mina, un legame tra due epoche che ha fatto capire che noi artisti giovani non stiamo facendo le cose a caso come si sente tanto dire in giro. Quindi sognando più in grande, Gino Paoli oppure Luigi Tenco se fosse ancora vivo.
LOI: E della nuova guardia?
O: Achille Lauro, ho scritto qualche brano che mi piacerebbe fargli sentire perché ci siamo scritti anche dopo Sanremo e lui è stato molto simpatico, mi ha fatto i complimenti e penso che sia veramente un signore. Quando ero piccolo lo ascoltavo tanto, e anche lui ha fatto una virata di genere con grazia e coerenza.
LOI: I tuoi prossimi obiettivi?
O: Vorrei fare uscire un brano prima delle date estive, godermi il tour per poi cancellare dalla lavagnetta la tracklist di “Il mondo gira tour” per lavorare sul prossimo.
LOI: La soddisfazione più grande del tuo lavoro?
O: Non nego che ce ne siano tante, ma nell’ultimo periodo ho percepito tanta disillusione, le persone notano solo il successo, la magia vera è sul palcoscenico, il dietro le quinte è molto metodico. Per questo per me la soddisfazione più grande è raggiungere risultati senza cadere in dinamiche troppo standardizzate.
LOI: Cosa ti piacerebbe che emergesse di te?
O: Che sono una persona a cui piace tanto parlare con le persone e lasciare che ognuno tiri individualmente le proprie somme. Vorrei che si vedesse quanto non mi interessa inculcare dentro alla testa delle persone la mia musica. Oggi la mia volontà è questa: se la musica arriva alle persone, bene, se non arriva, ci rivediamo la giro dopo.