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L'O Dossier: i 10 nuovi protagonisti della moda francese

Fondatori di brand molto apprezzati sui social e adottati dalle nuove tribù urbane o chiamati alla testa di maison illustri. Raccontano la visione del ruolo catalizzatore di Parigi per la moda globale, gli stretti rapporti fra di loro che hanno sostituito la tradizionale competitività, il gioco di influenze con altre arti e ambienti parigini, dai club alla musica.

Simon Porte Jacquemus, designer di Jacquemus, tra i 10 nuovi protagonisti della moda francese
Simon Porte Jacquemus, designer di Jacquemus, tra i 10 nuovi protagonisti della moda francese

ALEXANDRE MATTIUSSI

Fondatore del marchio AMI Paris, Alexandre Mattiussi è un francese doc, che vive a Parigi ed è innamorato della Ville Lumière e delle sue atmosfere, cui spesso si ispira per le collezioni come l’ultima che ha sfilato a Montmartre, davanti alla Basilique du Sacré-Cœur. Dopo aver lavorato per maison blasonate come Dior e Givenchy, nel 2011 ha deciso di lanciare il suo brand.

L’OFFICIEL: In cosa il tuo lavoro è emblematico per la nostra epoca?

ALEXANDRE MATTIUSSI: Per definizione AMI Paris ha portato una precisa impronta culturale nel vestiario, all’inizio per i parigini e poi nel mondo intero. Sono silhouette pragmatiche, realizzate in materiali di grande qualità, perfetti per il nostro tempo. La moda che creo racchiude i valori della nostra epoca: semplice, confortevole e di qualità

LO: In cosa e perché Parigi è di nuovo la capitale della moda?

AM: Dopo questi ultimi anni di Covid, ho la sensazione che ci sia una nuova energia, un nuovo dinamismo, una voglia di ritrovarsi e celebrare insieme la moda francese. Più di altre città Parigi accoglie, come ha sempre fatto, la creatività.

LO : Come definiresti la French attitude, un concetto a cui il tuo marchio è legato a doppio filo?

AM:È una decontrazione naturale, una eleganza senza pretese, credo che ci sia una sofisticazione innata nell’approccio che possono avere le francesi in rapporto alla moda, ed è quello che ci invidiano all’estero. In Francia abbiamo il gusto per “l’effortless”, del vivere pensando sempre al piacere, questo ci dona un aspetto rilassato e sexy.

MARINE SERRE

«Sono nata a Corrèze, una cittadina del centro della Francia. Ho cominciato a interessarmi di moda in quel modo irrequieto, tipico delle teenager... Molto presto non ho resistito a mettere tutta la mia esuberanza sportiva nel mio look. Quando facevo il liceo, ero la ragazza con lo stile più esagerato in città, rubavo senza remore i vestiti dall’armadio di mia madre, di mio padre, di mia nonna e, ovviamente, compravo moltissimi abiti usati». A parlare è Marine Serre, vedette della scena francese con studi di moda tra Marsiglia e Bruxelles e un background costruito tra Alexander McQueen, Maison Martin Margiela, Christian Dior e Balenciaga.

L’OFFICIEL: Come definiresti il tuo lavoro?

MARINE SERRE: Utilizzerei la parola “futurwear”. È stato il mio staff che l’ha trovata per definire quello che facciamo.

LO: Qual è il tuo mantra ?

MS: Essere radicale e coraggiosa. Cerco sempre di oltrepassare i limiti che il sistema ci impone. È successa la stessa cosa con l’upcycling, tutti dicevano che non avrebbe funzionato. E io ho detto “va bene, proviamoci lo stesso”. La verità è che se nessuno cerca di cambiare le regole, queste non cambieranno mai.

LO: Com’è il tuo processo creativo? E che cosa è creare per te?

MS: Il mio processo creativo è intrinsecamente legato alle materie prime. Amo trasformarle in qualcosa di nuovo rispettando il savoir faire artigianale. Con il mio lavoro voglio donare un senso a quello che faccio, esplorare le frontiere della moda, ibridarla con altre arti, e mettere l’immaginazione al servizio della trasformazione.

SIMON PORTE JACQUEMUS

Classe 1990, Simon Porte Jacquemus è nato a Salon-de-Provence. Da piccolo è cresciuto nella città di Mallemort, nel sud della Francia, insieme alla mamma (da cui ha preso il cognome) e al fratello, componente di una band metal. A 20 anni, dopo la prematura scomparsa della madre, ha deciso di lanciare la sua maison da totale autodidatta. Era il 2010 e in 12 anni la griffe Jacquemus è diventata una potenza, grazie a sfilate ad alto impatto scenografico. Tanto da aver lanciato durante l’ultimo show una collab con il colosso Nike.

L’OFFICIEL: Raccontaci come hai iniziato...

Quando ho lanciato il mio marchio ho pensato a un concetto generale, un racconto e una storia con un titolo, come Jean-Luc Godard con il film “Le Mépris”. È tipicamente francese raccontare una storia e rimanere vicino a personaggi reali. Fin da ragazzo avevo una ossessione per le donne, legata a una in particolare, mia madre che ha conservato il suo cognome da ragazza, Jacquemus, che è il nome che ho scelto per il marchio.

