Willow Smith si racconta a L'Officiel Italia
Dopo aver lavorato sulle sue ansie, la ventenne attrice e cantante statunitense, figlia di Will Smith è ormai pronta a svelare al pubblico la sua anima trasparente. Scopri l'intervista a Willow Smith su L'Officiel Italia.
Photography Myles Loftin
Styled by Jason Bolden
Pochi giorni prima che il mondo entrasse in lockdown, Willow Smith si era chiusa per 24 ore in una scatola di sei metri nel Museo di Arte Contemporanea di Los Angeles. Lo aveva fatto in nome della performance art, invitando gli ospiti a guardare silenziosamente attraverso un vetro ciò che lei e Tyler Cole, suo consueto collaboratore musicale, attraversavano descrivendolo come gli: «Otto stadi dell’ansia». Molti ricorderanno la pandemia di COVID-19 come il momento in cui la nostra salute mentale collettiva è stata sconvolta. Ma per la più giovane e unica figlia femmina degli attori Will Smith e Jada Pinkett Smith, l’inaspettato periodo di caos che ha definito il 2020 sarà stato il momento cruciale in cui finalmente ha imparato a gestire efficacemente i diversi aspetti delle sue ansie.
L’installazione di Willow Smith al MoCA ha coinciso con l’uscita di un album insieme a Cole, intitolato “The Anxiety”, uno sforzo lungo dieci canzoni in cui il duo ha lavorato sulle rispettive storie personali in rapporto al disordine. Con quella exhibition la cantante ventenne voleva aumentare la consapevolezza in merito all’ansia; eppure non aveva idea di quanto quell’esperienza sarebbe stata personalmente catartica. A un anno di distanza riflette oggi su quel giorno di “subbuglio emotivo”. La dilatazione del tempo nella “scatola”, come la descrive Smith, l’ha costretta a confrontarsi con certe scomode verità ed emozioni. Ma mentre prima era riuscita a distogliere l’attenzione dal tema con una serie di digressioni, il successivo peggioramento pandemico – e la quarantena mondiale che ha imposto – ha messo l’artista nella condizione di dover lottare con tutto quanto.
«È stato un parallelismo folle», dice Willow Smith scherzando sul fatto che è saltata fuori da una scatola vera e propria, per poi scambiarla subito dopo con una più simbolica. Solo che questa volta era diverso. “The Anxiety” era il prodotto di una diciannovenne appena scesa a patti con una condizione in cui si era a lungo dibattuta. Quando aveva iniziato a registrare la nuova musica, Willow Smith, che ancora sta realizzando quanto non sarà mai in grado di “dominare” veramente la sua ansia e l’insicurezza che ne deriva, si era almeno attrezzata con un set di nuovi strumenti per aiutarsi a combatterla. Con così tanti cambiamenti dentro di sé e il tutto mentre il mondo intorno a lei sembrava andare in crash, non stupisce che Smith si sia trovata disperatamente alla ricerca di «un nuovo percorso, un nuovo obiettivo», durante la quarantena. Nel tempo l’ha scoperto nell’amato sound della sua gioventù – gli artisti pop-punk tipo My Chemical Romance, Fall Out Boy e Paramore. Il cambio stilistico la trova in buona compagnia, dato che il genere sta sperimentando una diffusa rinascita culturale, grazie alla popolarità di artisti come Machine Gun Kelly e The Kid Laroi, alle sfide di tendenza su Tik Tok e all’attuale relazione tra Kourtney Kardashian e il leggendario batterista dei Blink-182, Travis Barker.
Willow Smith, finora una produttrice di R&B sperimentale e cantautrice con influenze pop, aveva già sperimentato un sound vicino al rock (nella fattispecie su “The Anxiety”, ma anche nei pezzi precedenti, come “Human Leech”, tratto dal suo album del 2017 “The 1st”), ma avuto a lungo paura di entrare appieno in quella nuova arena, nonostante la sua lunga devozione al genere e alla cultura che lo circonda.
In parte quella paura derivava da quanto lei riteneva fosse un limite della sua estensione vocale. Dopo più di una decade passata nei meandri del crooning e delle produzioni più sensuali, il cambio di genere avrebbe costretto Smith ad ampliare la sua gamma vocale. Per esempio, in “Transparent Soul”, il primo singolo del suo nuovo progetto, Smith si lancia in un grido pop-punk dal ritmo accelerato, mescolato però con dei vocalizzi verso l’alto nel ritornello. È stata lei personalmente a chiedere allo stesso Barker di contribuire con le percussioni, cosa che ha fatto per diverse tracce dell’album. E quando la sue stesse abili schitarrate si combinano con la emo-energia propulsiva dei Blink, viene fuori il meglio.
