Interviste

Kris' World: il libro 55 Collections raccontato da Kris Van Assche

I momenti più importanti della carriera dello stilista belga Kris Van Assche sono raccolti nel suo primo libro monografico. 

Il ritratto di Kris Van Assche, foto Paolo Roversi
Il ritratto di Kris Van Assche, foto Paolo Roversi

«Sono stato per 11 anni stilista del mio piccolo marchio indipendente, 11 anni direttore creativo della grande maison Dior e per 3 anni a capo della "perla del lusso" Berluti, un brand più riservato e artigianale» racconta Kris Van Assche «La stesura del libro mi ha fatto vedere in maniera limpida i legami tra queste diverse collezioni». Un libro monografico edito Lannoo e intitolato "Kris Van Assche 55 Collections" che si apre con l'introduzione dello scrittore Anders Christian Madsen ed è ricco di testimonianze di artisti, collaboratori e confidenti tra cui Paolo Roversi, Willy Vanderperre, Nan Goldin, David Sims, Sarah Moon, Cindy Sherman e Justin Timberlake solo per citarni alcuni.

L’OFFICIEL ITALIA: Hai presentato il nuovo libro che racchiude i tuoi 18 anni di carriera nel fashion system con le collezioni di Kris Van Assche, Dior e Berluti. Come è cambiato il tuo approccio nel corso degli anni?
KRIS VAN ASSCHE: Dopo aver lavorato al mio libro mi rendo conto che il mio uomo Berluti è in realtà molto simile all’uomo di Kris Van Assche, possiede semplicemente un aspetto più costoso (ride) ed è una cosa a cui non avevo pensato più di tanto. Naturalmente, in questi 18 anni il menswear è cambiato enormemente, e con esso anche il modo di lavorare. Ma ho sempre creduto che sia importante sapere cosa si è bravi a fare e cosa no. E circondarsi delle persone giuste perché il mio modus operandi si è sempre basato su un senso di spirito di squadra.

LOI: Cosa troviamo all'interno del libro?
KVA: Ripercorrere 18 anni di lavoro è stata una montagna russa di emozioni. All'inizio pensavo di mettere solo le mie collezioni preferite. Ma ho capito subito che tutto è collegato, una collezione tira l'altra. In questo modo il libro è totalizzante: ci sono le 55 collezioni che ho realizzato nel corso degli anni (abbiamo saltato le pre-collezioni, perché il libro sarebbe stato troppo grande), alcuni backstage, gli editoriali che mi piacciono particolarmente, le campagne e alcune collaborazioni. Mi sento estremamente fortunato di vedere nella sua completezza tutte le persone incredibili con cui ho avuto la possibilità di lavorare. È ciò che ho sempre amato di più del mio lavoro: poter entrare in contatto e interagire con altri creativi. Ricordo di aver comprato il mio primo libro su Paolo Roversi; ora ho i miei ritratti scattati da lui sulla copertina di questo libro. Pensare alle campagne che ho fatto per il mio marchio, sia con Alessio Bolzoni che con Jeff Burton - molto diverse tra loro; entrambe erano così libere dal punto di vista creativo e mi rende orgoglioso di essere stato in grado di farlo. Vedere tutte le grandi campagne con Willy Vanderperre per Dior e gli incredibili talenti che abbiamo associato. Hanno formato una nuova e inaspettata comunità per il marchio. E gli artisti con cui ho potuto collaborare da Berluti: Brian Rochefort e Lev Khesin... Mi piace che molti di questi artisti contribuiscano al libro con le loro testimonianze. Permette di avere diversi livelli di comprensione, diversi punti di vista su una specifica mostra o servizio fotografico.

