Pop culture

Perché il rewatch di Mad Men su Netflix non è solo un guilty pleasure estivo

Gli anni sessanta, la pubblicità, i drammi esistenziali e l'emancipazione. Tutto questo e molto di più nelle sette stagioni da binge-watching di qualità. 

Rivedere Mad Man su Netflix è un ripasso anche del nostro presente. (Courtesy AMC)
Rivedere Mad Man su Netflix è un ripasso anche del nostro presente. (Courtesy AMC)

Dopo un lungo periodo di oblio torna in streaming in Italia su Netflix una delle serie TV americane che hanno lasciato il segno, Mad Men. Sette lunghissime stagioni andate in onda dal 2007 al 2015 su AMC entrate sotto pelle del pubblico americano, così come in quello oltreoceano. Perché allora la notizia della rimessa online della serie scritta da Matthew Weiner, ex scrittore e produttore per The Sopranos, ha risvegliato un certo entusiasmo e rinnovato interesse oramai sopiti per le vicende dell’agenzia pubblicitaria più prestante di New York? La ragioni sono molteplici e non riguardano solo il prestigio delle 116 nomination agli Emmy di cui 16 vinti oltre ai 5 Golden Globe.

Mad Man lucida l’estetica degli anni 60

Riunioni in ufficio, Mad Men (AMC)

Lo abbiamo vissuto con The Marvelous Mrs. Maisel nel passaggio roboante ed elettrico dai fifties ai sixties e anche prima con Pan Am, storie di piloti e assistenti di volo della mitica compagnia aerea nel cuore dei favolosi ye-ye-years. Ma gli anni sessanta che vediamo in Mad Men hanno un taglio specifico ben bilanciato tra pubblico e privato, tra involucro esterno ed interno dove il privato è soprattutto parte affiorante della narrazione pubblica collettiva. La costumista Janie Bryant attraverso gli abiti si è prodigata in tutte le 7 stagioni nell'illustrare nei minimi particolari gli aspetti emotivi e sociali dei protagonisti cosi come delle comparse al punto da istillare una vera e propria mania per l'estetica del boom economico americano. Così colorato e perfetto per poi cambiare intensità dell'evoluzione più trasgressiva e disinibita dei più complessi inizi dei '70. 

Dal completo grigio e il cappello di Donald Draper, oggi esposti allo Smithsonian di Washington DC, allo stile wasp di Betty Draper, clone di Grace Kelly algida e perfetta fuori quanto fragile e sgretolata dentro. Lo rivediamo nella mutazione estetica di Peggy Olson nell'ascesa professionale in un'arena gremita di uomini e lo percepiamo nella palette intensa e diretta della sinuosa Joan Harris, responsabile dell'ufficio operativo della Sterling & Cooper, troppo a lungo oggettificata e sminuita nelle sue capacità.

Rifarsi gli occhi con il fascino di Don Draper con tutti i suoi limiti e difetti 

MAD MEN Don Draper (amc)

Ermetico, combattuto, fascinoso e vizioso, Don Draper è il perno intorno a cui si dipanano le storie dei protagonisti di Mad Men. È il magnete che li tiene uniti: un dirigente pubblicitario carismatico e donnaiolo incallito. Il suo genio per le campagne pubblicitarie si addice alla sua identità altamente calcolata, mentre lotta per la sopravvivenza di una vita familiare di facciata e un passato misterioso. Celebre per i suoi pitch convincenti con i clienti, ne citiamo uno apparso nelle prime stagioni sfornato caldo per il lancio del proiettore per diapositive Kodak: un modello incentrato sull'idea di nostalgia grazie alla modalità "carousel". (Hello Insta!)

Rivedere Mad Men per non dimenticare quanto i luoghi di lavoro possano essere duri 

Mad Men, le donne in ufficio Sterling & Cooper (AMC)

Gli anni lo consentivano ma oggi tutto questo sarebbe impensabile. In un modus operandi totalmente maschilista, le donne dell’agenzia Sterling & Cooper in Madison Avenue dribblano una feroce disuguaglianza e un pregiudizio sistemico quotidiano. Relegate a ruoli secondari, trattate con sufficienza e sottoposte a ciò che oggi considereremmo molestie sessuali da manuale, le dinamiche d'ufficio di Mad Men vedono anche le persone di colore impiegate come segretarie così come le persone LGBTQ costrette a mascherare e censurare la loro vera identità sessuale dallo sguardo giudicante del bigottismo imperante.

Il rewatch di Mad Men è anche un ripasso della storia americana 

Peggy Olson e Don Draper in aeroporto, Mad Men (AMC)

Nelle lunghe vicissitudini dei protagonisti di Mad Med, scorre un altro film importante, quello dell’evoluzione di uno stato influente come può esserlo l’America. Ed è innegabile pensare che in quegli stessi anni la propagazione culturale non avesse influenza sul resto del mondo occidentale. Quando il marketing e la pubblicità sono strumenti potentissimi di persuasione in sostegno di un disegno economico più grande, in tv scorrono le immagini delle elezioni di Kennedy e Nixon. Quando Don e Peggy Olson si confrontano in merito a soluzioni materiali a problemi esistenziali, la gittata capitalistica inquadrata nella sceneggiatura arriva al momento della messa in discussione: cioè quando insorgono le contestazioni, la liberazione delle donne, le lotte per i diritti civili e di protesta contro le guerre in Vietnam. Anche per questo un recap è d'obbligo.

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