Per coincidenza, l’altro aspetto dell’insicurezza di Willow Smith è stata anche la chiave della sua successiva ispirazione. Dall’età di quattro e fino ai dieci anni, Smith ha accompagnato sua madre in tour – più o meno nel periodo in cui era esplosa grazie a “The Matrix”, Jada era la front-woman della band di nu-metal Wicked Wisdom. Queste erano alcune delle prime esperienze musicali della giovane Willow Smith e, com’era prevedibile, vedere sua madre intrattenere il pubblico di tappa in tappa deve avere avuto un profondo impatto su quella bambina impressionabile. Altrettanto influenti devono essere stati certi aspetti poco edificanti che riguardavano le donne nere nel regno del rock. «Mia mamma si è beccata un sacco di odio», ammette. «C’era molto razzismo e sessismo, là in mezzo. Riceveva minacce di morte, le tiravano bicchieri sul palco, sono successe molte cose assurde mentre era in tour con la sua band. Ho visto in prima persona quell’odio, mi faceva così paura che credo di averlo internalizzato un po’».
Ma mentre lavorava sulle sue ansie anche in altri ambiti della sua vita, la cantante ha scoperto che poteva anche perdere alcune delle sue insicurezze sulla sua musica. «Ogni volta che le sento arrivare, torno ai ricordi di mia madre e a come si rapportava con il pericolo fisico – semplicemente ne rimaneva al di sopra», aggiunge. «Ovviamente aveva paura, ma mi ha davvero dimostrato cosa significa essere una donna forte, con il suo prendere posizione e non lasciarsi intimidire dal giudizio e dalle percezioni altrui. Io volevo solo trovare quello spazio dentro di me e provare qualcosa di nuovo, senza badare alle mie insicurezze».
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E adesso, mentre corregge al volo chiunque confonda il nu-metal dell’avventura musicale di sua madre, approvata dall’Ozzfest di Ozzy Osbourne, con il pop-punk gioioso del suo ultimo lavoro, Smith è davvero fiera di portare la fiaccola delle donne nere nell’ambiente rock. «Volevo soddisfare il desiderio che avevo fin dai 10, 12 anni di essere una donna nera che canta musica rock».
Sebbene la musica sia per ora l’obiettivo primario di Smith, si è anche impegnata in diversi progetti negli ultimi anni. Ha scritto “The Black Shield Maiden”, una fiction in costume, ma ha anche lavorato per sei anni alla realizzazione di un anime che spera di trasformare in una graphic novel. Entrambe le storie parlano di donne nere che «combattono contro chi le respinge nel mondo».
Allo stesso modo, Willow Smith sente una forza particolare come donna nera ambassador del marchio Onitsuka Tiger. Descrive le celebri scarpe sportive come: «un mix tra praticità e futuribile», e ammette di identificarsi con la storia del brand giapponese. Poi c’è il fatto che Bruce Lee, uno dei suoi eroi, indossava Onitsuka Tiger. «Devo assolutamente essere sulla sua stessa linea!».
Quando si parla di eroi, Smith si accende all’idea di lavorare con uno dei suoi idoli d’infanzia nell’album in uscita, nel pezzo chiamato “Grow”, che ospita un’istituzione del pop-punk, Avril Lavigne. La canzone vede le due cantanti scambiarsi strofe sulla ricerca senza fine dell’autorealizzazione, sulla batteria di Barker che strizza l’occhio al suo passato, mentre le chitarre veloci sono un richiamo immediato ai più grandi successi di Lavigne. Smith voleva che il singolo fosse una giustapposizione tra l’energia «Super incazzosa» della maggior parte delle tracce pop-punk e «un concetto spirituale più evoluto», che ha esplorato liricamente. L’idea di chiamare Lavigne è sorta spontanea, specie perché Smith ha realizzato che la cantante, che aveva firmato un contratto discografico multimilionario passato alla storia quando aveva solo 16 anni, sarebbe stata in grado di relazionarsi con molti dei temi trattati nelle canzoni. «Sentivo che i nostri percorsi di scoperta di chi siamo, mentre ci troviamo così giovani al centro della scena, avessero molte similitudini».
"È giusto che la mia musica rifletta il mio stato mentale ed emotivo del momento"
Certo avere i riflettori puntati addosso non è stato poi così male. Smith si è abituata a condividere col pubblico dettagli intimi della sua vita personale, grazie a “Red Table Talk”, il talk show di Facebook Watch che conduce insieme a sua madre e alla nonna, Adrienne Banfield-Norris. È lì che per la prima volta ha parlato della sua sessualità, definendosi queer e dedita al poliamore nel 2019. Dopo aver parlato liberamente del suo interesse in rapporti di non-monogamia durante un episodio nell’aprile scorso, questa surrogata della Gen Z promette di affrontare questi argomenti nel nuovo album.