LO: Come lavori?

SPJ: Concepisco le mie collezioni dalla A alla Z, da una semplice cintura a un abito complicato o a un cappotto. Sono io dietro a tutto in maniera sincera e onesta.

LO:Qual è il tuo sogno?

SPJ: Quando ero più giovane sognavo di essere un grande couturier, oggi voglio fare le cose in una maniera semplice.

LUDOVIC DE SAINT SERNIN

Ludovic de Saint Sernin nasce a Bruxelles, cresce in Costa d’Avorio e all’età di sette anni si trasferisce a Parigi. Studia Fashion Design all’ESAA Duperré e, dopo i primi lavori da Dior, Saint Laurent e Balmain, nel 2018 lancia il suo brand.

L’OFFICIEL: In cosa il tuo lavoro riflette la nostra epoca?

LUDOVIC DE SAINT SERNIN: Oggi la moda è molto di più che creare una collezione di abiti, penso che quello che rende il mio lavoro unico sia il fatto che io penso alle mie collezioni come a un diario intimo. Ognuna è la testimonianza di come vivo, la mia esperienza, i miei sogni, la mia speranza e il futuro.

LO: In cosa e perché Parigi è tornata ad essere la scena della creatività?

LDSS: Penso sia stata e sarà sempre la capitale della moda, quello che mi commuove oggi è la solidarietà tra i giovani nuovi designer. Siamo amici e ci sosteniamo a vicenda, frequentiamo l’uno gli eventi dell’altro, e questo è veramente una novità, quando studiavo o lavoravo in altri studi c’era una competizione feroce.

LO: Come definiresti la French attitude?

LDSS: Non credo di essere la persona giusta a cui fare questa do-manda, quando le persone mi incontrano mi chiedono se sono americano, nonostante il mio nome sia francese. Sono cresciuto in un ambiente internazionale, che mi ha fatto comprendere pregi e difetti dei francesi. Sono fiero di quello che mi rende francese in maniera positiva e di cancellare il resto. Quello che amo nella French attitude è che non si perde tempo, si va all’essenziale, inoltre amo la cortesia, l’eleganza e la ricchezza della nostra cultura.

NICOLAS DI FELICE

«Prima di creare l’immagine, sono innanzitutto un tecnico. Faccio vestiti e ne sono orgoglioso». A parlare è Nicolas di Felice, oggi alla guida della maison Courrèges, che sta traghettando in un futuro cool rispettando l’heritage di un marchio legato al concetto di futurismo. Nel suo passato, studi all’École nationale supérieure des Arts visuels de La Cambre ma soprattutto un lungo periodo accanto a Nicolas Ghesquière, tanto da lavorare con lui prima da Balenciaga, dal 2008 per sei anni, e poi da Louis Vuitton. Fino ad approdare al vertice di Courrèges, di cui è l’anima artistica dallo scorso anno.

L’OFFICIEL: Come hai scoperto la moda?

NICOLAS DI FELICE: Vengo da un piccolo villaggio di meno di cento abitanti vicino a Charleroi, in Belgio. Quando ero giovane non avevo accesso a immagini di moda, che ho scoperto attraverso la musica e il video. È un orizzonte che sembrava aprirsi per me nel Black Country, come chiamiamo questa parte del Belgio, a causa del finissimo strato di polvere scura che il vento soffia dal terreno...

LO: Cosa ti ispira?

NDF: Il genio e il romanticismo di André Courrèges, che ha fatto un salto nell’ignoto con il suo marchio. Si è sempre detto che Courrèges è ottimista e che tutto l’approccio deve essere dinamico, non copio mai dagli archivi ma cerco di fare qualcosa nello stesso spirito, utilizzando tecniche e materiali di oggi.

NIX LECOURT MANSION

«Il mio brand risponde a un bisogno di creazione personale nato lavorando come freelance a progetti per lo più noiosi. Ha mostrato cosa potevo fare artisticamente e ho deciso di intraprendere la mia strada». A parlare è Nix Lecourt Mansion, anima del marchio Lecourt Mansion che ha debuttato in passerella durante la scorsa edizione della Paris Fashion Week. «Sono una sognatrice, i sogni muovono le mie creazioni. Voglio migliorare il brand stagione dopo stagione e costruire un business basato sulla passione delle persone che ci lavorano. Continuando a dare forma a prodotti benfatti nei modi più positivi possibili».

L’OFFICIEL: In cosa il tuo lavoro riflette la nostra epoca?

NIX LECOURT MANSION: Mi ispiro alla gente di oggi e agli artisti che mi circondano e che frequento. Il mio lavoro parla della mia community, la mia famiglia.

LO: In che cosa e perché Parigi è tornata ad essere la scena della creatività?

NLM: Parigi in questi anni ha conosciuto molte novità che hanno rinnovato tutti gli aspetti del mondo della moda. Creatori, giornalisti, agenti, magazine, c’è una nuova energia. È bello vedere tutto l’ecosistema in ebollizione e spero che ci ricorderemo delle lezioni che ci ha dato la pandemia.

