#TalkingWith Isabel Marant
Isabel Marant ha le idee chiare e lo spirito deciso di una donna combattente. «Non abbiamo più tempo per stirare. Quando metto i vestiti in valigia, al mio arrivo a destinazione desidero indossarli subito», racconta. «Ho bisogno di provare tutto quello che creo perché per me è essenziale lʼattitudine espressa attraverso un abito. Addosso a una modella tutto sembra perfetto, ma questo non significa che può star bene anche a una donna “normale”. Io sono magra, ma ho i miei difetti, come tutte e so cosa mi valorizza e cosa no». Un jeans grigio, una felpa, un paio di stivali di pelle e una T-shirt bianca. Questi i must-have per la designer, che ha fatto dello stile easy to wear il suo marchio di fabbrica. «Sono sempre stata circondata da donne forti. Partoriamo, lavoriamo, ci occupiamo della casa. Non ci lamentiamo mai, ma è come se vivessimo tre vite in una». Dice di essere una femminista convinta: «Non posso credere che al giorno dʼoggi una donna guadagni meno di un uomo. Catherine Deneuve in unʼintervista ha svelato di essere pagata meno di Gèrard Depardieu. Incredibile». Tra le persone che ha ammirato di più, sua nonna. «Lei aveva sempre un modo tutto suo di comandare in casa, senza bisogno di urlare riusciva a convincere il marito a fare qualsiasi cosa volesse. Quella sana furbizia nel rimanere dietro le quinte, ma allo stesso tempo dirigere», sorride. Lo scorso giugno è approdata in Italia per l’apertura ufficiale del suo flagship store, in via Santo Spirito, a Milano. «Per me era importante che fosse un poʼ defilato. E che si trovasse in una via più tranquilla rispetto al traffico di Montenapoleone. Mi piace lʼidea che la boutique venga percepita come un piccolo tesoro da scoprire», spiega la stilista. Lʼestetica del negozio si ispira a quella modernista degli anni Cinquanta. «Amo molto Le Corbusier. Trovo interessante che nel periodo post-bellico il design e la funzionalità parlassero la stessa lingua», spiega. «Volevo che l’arredamento dello store, sebbene minimal, trasmettesse unʼatmosfera cozy e accogliente». Bisogna tornare indietro nel tempo, a 25 anni fa, per comprendere il successo del suo brand. È il 1989 e lʼallora ventiduenne Isabel lancia il suo primo esperimento: Twen, un brand di maglieria e jersey, per poi fondare Isabel Marant nel 1995 con una sfilata organizzata nel cortile di una casa occupata con le sue amiche-modelle. Tre anni dopo, lʼinaugurazione del primo store nellʼex laboratorio di un artista. E nel 1999 il debutto della sua seconda linea Etoile Isabel Marant, più fresca, contaminata dall’amore della stilista per i viaggi e per le mete esotiche, ricordi della sua infanzia tra India, Asia e i Caraibi. Oggi sono 35 i negozi in tutto il mondo. Ultimi quelli di Milano, Roma (in via del Babuino), Amsterdam, Barcellona – nelle vicinanze della Casa Battló di GaudÍ –, Londra. E nei prossimi sei mesi: il Messico. Dallo scorso anno si aggiunge alla collezione womenswear quella maschile. «Erano così tanti gli uomini che acquistavano i miei capi. Dopo la capsule che avevo realizzato per H&M nel 2013, in molti mi hanno pregata di dar vita a una linea dedicata». Lʼunica persona capace di farle cambiare idea? «Mio marito (il designer francese di accessori Jèrôme Dreyfuss, ndr). Prima di lui lʼunico che ci riusciva era mio padre».