Andrea Romeo racconta I Wonder Pictures
In 10 anni la sua casa di distribuzione cinematografica è diventata un player influente nel cinema nazionale
In 10 anni la bolognese I Wonder Pictures si è trasformata da piccola casa distributrice indipendente specializzata in film biografici e documentari in un player importante, al punto di aggiudicarsi film che hanno segnato l’anno in corso, come “Everything, Everywhere All at Once” e “The Whale”, o “La zona di interesse” di Jonathan Glazer, Gran Prix speciale a Cannes. Una success story di cui facciamo il punto con il fondatore Andrea Romeo, avvicinatosi al cinema come giornalista, per poi lanciare nel 2013 il Biografilm Festival e la casa di distribuzione per autodefinizione “diversamente indipendente”. «Mi è sembrato subito evidente che l’avvento della digitalizzazione avrebbe favorito i documentari, permettendo sia di filmare tanto che di lavorare più velocemente con gli archivi. I Wonder Pictures è nata perché due film che volevo presentare al festival, "Searching for Sugar Man" e “The Act of Killing”, poi diventati dei classici, non trovavano un distributore in Italia».
All’ultima Mostra del Cinema di Venezia Romeo ha presentato 10 titoli, tra cui “The Beast” di Bertrand Bonello, con Léa Seydoux e George MacKay, “Hors-saison” con Guillaume Canet e Alba Rohrwacher, ed “Explanation for everything”, di Gabor Reisz, ambientato nell’Ungheria di Orban, e vincitore del Premio Orizzonti per il miglior film. Come si fa a intuire quali film saranno in sintonia con le urgenze e lo zeitgeist dei due, tre anni successivi all’acquisizione della pellicola? «Noi ci consideriamo una casa editrice, e nella nostra linea editoriale non entrano mai certi generi, l’horror, il thriller, gli action movies; puntiamo piuttosto su concept movies che meritino sul serio il nostro tempo e la nostra attenzione. E non mettiamo mai in listino quei film pallosi d’autore tradizionalmente considerati obbligatori. Ho creduto in “Everything, Everywhere All at Once” perchè concilia aspetti contenutistici a quella velocità e quella coolness legati alla fruizione digitale che intercettano il pubblico più giovane, senza dimenticare che è un film sul femminile, e che segnava il ritorno sulle scene del bambino del secondo Indiana Jones in concomitanza con l’uscita del nuovo film della serie. Con oltre mezzo milione di spettatori, “The Whale” ha avuto in Italia il miglior risultato europeo, superando largamente il mercato UK, cosa che non succede mai per un film in inglese. Questo significa che oltre il pubblico cinefilo maturo, la mostra di Venezia (dove il film è stato presentato) raggiunge una audience più ampia che si fida della qualità della selezione di Barbera».
E perché scommettere su un film come quello di Bonello, oltre che per i protagonisti? «Léa non ha bisogno di commenti, MacKay (il primogenito di Viggo Mortensen in “Captain Fantastic” e il protagonista di “1917” di Sam Mendes, nda) è un attore su cui scommettiamo, nel cast anche di “The End”, film di Joshua Oppenheimer che porteremo in Italia e su cui puntiamo. Ad interessarmi è l’urgenza del film di Bonello rispetto all’intelligenza artificiale, che nella trama è alla base di un metodo per assegnare posti di lavoro ripercorrendo i fantasmi della vita dei candidati per ripulirli dalle loro passioni e ossessioni». Cosa pensi dei vincitori di Venezia? «“Poor Things” si è imposto per il Leone d’Oro come un’evidenza e tifo per l’Oscar: credo sia “il” film epocale, eccellente da tutti i punti di vista cinematografici, a partire da Emma Stone e da Mark Ruffalo. Di Garrone adoro, oltre che il risultato cinematografico, la grandiosa comunità che è riuscito a costruire per calarsi nella storia, come si è visto dai protagonisti venuti a Venezia. Per quanto ci riguarda, l’anno scorso abbiamo vinto il Leone d’Oro con la Poitras (per “Tutta la bellezza e il dolore”, nda), e quest’anno non pensavamo che i film premiati (oltre al film di Reisz anche “El Paraiso”, cui sono andati il premio Orizzonti per la migliore attrice e per la migliore sceneggiatura) fossero veramente in gara... ».
A Venezia hai introdotto anche il concept di Casa I Wonder.. «È un concetto di ospitalità pensato per i film in competizione e gli amici durante la Mostra. Anche le eccellenze del food hanno delle storie da raccontare proprio come il cinema, e così a Venezia abbiamo ospitato 4 eccellenze italiane, Acetaia Giusti, il più antico produttore di aceto balsamico al mondo, Palazzo di Varignana, con il suo olio premiato in varie occasioni, Ferrarini e Sella & Mosca, con i loro esperti che introducevano gli ospiti alle caratteristiche dei vari brand».