Anna of the North
«Sai cosa mi piacerebbe tanto? Vedermi per la prima volta attraverso gli occhi di un altro. Ascoltare la mia musica per la prima volta. Andare a un mio concerto e sperimentarne tutta l’energia. Ma una cosa del genere a noi essere umani non è concessa. Purtroppo». A guardarla “dall’esterno” Anna Lutterud, ovvero metà del duo Anna Of The North, potrebbe facilmente essere scambiata per la sorella minore dell’attrice Sarah Paulson. Ha occhi curiosi, voce delicata, misurata ironia e la curiosità di esplorare il mondo. È a Oslo, a casa, nel classico momento di quiete prima della tempesta, quella che si è scatenata a partire dall’8 settembre con l’uscita dell’album d’esordio, “Lovers“ (Different Recordings). Un album che consacra lei e il “socio”, il cantautore e producer Brady
Daniell-Smith, come la next big thing dello scandi-pop norvegese, negli ultimi anni più hip di quello svedese grazie a nomi come Aurora, Sigrid e Ary. Un album che è un incontro di due anime, una (s)composizione di contrasti elettropop allo stesso tempo sognante e sfrontato. «Io e Brady, come si può notare, amiamo entrambi il synth-pop degli anni 80, ma veniamo da parti opposte del mondo. Lui è cresciuto tra Nuova Zelanda e Australia, dove tutto è più caldo e felice, io in Norvegia, dove tutto è più malinconico e freddo. Volevamo che l’album fosse un equilibrio quasi perfetto dei due mondi. E questo equilibrio è la magia del nostro sound». Che fa da colonna sonora alle promesse impossibili e alle (ir)reali aspettative di ogni amore nascente, destinate a cadere
come tessere di un domino. Per fortuna, però, i cuori infranti possono ripararsi. Nel caso di Anna, con una particolare terapia. «Il tempo. E la musica, ottimo metodo per togliersi il classico peso dallo stomaco. Alcuni tengono un diario, io scrivo musica. Una rottura è qualcosa che devi sperimentare, affrontare, non tutto scompare e si risolve all’istante. Spero che la nostra musica possa aiutare chi si trova in una fase così critica». Lei, al momento, è invece in una fase di incredula felicità. Non aveva previsto, né cercato nulla di tutto ciò, quando nel 2012, studentessa di graphic design, lascia Gjøvik, paesino della Norvegia fatto di silenzio e strade semi deserte, e vola a Melbourne, dove incontra Brady. «Ero una sua fan. Una sera vado a sentirlo in un locale. Alcuni amici mi spingono sul palco alla fine del suo set per cantare qualcosa e lui è diventato mio fan. Nel resto del mio soggiorno australiano non ci siamo visti molto. Ma per me è stato un momento prolifico. Ispirata dalla nostalgia di casa, ho iniziato a comporre, quasi senza rendermene conto.
Una volta tornata in Norvegia ho continuato spinta dalla tristezza per la separazione dagli amici australiani. Mi succede sempre così: quando una situazione mi comunica determinate sensazioni, nella mia testa compaiono all’improvviso delle melodie». Un giorno, dopo aver ascoltato i nuovi “esperimenti” di Brady su Soundcloud lo contatta e gli chiede di “fare qualcosa insieme e vedere cosa viene fuori”. Prende forma il progetto Anna Of The North, senza un piano preciso e con un nome figlio di un gioco di assonanze e geografie. In omaggio a quel nord ricco di suggestioni e di una natura imponente, difficile da ignorare. «A volte la dimentichi, poi basta una passeggiata in montagna con quella vista mozzafiato sui laghi, come quando vado nello Jotunheimen, dove la mia famiglia ha un cottage, e subito te ne ricordi».Si assemblano idee e suggestioni. Si sommano i demo.
E, grazie al potere di internet, il primo singolo, “Sway”, nel 2014, fa esplodere i social media, richiamando l’attenzione della stampa e non solo. I follower aumentano, i live si moltiplicano e le recensioni positive creano grandi aspettative. La bambina che adorava Céline Dion e comprava tutti i suoi dischi si rende conto che qualcosa è cambiato. «Mai nella vita avrei pensato che la musica potesse essere un lavoro. Era più un sogno impossibile, qualcosa su cui fantasticavo guardando fuori dalla finestra o cantando in casa.La musica è parte del mio dna - sono nata in una famiglia molto creativa, mio padre è musicista - ma l’ho tenuta a distanza credendo di non potercela fare, di non avere abbastanza talento. Pensa che le mie cose nemmeno osavo cantarle». Ora che il sogno lo ha realizzato, cerca di rimanere con i piedi per terra. Glielo impone la norvegese che è in lei. «Mia madre mi ripete di non dimenticare mai gli amici e la famiglia. Mi dice anche: trovati un fidanzato. Un giorno dovrai vivere una vita normale». Il primo consiglio lo ha già messo in pratica. Sul secondo ci sta lavorando. «Ho un fidanzato italiano. L’estate scorsa mi ha portato in vacanza in Italia e ad agosto ci sono tornata per girarla in macchina». Anna adesso vuole solo godersi il momento, rimanere nel presente. Andare in tour e carpire lo sguardo degli altri su se stessa. Vedere se combacia con l’immagine che ha di sé : «Mi sento blu e bianca. Colori freddi, minimalisti, che invocano la semplicità e lo spazio, l’aria e il respiro». A guardarla dall’esterno, possiamo garantirglielo.
Lupetto con costine e giacca, tutto Carven. Nella pagina accanto. Camicia e jeans, Rejina Pyo, sandali bianchi, By Far, orecchino, Maria Black. In apertura. Maglia con costine, Finery, orecchino, Maria Black. Nella pagina accanto. Felpa con cappuccio, Maison Kitsuné, pantaloni, J. JS Lee, orecchino, Maria Black.
Lupetto nero, trench effetto pitone e orecchini, tutto Finery. Hair stylist Brady Lea@Stella Creative Artists using Colorproof. Make up artist Rebekah Lidstone@Stella Creative Artists using OCC. Assistenti fotografo Simon Wykes e Sarah Whelan