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La cover del libro "Kris Van Assche 55 collections" edito Lannoo.
La campagna di Kris Van Assche primavera estate 2014. Foto Alessio Bolzoni, Styling Mauricio Nardi

LOI: Com'è stato lavorare al libro?
KVA: Ho iniziato a scrivere il libro l'anno scorso ad agosto, e ho trascorso l'anno a lavorarci a tempo pieno. Non sono mai stato così entusiasta di guardare il passato e i miei archivi erano già tutti organizzati. Ho aperto tutte le scatole, gli hard disk, le riviste e i libri che ho trovato e ho contattato gli ex collaboratori, i fotografi e gli artisti. Ci è voluto molto tempo per assemblare il materiale, dato che alcuni di essi risalgono al 2005. La parte peggiore è arrivata dopo, quando ho dovuto modificare le migliaia di immagini raccolte. Fortunatamente ho lavorato fianco a fianco con la mia editor Grace Johnston. Aveva la distanza necessaria dalle immagini e continuava a ricordarmi che a volte meno è meglio. Ho un attaccamento emotivo a molte immagini, ma era impossibile tenerle tutte. Anche M/M (Paris), che ha progettato graficamente il libro, mi ha aiutato a concentrarmi sull'essenziale. Non mi aspettavo che produrre un libro sarebbe stato così intenso, ma mi sono letteralmente tuffato nel materiale e faticavo a prendere le distanze. Per anni non mi sentivo a mio agio a guardare indietro ai miei vecchi lavori, ma ora sembra che non ne abbia abbastanza.

LOI: Che cosa ha imparato da questa esperienza?
KVA: È strano come a volte il più piccolo dettaglio possa dare un'impronta negativa a un ricordo, a un momento. Forse c'è stata una recensione davvero negativa, o la cravatta di uno dei ragazzi che non era perfettamente dritta… Queste piccole cose possono essere sufficienti per provocare una sensazione di disagio in una collezione. Ora, ripensandoci dopo tutti questi anni, con una certa distanza, ho riscoperto alcuni di quei fashion show e collezioni e sono riuscito ad apprezzarli nuovamente. Fare un libro è un po' come fare psicoanalisi creativa! (ride) Ho notato anche molti temi e ossessioni ricorrenti, a cui non avevo mai pensato più di tanto.

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Campagna Berluti autunno inverno 2018. Foto Jamie Hawkesworth, styling Mauricio Nardi.
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Nella prima foto: Le opere di Brian Rochefort per la collezione primavera estate 2021 di Berluti. Nella seconda foto: Kris Van Assche la sfilata autunno inverno 2005.
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Dior la collezione autunno inverno 2014. Foto Willy Vanderperre, styling Oliver Rizzo.

LOI: Guardando il libro - alle 55 collezioni e a tutto il lavoro nella sua totalità - quali sono i tuoi trademark in termini estetici?
KVA: È difficile definirli, ma mi piace molto l'analisi del mio lavoro fatta da Anders Christian Madsen nella sua introduzione, parla di una devozione per la bellezza del vecchio mondo mescolata a un approccio sobrio e incontaminato. Una conversazione in continua evoluzione tra classicismo e contemporaneità. Mi sento a mio agio con questo punto di vista. Credo di aver sempre amato la bellezza della tradizione, dello sforzo e dello scontro che può provocare con la cultura contemporanea.

LOI: I setting delle sfilate sono un tuo altro distintivo. Come hai coltivato questa passione?
KVA: Quando ho presentato la mia prima sfilata per Kris Van Assche nel 2005, non c'era ancora la settimana della moda maschile. Tutto il sistema si è evoluto moltissimo e io mi sono evoluto con esso, perchè apprezzavo il cambiamento. Nel corso degli anni, la scenografia è diventata sempre più importante. Da Dior ho avuto la fortuna di realizzare alcuni setting memorabili, con migliaia di rose, un luna park sulle montagne russe oppure uno skate park ricavato da un pavimento di legno. Ho sempre pensato che i diversi modi di comunicare, attraverso sfilate, scenografie, editoriali, campagne e i social media fossero altrettanti modi di raccontare la mia storia. Certo, con la comunicazione veloce che c'è oggi c'è bisogno di un giornalismo e di uno storytelling veri e approfonditi. E questo è un altro buon motivo per fare un libro.

