Musica

L'intervista a Mace "Lo zen e l'arte di osare di più"

Dopo anni dietro le quinte come super produttore musicale, Mace ha firmato un album di debutto, "OBE", andata dritto in cima alle classifiche. Un successo basato su una regola d’oro: liberare la creatività, ignorando totalmente il marketing.

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 Photography MARIA SANG

Simone Benussi, in arte Mace, è esattamente come il suo album di debutto “OBE”, una bomba di lucidità psichedelica che ti costringe a dirti le cose come stanno. Milanese, produttore, DJ, beatmaker, aggregatore spontaneo di talenti, con trascorsi da trouble-maker tutto sommato per bene – «Quando cresci in un posto triste come Pioltello da adolescente sei già un uomo fatto e finito che deve uscire e dimostrare la sua forza, io però non ero un criminale. I danni più grandi li ho fatti con i graffiti, il mio primo approccio alla creatività applicata» –, Mace ha lanciato il suo disco nel bel mezzo del secondo lockdown e la gente lo ha adottato come antidoto alla depressione del momento, piazzandolo in cima alle classifiche, al pari del singolo “La Canzone Nostra”, con le voci di Blanco e Salmo. Può piacere o non piacere, ma la magia di “OBE” opera a un livello più sottile: in un mondo iper-narciso, dove spesso l’ambizione massima è mettersi in mostra, Simone apre una personale via al successo, basata sulla creatività non filtrata da logiche di marketing. E soprattutto sulla gioia di condividerla con i musicisti che ama: Venerus, Colapesce, Gemitaiz, Joan Thiele, Madame, in un Noi che prende il sopravvento sull’ossessione contemporanea dell’Io. 

L’OFFICIEL ITALIA: Esordire con un album dove è il producer il motore immobile, con gli artisti ospiti chiamati a interpretarne il mood è raro. Come sei arrivato a “OBE”?
Simone Benussi: Per indole mi ero sempre ritagliato un ruolo da dietro le quinte. Non mi sono mai sentito un frontman, anche nel mio gruppo di amici sono quello che fa domande e ascolta, non quello che racconta per impressionare. Negli anni mi sono messo a servizio degli altri (Ghali, Guè Pequeno, IZI, Marracash, Fabri Fibra, ndr), finché non ho avuto l’esigenza di esprimermi in totale libertà. Ho idee bizzarre, non convenzionali e ho capito che se volevo trasmettere certe cose, dovevo farle io, anche perché come artista hai senso solo se fai qualcosa che prima non c’era. Non si tratta di rivoluzionare il mondo, quanto di dare il tuo apporto.

LOI: Con che messaggio?
SB: Innanzitutto che bisogna osare sempre di più, senza avere paura di liberare la propria creatività. Spesso osservo artisti che si piegano a dinamiche commerciali e alla fine non si riconoscono. Questa musica è proprio a mia immagine e somiglianza. Ci ho lavorato sopra due anni e l’estate scorsa ho affrontato un momento di down totale. Ho avuto paura che il disco non l’avrebbe ascoltato nessuno. Era un sound talmente diverso, temevo passasse in sordina. La meditazione e l’utilizzo rituale di funghi allucinogeni per raggiungere diversi stati di coscienza mi sono serviti a rimuovere un gigantesco blocco emotivo, prendendo consapevolezza di un fatto fondamentale per un creativo: qualsiasi cosa succeda, va bene, perché ciò che ha davvero valore è il fatto di esistere, di essere circondato da una grande bellezza di cui puoi sentirti parte.

LOI: La tua sensibilità alla bellezza, come determina il rapporto con la moda?
SB: Sono molto istintivo nel modo in cui mi vesto. So di aver definito un mio stile, ma è avvenuto in modo spontaneo. Fino a pochi anni fa, ero sempre in nero, l’opposto di oggi. A un certo punto ho sentito che quell’immagine non mi corrispondeva più. Più mi liberavo a livello interiore, aumentando il mio livello di consapevolezza, e più mi veniva spontaneo scegliere colori accesi e fantasie sgargianti.


Scorri verso il basso per scoprire tutta l'intervista di Mace con il debutto del nuovo album "OBE"

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Mace fotografato da Maria Sang

LOI: C’è un brand/designer che ti affascina o per cui ti piacerebbe magari firmare il soundtrack di una sfilata?
SB: La maggior parte del mio guardaroba è fatta di pezzi vintage. Mi comporto con i vestiti come facevo un tempo, scartabellando nei negozi di dischi, perché quando tiri su tu un capo second-hand, automaticamente sai che nessuno sta pilotando la tua scelta. Amo certe mise sgargianti degli anni ‘80, se però parliamo di stilisti attuali, ti direi Magliano, perché ci vedo molta ricerca. Da ragazzo tacciavo la moda di essere superficiale, ora la leggo diversamente. È come una forma d’arte, un autentico metodo di self-expression.

LOI: E sul fronte musica, con chi vorresti collaborare oggi?
SB: Con Brian Eno, perché vado in cerca di persone capaci di arricchirmi anche a livello umano e il suo aspetto di pensatore mi ha molto influenzato. Non mi piace fare le cose da solo, ho sempre creato gruppi di lavoro o collettivi. Mi interessa che sia l’idea a emergere: conta il confronto, non l’idea di leadership.

LOI: Ti stai godendo il successo di “OBE” o sei già concentrato su nuovi progetti?
SB: Me la sto godendo perché sono già concentrato su un nuovo progetto! In questi mesi avere un disco da fare mi ha aiutato a non perdere la bussola. Mi ha salvato la mia propensione all’esplorazione interiore.

LOI: Cosa farai quando le restrizioni pandemiche cesseranno?
SB: Un viaggio di un mese e poi voglio ballare proprio sotto la cassa, tipo per sei ore a un rave. Ho un lato zen, ma mi piace anche perdere il controllo. Voglio ricominciare a uscire e non sapere come va a finire.

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