Interviste

Pierre Cardin & Simon Porte Jacquemus intervistati da Pamela Golbin

Un incontro con due designer visionari francesi: il leggendario Pierre Cardin e il giovane e talentuoso Simon Porte Jacquemus
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Un ritratto di Pierre Cardin durante questa conversazione
Un ritratto di Simon Porte Jacquemus durante questa conversazione

Siamo in Provenza, a Lacoste, al Café de Sade con Pierre Cardin, 98 anni, proprietario del locale e decano della moda francese ancora in attività, e Simon Porte Jacquemus, 30 anni, lo stilista di cui tutti parlano, che rivendica con forza l'influenza esercitata su di lui dal maestro. Ciò che li accomuna, ora come ieri, è il fatto di lavorare in modo diverso rispetto agli altri, aggirando i percorsi prestabiliti per lanciarsi e volare sulle proprie ali.

Fatto ormai raro a Parigi, siete entrambi indipendenti, a capo delle vostre case di moda.
PIERRE CARDIN: Lo sono sempre stato. Non ho mai avuto un capo. Avevo i soldi per farlo. Non avevo bisogno di aiuto.
SIMON PORTE JACQUEMUS: Per me è stato per scelta. Certamente non avevo molti soldi, ma non volevo far parte di un grande gruppo. Ho detto no a tutti i marchi e a tante proposte di società finanziarie.

Per ora?
SPJ: No, è una scelta deliberata. Amo la mia libertà: la sfida più grande per un designer è rimanere libero. L’ho sempre vista come un’indipendenza vitale.
PC: Concentro su di me tutte le responsabilità. Ho sempre tenuto per me i problemi. Le gioie, la felicità, le feste erano per gli altri. La gente si annoia in fretta delle nostre difficoltà. Non sono le loro.
SPJ: Ho sempre condiviso la positività in modo che l’energia del marchio risplenda sugli altri. Quindi lo capisco.

È difficile essere allo stesso tempo un creativo e CEO di un’azienda?
PC: Sì, ma alcuni sono capaci di entrambe le cose. (ride) È proprio il mio caso.
SPJ: Anche per me è importante trovare un equilibrio. La mattina mi occupo delle responsabilità finanziarie e i pomeriggi sono dedicati alla creazione. Non possiamo vivere sempre in una bolla. Bisogna stare nel mondo reale.
SPJ: No, non proprio. In realtà tutto deve avere un senso senza dimenticare il lato umano. Non decido di organizzare una sfilata in tre settimane solo perché me ne viene voglia. Penso al mio team e alla sostenibilità di quello che faccio.

Come descriveresti il successo?
PC: È lavoro. È lavorando che ho avuto successo. Discrezione, ambizione, saper tacere e guardare le cose con realismo.
SPJ: La mia squadra è il mio più grande successo. Anche essere copiato è una forma di successo. Quando si viene imitati dai grandi marchi del fast fashion significa che abbiamo uno stile riconoscibile che la gente compra e indossa.

Cosa si è comprato con il suo primo grande assegno?
PC: Ho pagato i miei 300 dipendenti! Ogni 28 del mese mi assaliva il panico.

Possiamo descrivervi entrambi come persone fortunate?
PC: Sono consapevole del mio successo. Ma anche del mio lavoro. Non è come Dior che aveva dei partners finanziari...

Quando avete iniziato, avete pensato a una donna in particolare o più a un universo?
PC: Né a una donna né a un universo. Piuttosto a una forma, a un volume. Un’idea, una silhouette portabile, soprattutto portabile. 
SPJ: Penso a un’idea generale, una storia con un titolo come Godard con “Il disprezzo”. È qualcosa di molto francese. Raccontare una storia e stare anche vicino alle persone. Da giovane avevo un’ossessione per le donne, ma era legata a una donna in particolare, mia madre che aveva mantenuto il suo cognome, Jacquemus.

Hai lanciato recentemente l’abbigliamento maschile?
SPJ: Sì, perché volevo raccontare storie di uomini. All’inizio mi veniva spontaneo con le donne. Ma ho avuto bisogno di tempo per capire cosa volevo raccontare attraverso le collezioni maschili.

Monsieur Cardin, cosa ci racconta della moda maschile?
PC: Sono stato il primo a lanciare il prêt-à-porter maschile. E poi, sono sempre stato il primo... e gli altri sono stati i secondi, giusto?

Monsieur Cardin, c’è stata una retrospettiva sul suo lavoro al Brooklyn Museum. Cosa pensa delle sue creazioni esposte nei musei? 
PC: Beh, è il riconoscimento del mio lavoro, l’iniziazione al come e al perché sono diventato Pierre Cardin. Non è stato un caso. È il lavoro, il senso di responsabilità e una certa personalità. Bisogna creare la propria personalità.

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Simon Porte Jacquemus, il designer nel backstage della sua sfilata spring-summer 2019
Un ritratto di Simon Porte Jacquemus nel backstage della sua sfilata spring-summer 2019

Simon, so che stai conservando con cura le tue collezioni.
SPJ: In effetti, duplico tutto. È importante, ma è troppo presto per fare una mostra. Ho solo 30 anni. Non ci penso molto, anche se conservarle è, in un certo senso già pensarci. Quando ero più giovane, sognavo di diventare un grande designer, ma oggi voglio solo fare le cose bene, stare attento a quello che succede e rimanere vicino ai miei clienti. Creo la mia collezione dall'inizio alla fine, da una cintura a un abito o a un cappotto.