LOI: Quanto ha contribuito la tua formazione ad Anversa?
KVA: Dico sempre che la mia formazione è durata 10 anni: 4 alla Royal Academy di Anversa e 6 come assistente presso Yves Saint Laurent e Dior Homme. Lo scontro tra queste due realtà è stato molto forte e mi ha forgiato come designer. Quando eravamo studenti, pensavamo che Anversa fosse il polo del mondo della moda, e per certi versi lo era, ma c'erano altre realtà differenti, con codici e regole altrettanto diverse. Il mio primo incontro come stagista presso YSL è stato con Maison Michel, un modista tradizionale che mi ha aperto gli occhi, perché si allontanava molto dalle mie esperienze di studente. 

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Nella prima foto: Berluti la sfilata autunno inverno 2021. Nella seconda foto: Dior la sfilata autunno inverno 2008. Nella terza foto: Dior la sfialta primavera estate 2014. Nella quarta foto: Dior la sfilata primavera estate 2018.

LOI: Le celebrità indossano sempre i suoi incredibili modelli...
KVA: L'idea non è mai stata quella di scegliere le persone in base al numero di follower. A$AP Rocky, Boy George, Pet Shop Boys, Rami Malek, sono stati ripresi insieme a uomini più riservati come il mio artista belga preferito Rinus Van de Velde, l'attore francese Rod Paradot o il mio modello di fitting Dylan... Insieme, hanno formato una comunità. Si trattava di mostrare diverse idee di mascolinità e di trasmettere un messaggio. A$AP Rocky - che è venuto molto delle mie sfilate - era un modo per collegare il mondo di Dior Couture con il suo pubblico più vicino alla strada. Boy George, che amavo fin da quando ero adolescente, è simbolo di accettazione personale e quindi sentivo che il suo messaggio era necessario.  Quando ho iniziato a collaborare con artisti contemporanei per le mie collezioni, si trattava sempre di rendere più forte il messaggio e il marchio. Brian Rochefort o Lev Khesin hanno entrambi un modo di lavorare il colore in maniera personale che si collega facilmente al modo in cui la patina produce il colore sulle pelli di Berluti. Espressioni differenti di una stessa idea.

LOI: Chi sono stati i tuoi maestri?
KVA: Non ho avuto un mentore specifico. Da mia nonna che mi ha insegnato a cucire, Linda Loppa e Walter Van Beirendonck durante gli anni dell'accademia, a Hedi Slimane mentre ero il suo assistente. Ma la verità è che a ogni collezione, a ogni collaborazione con un'artista, si impara qualcosa di nuovo.

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Nella prima foto: Berluti autunno inverno 2020. Foto Ludwig Bonnet. Nella seconda foto: Berluti autunno inverno 2019. Nella terza foto: Kris Van Assche autunno inverno 2012. Foto Patrice Stable.

LOI: Quali sono i tuoi ideali di mascolinità?
KVA: Quando ho lanciato il mio marchio nel 2004, ero alla ricerca di una versione idealizzata della mascolinità robusta, una reazione contro lo sfarzo e la patina dell'epoca (Anders Christian Madsen). Avevo bisogno rappresentare la realtà, “uomini al lavoro" che si rimboccassero le maniche e si sporcassero le mani. Volevo che i miei abiti fossero indossati e ancorati alla realtà. Ben presto si è introdotto un po' di romanticismo e un desiderio di bellezza. Ed è stato lì che i miei uomini hanno iniziato a indossare corone di fiori... Non mi piace mai dare una definizione alle cose o alle persone, ma direi che la mascolinità ideale è una miscela complessa di molte cose. Tutto, tranne che un cliché.

LOI: Qual è la più grande soddisfazione del tuo lavoro?
KVA: Amo il mio lavoro e mi rende felice. Credo fermamente che, anche se la moda non sia una bisogno primario, possa portare molta gioia e bellezza alla vita quotidiana. Mi basta questo. 

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Nella prima foto: Kris Van Assche autunno inverno 2008, foto Etienne Tordoir. Nella seconda foto: Stella Tennant in Dior autunno inverno 2010, foto Inez&Vinoodh, styling Joe McKenna.
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Nella prima foto: Dior autunno inverno 2008, foto David Sims, styling Joe McKenna. Nella seconda foto: Kris Van Assche collezione autunno inverno 2006, foto Gaetan Bernard.

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