Interviste

Women’s rights: l'intervista a Manuela Ulivi

Presidentessa della Casa Accoglienza Donne Maltrattate di Milano (CADMI), il primo centro antiviolenza nato in Italia nell’86, Manuela Ulivi è un'avvocata che si impegna in prima linea per i diritti delle donne.

Un ritratto dell'avvocata Manuela Ulivi
Un ritratto dell'avvocata Manuela Ulivi

Avvocata, Manuela Ulivi è presidentessa della Casa Accoglienza Donne Maltrattate di Milano (CADMI), il primo centro antiviolenza nato in Italia nell’86, i cui ambiti di intervento comprendono accoglienza, ospitalità, supporto legale, orientamento professionale, formazione e prevenzione. Ad oggi il centro ha aiutato oltre 36mila donne in difficoltà, ospitandone più di 800 in stato di pericolo in case segrete.

L’OFFICIEL ITALIA: Cos’è cambiato in questi anni? E cosa funziona sul serio per contrastare la violenza di genere?
MANUELA ULIVI: Ora le donne sono più reattive, anche se all’uomo continua ad essere concesso un atteggiamento di arroganza, dominio, violenza, scontro sulla scelta fai o non fai. Venendo alla domanda successiva, non penso ci sia la pos- sibilità di emendare alcunché finchè non cambia la cultura. C’è molta disattenzione, la vera problematica è che troppo spesso quando le donne denunciano vengono giudicate e non vengono credute. I giudici intervengono solo in caso di maltrattamento classico, soprattutto se il partner è straniero: allora se ne accorgono! Se il violento è un professionista, un dirigente, il problema si ribalta sulla donna. I media parla- no solo di casi eclatanti e spesso non sanno di cosa parlano, mentre il maltrattamento ha un andamento carsico, ed è sot- tovalutato da chi lo subisce, tanto più nell’ambito di relazioni che non consentono una lucidità di allontanamento. Il nostro lavoro è svelare i meccanismi della sopraffazione, e valutare subito il pericolo. Lo strumento più efficace restano le misure cautelari, la richiesta di un ordine di allontanamento secondo una norma del 2001, la prima norma specifica su una situa- zione d’emergenza. Il problema è che sono troppo pochi i magistrati deputati a valutare un numero sempre crescente di denunce, con un conseguente allungamento dei tempi.

«Il maltrattamento ha un andamento carsico, ed è sottovalutato da chi lo subisce».

LOI: E se le donne non denunciano, perché hanno paura di peg- giorare la situazione, perché non si amplia la possibilità di agire d’ ufficio?


MU: Il pronto soccorso ha l’obbligo di segnalazione d’ufficio quando vengono riscontrate lesioni superiori a 40 giorni (questo per effetto della riforma Cartabia, prima scattava per lesioni superiori a 20), oppure se si sono registrati più accessi al pronto soccorso. Ma la segnalazione d’ufficio in assenza di strutture di protezione adeguate può rivelarsi una trappola.


LOI: Come viene finanziato CADMI?


MU: Il comune di Milano copre un quarto delle necessità. Il resto viene da iniziative private. Lo stato ha cominciato a stanziare una somma per combattere la violenza di genere nel 2013, con un budget che è cresciuto nel tempo, ma stiamo parlando sempre di briciole, distribuite tra le regioni in funzione della popolazione e del numero dei centri antiviolenza. Manca quindi un’omogeneità di indirizzo a livello nazionale, perché ogni regione usa i suoi criteri, e mancano politiche strutturali: si aggiungono due lire o si inaspriscono le pene, senza nessuna garanzia di continuità nell’erogazione statale ai circa 150 centri antiviolenza e ai 150 sportelli meno strut- turati distribuiti nel Paese.

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