Le parole di Tom Ford su House of Gucci sono la recensione definitiva del film
La critica è molto divisa: il thriller-drama House of Gucci, nei cinema di tutta Italia dal 16 dicembre, è un grande flop o un enorme successo?
Di House of Gucci se ne è parlato così tanto, che ora che è finalmente arrivato in tutti i cinema d’Italia, si ha un po’ la sensazione di averlo già visto e di sapere già tutto. Il film diretto da Ridley Scott, è stato sicuramente il prodotto cinematografico più chiacchierato e anche un po’ spoilerato dell’anno, ma al netto degli innumerevoli meme, anticipazioni e post social quale è la verità dopo averlo effettivamente visto?
Le premesse promettevano bene, super produzione di un grande regista americano e cast stellare. Abbiamo Lady Gaga, Adam Driver, Al Pacino, Salma Hayek, Jared Leto e quello che rimane sono forse proprio le magistrali interpretazioni degli attori, sopra tutti Lady Gaga e Driver, rispettivamente nei panni di Patrizia Reggiani e Maurizio Gucci. Posto questo, tutto il resto risulta una minestra grottesca ed esagerata, che trasforma la saga della Famiglia Gucci in una sagra di personaggi macchiettistici al limite del comico (o forse dovremmo dire del ridicolo?).
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Non stupisce quindi che la reale Famiglia Gucci ne abbia già preso largamente le distanze, questo era stato anticipato ancora prima che il film uscisse non essendoci più legami tra la famiglia e il brand, muovendo stroncature pesantissime e primi passi per avanzare una battaglia legale. Il perchè è chiaro: i Gucci ne escono male. Ritratti un po’ come degli incompetenti, un po’ come l’incarnazione perfetta dello stereotipo della volgarità di quelle aristocrazie modaiole degli anni '80, un po’ ridicolizzati, forse l’unica che ne esce dignitosamente è Patrizia Reggiani.
Il film, nei suoi lunghissimi 150 minuti, sicuramente non riesce a raccontare la complessità di una famiglia che è stata la dinastia fiorentina più importante della moda italiana e di un intero sistema, che era il Made in Italy di qegli anni. Progetto ambizioso e ottimi intenti, ma con un risultato non proprio eguale alle ambizioni: il prodotto finale risulta mancante e piatto e quel retro gusto amaro che ti prende quando partono i titoli di coda, non ti lascia per un po'. Si è assistito all'ennesimo fallimento nel raccontare una pagina di storia di moda italiana da parte di una produzione americana che gaurda inevitabilmente con lente americana e forse pregiudizio americano. Lo steretipo regna sovrano tanto da far diventare il film una baracconata senza fine, tra accenti marcati riusciti male e un gesticolare eccessivo, dove ovviamente qualsiasi risvolto di complessità viene a mancare. Ed è difficile non domandarsi come sarebbe andata se dietro ci fosse stato un regista italiano, per una volta.
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Anche Tom Ford, manifestamente piccato, si è domandato se il film fosse una farsa. Il designer americano ha scritto che "ha riso molto durante il film, ma si domanda se fosse questa la reazione da avere" in quella che molti chiamano una brutale recensione sull'Airmail, ma che forse è più un'acuta riflessione da parte di chi quei fatti li ha realmente vissuti. Il giovane designer texano è infatti subentrato alla direzione creativa di Gucci nel 1990, risollevando la casa di moda dal pantano finanziario e di anonimato in cui si era cacciato, divenendo artefice creativo dei gloriosi anni '90 di Gucci. Dichiara di essere stato profondamente turbato dalla figura esageratamente ingombrante di Paolo Gucci e conclude dicendo che spesso "i film restano impressi nella mente delle persone, sostituendo ingisutamente ciò che è stata la realtà". Tra caricature e ritratti tra l'incompleto e l'esagerato, il film è un grande no. E le parole di Tom Ford, possono esserne la recensione definitiva.