«È giusto che la mia musica rifletta il mio stato mentale ed emotivo del momento», commenta. «Non sono mai stata il tipo che parlava molto di amore o della mia sessualità nella mia musica, ma in questo album la cosa viene decisamente più fuori». Naturalmente ammette che l’esperienza con “The Red Table” la spinge a sentirsi più a suo agio «nel portare quel tipo di conversazioni in ambito musicale». Ritiene però che quel tipo di schiettezza lirica sia la chiave dell’ethos del suo nuovo sound. «È rock-and-roll! E ti fa sentire così bene non avere segreti. Sono un’anima trasparente!».
Ma che è successo invece all’altra, la musica più vecchia che non trattava questo tipo di argomenti, la musica della gioventù? Chi lo direbbe che questa performer più saggia degli anni che ha è la stessa che nel 2010 ha registrato “Whip My Hair”, il singolo di debutto che ha catapultato la Willow di nove anni nel mondo delle super star da un giorno all’altro. Smith ammette che a lungo ha odiato quella canzone, un atteggiamento comune a molte giovani pop star che fanno successo con una hit preconfezionata in studio, prima di essere in grado di definire il loro sound. «Per molto tempo ho condannato quel periodo della mia vita e volevo dimenticarlo, tipo nasconderlo sotto a un tappeto. Rimpiangevo di averlo fatto».
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"Non condannare quella parte della vita che ti ha dato le basi, uno spazio e una fanbase di così tanti individui che ti vogliono bene"
Di recente, ha iniziato a riconsiderare la sua posizione. «Ho capito che il senso delle mie canzoni ha sempre girato intorno al concetto di amore per se stessi e per l’universo, sul sentiero divino della nostra umanità, sull’idea di esprimere se stessi senza chiedere scusa. Non molto tempo fa ho ascoltato dopo tanti anni “Whip My Hair” e mi sono resa conto che è lo stesso messaggio. Non sto dicendo nulla che sia contro i miei valori, anzi dico cose che sono in armonia. È stato come un gigantesco “Ah”, come dirsi “non condannare quella parte della vita che ti ha dato le basi, uno spazio e una fanbase di così tanti individui che ti vogliono bene, che mi sono stati vicini in tutta quella questa parte dell’avventura”. Ora non la cancellerei più».
Come molte cose nella sua vita, Willow Smith attribuisce questa realizzazione alla sua connessione con la Divinità, il potere spirituale femminile da cui trae molta della sua forza. Ha perfezionato questo legame fin dall’infanzia grazie all’interesse materno in diverse pratiche spirituali. L’anno scorso ha commemorato questa sua venerazione con “Rise”, un EP in collaborazione con la cantante di kirtan yoga Jahnavi Harrison e, più di recente, ha sancito questa connessione definitiva con un elaborato tatuaggio che le copre tutto un braccio. Questa ventenne dalle sagge parole sembra più concreta quando racconta la sua spiritualità; non sorprende che lei veda la presenza di fondo della Divinità praticamente in tutto ciò con cui entra in contatto.
Nei mesi successivi alla sua performance al MoCA, mentre Willow Smith imparava a gestire l’ansia, sperimentava nuovi sound e successivamente scriveva tutto il suo nuovo disco, la giovane artista era certa di restare al passo con le sue pratiche spirituali quotidiane, soprattutto lo yoga che ha imparato a considerare uno stile di vita, piuttosto che un esercizio fisico. Di primo acchito, la quiete e la pace di norma associate alle pratiche di mindfulness possono sembrare in contrasto con l’energia più rumorosa, intensa e impertinente della musica che ha registrato in quel mentre. Però per Willow Smith le diverse energie lavorano tutte insieme nel creare qualcosa di veramente armonioso e splendido, proprio come le tre diverse dee Kuan Yin, Saraswati e Kali che ora sono rappresentate sul suo braccio sinistro.
HAIR Vernon François
MAKEUP Raoúl Alejandre
PROPS STYLIST Daniel Horowitz
PRODUCTION Dana Brockman VIEWFINDERS
PRODUCTION COORDINATOR Suze Lee VIEWFINDERS
LIGHTING TECH Evadne Gonzalez
PHOTO ASSISTANT Kadar Small
STYLIST ASSISTANT John Mumbo
PROPS ASSISTANT Jade Soensen
PRODUCTION ASSISTANT Chris Olsen