LO: Come definiresti la French attitude?

NLM: Penso che sia definita dall’impertinenza e dal politicamente scorretto.

ANTONIN TRON

Il premio dell’ANDAM nel 2018 è stato il punto di svolta per Antonin Tron e il suo marchio Atlein. Nato in Francia ma con studi a Bruxelles, il giovane creativo ha forgiato la sua estetica da Givenchy, insieme a Riccardo Tisci, per poi passare da Balenciaga negli anni di Nicolas Ghesquière, fino a collaborare con Alexander Wang e Demna Gvasalia. Il tutto fino al 2016 quando, in tandem con il suo partner Gabriele Forte, lancia il marchio Atlein. «Sono ispirato da donne con un certo spirito; donne che sono intelligenti, dotate di potere e che possiedono un senso creativo spiccato. È qualcosa che cerco di canalizzare in quello che faccio».

L’OFFICIEL: In cosa il tuo lavoro è emblematico per la nostra epoca?

ANTONIN TRON: È una estetica femminile forte e sensuale associata a un impegno profondo nella ricerca di soluzioni per lottare contro i danni ambientali causati dalla sovra-produzione di vestiti. Noi utilizziamo principalmente materiali riciclati e abbiamo sviluppato dei tessuti innovativi con fili Seaqual. I nome del marchio, Atlein fa riferimento all’Oceano Atlantico e siamo conosciuti per l’utilizzazione del jersey, che si tratti di abiti haute couture o di T-shirts.

LO: In che cosa e perché Parigi è tornata a essere la scena della creatività?

AT: Parigi vive un momento creativo intenso, con una vita underground molto ricca e nuovi marchi con punti di vista audaci.

LO: Cosa è per te il French touch?

AT: Influenze multiculturali e precisione dei codici

CHRISTELLE KOCHER

Un mix di streetwear e couture. Questo il punto di partenza di Koché, il marchio fondato da Christelle Kocher nel 2015. Negli anni ha collaborato con Dries Van Noten, Bottega Veneta ed Emilio Pucci, mantenendo il suo legame con il gruppo Chanel da direttrice artistica dell’atelier Lemarié, punta di diamante dei Métiers d’arts del gruppo francese.

L’OFFICIEL: In cosa il tuo lavoro è emblematico per la nostra epoca?

CHRISTELLE KOCHER: La mia idea di moda non è cinica, credo nella bellezza che noi costruiamo, il mio rapporto con la contemporaneità si situa tra una fusione assoluta e una distanza critica. Amola scena di Marylin Monroe nel film “Gli spostati” dove lei salta dall’interno all’esterno di una casa ridendo e ballando. Nella moda io mi sento esattamente così, un piede all’interno e uno all’esterno e provo una gioia immensa nel fare il mio lavoro. E poi nella moda c’è tutto quello che io amo: l’artigianato, l’arte, l’innovazione, i messaggi forti e la poesia.

LO: In che cosa e perché Parigi è tornata a essere al centro della scena della creatività?

CK: Penso che nessuno sia d’accordo su quello che è la moda a Parigi, ed è questo il motivo per cui è così cool, diversa e innovativa. Guardate i creatori, il numero delle sfilate, l’haute couture per gli uomini e per le donne, i marchi di lusso, i giovani creatori, le vibrazioni sono estremamente differenti. E poi c’è la parte artistica, musicale, i clubs, la scena gastronomica. Parigi incarna un mélange tra storia e modernità, è la città della ricerca e della bellezza. Guidata da voci che di questi tempi gridano con particolare forza.

 

CHARLES DE VILMORIN

Una laurea presso l’École de la Chambre Syndicale de la Couture Parisienne nel 2019. Un legame con il mondo dell’illustrazione, costruito grazie a una profonda passione. Una collezione di haute couture ai confini dell’arte. Tutto questo è Charles de Vilmorin. Che oggi, oltre alla sua maison, guida anche la creatività di Rochas, storica griffe francese creata nel 1925 da Marcel Rochas. Un fil rouge annoda il suo destino a quello della griffe: la prozia di Charles de Vilmorin, la scrittrice francese Louise de Vilmorin, è stata infatti una grande amica di Hélène Rochas, moglie e musa di Marcel.

L’OFFICIEL: In cosa il tuo lavoro è emblematico per la nostra epoca?

CHARLES DE VILMORIN: Penso che siamo in un momento storico in cui c’è un grande bisogno di libertà. Il mio marchio si rivolge a tutto il mondo, i vestiti non sono indirizzati a un tipo di persona in particolare. I valori che difendo attraverso il mio lavoro sono la ricchezza della diversità e la libertà.

LO: In che cosa Parigi è la nuova scena della moda?

CDV: C’è tutta una generazione di giovani creatori che vi si installa a poco a poco e che influisce sulle grandi maison. Per me Parigi è sempre stata la capitale della moda ma è vero che sta ritrovando la sua audacia assumendosi dei rischi.

LO: Come definiresti la French attitude?

CDV: Il concetto mi fa pensare alla libertà, a una certa forma di leggerezza, un’eleganza con un effetto sfalsato.

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