Sei stato a casa di monsieur Cardin, al Bubble Palace di Théoule- sur-mer (nel sud della Francia)...
SPJ: È stato fantastico. Ho vissuto un sogno. Era un’euforia. In realtà, sono un fan da anni. Nella mia visione estetica, non so come spiegarlo... è uno dei miei riferimenti in assoluto.
PC: Oh sì, è una scultura in cui si può vivere. È magica.
SPJ: Mi sono sentito a casa! C’erano le ceramiche di Picasso, e io sono ossessionato da Matisse e Picasso.

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Il finale della sfilata di Jacquemus spring-summer 2016
Outfit della sfilata “La bombe”di Jacquemus del 2018
Look dallo show di Jacquemus in Provenza del 2019
Look dal défilé di Jacquemus di Marsiglia nel 2017

Monsieur Cardin, come è finito qui, a Lacoste?
PC: Mi è stato offerto di comprare il castello del marchese di Sade. Ho detto di sì senza pensarci. Possiedo anche il Palazzo Bragadin, a Venezia, dove ha soggiornato Giacomo Casanova.

Monsieur Cardin, può parlarci dei famosi couturier del dopoguerra che frequentava...
Conoscevo Dior prima che creasse il suo marchio quando era un antiquario. Era timido.

Al contrario di Balmain, che non era timido affatto. 
PC: No! Era un playboy!

Cristóbal Balenciaga?
PC: Sì, lo conoscevo, ma era sempre molto discreto. Molto riservato. 
SPJ: Signor Cardin, se ricordo bene mi aveva raccontato che Christian Dior ha sognato per tutta la vita di essere Balenciaga. 
PC: Esattamente. Una volta mi disse: “Avrei voluto essere Balenciaga, sempre”.

E Chanel
PC: Oh... preferirei non parlare di lei. Era gelosa di me. Ero estremamente bello, giovane e avevo talento. E lei aveva, purtroppo, una certa età...
SPJ: Ah, la gelosia nella moda, è molto forte.
PC: Ogni volta diceva: “Chi è questo giovanotto? Come si chiama?”. Anche se le ero già stato presentato più di venti volte e ci mettevano uno accanto all’altro a ogni cena. Comunque, diceva solo cose brutte sulle persone. Gelosa e cattiva...
SPJ: Tutto quello che non voglio essere.
PC: Ma aveva un grande senso dell’umorismo.
SPJ: A vent’anni, quando ho iniziato, ho sentito alle feste e ai cocktail party gli sguardi cattivi delle vecchie generazioni. Mi sono detto che avrei fatto l’esatto contrario. Sosterrò i giovani come faccio con Ludovic (de Saint Sernin, nda). Mi rifiuto di pensare che vogliano sostituirmi. Se perdessi la mia posizione, sarebbe colpa mia e non di un giovane assetato di successo...
PC: Qual è la situazione a Parigi? Ci sono dei giovani come te in questo momento?
SPJ: Da un paio d’anni ci sono in un certo senso più persone. Davvero. Dieci anni fa non eravamo molti. Parigi era un po’addormentata ed è vero che ora le cose si stanno muovendo.

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Un look Pierre Cardin del 1992
Lo stilista al lavoro nel suo atelier con una modella durante gli anni '70
Un portrait di Pierre Cardin degli anni '60

La fratellanza è dura in questo settore?
PC: C’è sempre stata gelosia.C’era Courrèges che mi piaceva e che aveva molto, molto talento.
SPJ: Sì, i suoi disegni sono bellissimi! Anch’io amo Courrèges. È una delle mie più grandi ispirazioni. Courrèges e lei.
PC: Cosa ti ha ispirato in lui?
SPJ: La semplicità dei colori e delle forme. Per me il suo lavoro era davvero primitivo, un po’ come Picasso. C’è qualcosa d'ingenuo che mi ha parlato subito.
PC: Aveva uno stile.

Per lei è meglio essere alla moda o avere uno stile?
PC: Avere stile, ovviamente! Lo stile fa un marchio. La moda è temporanea.

Monsieur Cardin, che consiglio darebbe a Simon?
PC: Lavorare in silenzio e non ascoltare gli altri. Ascoltare la propria coscienza. Se si conta sugli altri, non si riesce.

Simon, quale domanda vorresti porre a Pierre Cardin? 
SPJ: C’è qualcosa che vorrebbe cambiare?
PC: (cantando Edith Piaf): “No, non rimpiango nulla!” 
SPJ: (Ride) Me lo aspettavo!
PC: "Né il bene né il male, per me è tutto uguale!"

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Un groupage di modelle con indosso la collezione Pierre Cardin del 1968
Un ensemble Pierre Cardin del 1968
Un outfit alta moda di Pierre Cardin del 1966
Una creazione couture di Pierre Cardin del 1971

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