Interviste

Jonny Johansson timido dall'animo punkish

Jonny Johansson racconta la nuova sede di Acne Studios a Stoccolma, uno spazio polifunzionale ideale per ripensare il lavoro. Comprensivo di una scuola di moda e un’importante biblioteca
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«Volevo offrire alle persone che lavorano con me la possibilità di condividere le cose che mi piacciono». Jonny Johansson siede sul divano del suo studio all’ultimo piano di Floragatan 13, un edificio brutalista degli anni ’70, nel quartiere delle ambasciate a Stoccolma. In passato era stato la sede della delegazione diplomatica della ex Cecoslovacchia, oggi è diventato il quartier generale di Acne Studios, la realtà multidisciplinare che Johansson ha fondato nel 1997 e di cui è il direttore creativo. Nel suo percorso la moda è la passione più grande, incrociata con la fotografia, l’arte, l’architettura e più in generale tutto quello che lo colpisce della cultura contemporanea. Perciò il brand è più che mai trasversale e oltre al ready to wear, produce riviste, libri, mostre, arredi. Jonny è un tipo schivo, uno che durante il grande party organizzato per l’inaugurazione ufficiale se ne sta in disparte a osservare i suoi ospiti. Ma non c’è un briciolo di snobismo in lui, solo una gran riservatezza.

Perché Floragatan 13 è importante per Acne Studios?
Prima di spostarci qui, i nostri uffici erano in un grande palazzo tutto decorato, una banca storica ed era divertente vedere una realtà dinamica della moda come la nostra lì dentro. Solo che stava diventando difficile organizzare al meglio il nostro flusso creativo, così abbiamo iniziato a guardarci intorno.

Floragatan 13 il nuovo quartier generale di Acne Studios

E come mai la scelta è caduta su quel building?
Conoscevo di vista il palazzo e mi è bastato entrarci per capire ciò che volevo diventasse, e cioè una sorta di scuola di moda. Tra quelle mura si nascondono mille segreti, perché la costruzione di una ambasciata di un paese dell’Est Europa in piena Guerra Fredda significava progettare degli ambienti in cui poter nascondere cose o magari anche persone. Ma a me ricorda tanto una scuola scandinava, con i mattoni a vista e gli spazi iper funzionali, perciò mi sono immaginato una fashion school, ovvero una dimensione pensata per aiutare chi la frequenta a sviluppare la propria creatività, a trovare coraggio, audacia e ispirazione. Floragatan 13 oggi è un luogo dove riunirsi, parlare, scambiarsi idee.

Qual è l’aspetto che ti piace di più della nuova sede?
La praticità dei diversi dipartimenti, posizionati secondo una precisa logica sui diversi piani. Ora riesco a trovare facilmente le persone di cui ho bisogno in quel momento, prima dovevo correre da una parte all’altra a cercarli. E poi abbiamo destinato delle aree alla socialità, a mio avviso necessarie. La biblioteca è uno spazio di cui vado molto fiero, vorrei che diventasse la miglior biblioteca del Nord Europa in fatto di moda, arte, fotografia. Quando lavori con qualcuno è molto difficile capirsi, sintonizzarsi su una stessa frequenza d’onda. Il fatto di poter accedere agli stessi stimoli culturali rende tutto un po’ più semplice.

Visto che consideri Floragatan 13 come una scuola di moda, che cosa stai imparando personalmente?
Lo so che non è molto accattivante come risposta, ma qui sto affinando il mio metodo di lavoro. Ogni giorno, io punto a migliorarmi e mi capitava di disperdere energie, mentre ora sto definendo un modus operandi più focalizzato. Mi sento meglio come persona, perché la struttura è più funzionale e perché ho capito di cosa ho bisogno. Quando sei nel marasma non riesci a rendertene conto.

Floragatan 13 il nuovo quartier generale di Acne Studios

Com’è la tua giornata tipo?
Sono uno che carbura bene la mattina, anche se mi tocca di svegliarmi presto perché vivo da tutt’altra parte della città. Alle sei sono in piedi e per le nove arrivo in ufficio, dove vado alla grande fino intorno all’ora di pranzo, al massimo tiro fino alle quattro. Se mi trattengo oltre, non rendo un granché.

Come ti descriveresti a qualcuno che non ti conosce?
Vorrei poter dire che sono un fashion designer, ma non mi sento tale. Se lo fossi, di sicuro farei dei vestiti più belli. Ho iniziato a fare moda perché è uno strumento portentoso per dire delle cose. È un modo per esprimersi e io tiro fuori il mio animo ribelle. Ho un approccio un po’ punk, non come Vivienne Westwood perché a differenza sua non sono schierato politicamente. Ma mi piace l’idea di dare uno shock al mondo della moda, di fare qualcosa di inaspettato. E mi dà carica sentire che non sto seguendo un percorso già tracciato.

È questo l’aspetto più difficile?
Tracciare nuove vie è faticoso, ma mai quanto avere a che fare con le persone. Essere una persona per bene e un designer allo stesso tempo significa che devi trovare la sensibilità giusta per bilanciare le due cose. Mi piace l’idea che la gente mi apprezzi per quello che creo, vorrei che il mondo pensasse che sono un genio, e sono molto competitivo nel cercare di affermarmi, ma non sono solo questo. Quando mio figlio gioca a calcio, a me piace starmene a bordo campo e guardarlo. Io sono un mix di tutte queste cose.

Floragatan 13 il nuovo quartier generale di Acne Studios

Quanti anni hanno i tuoi figli? Sanno di avere un padre famoso?
Ho tre ragazzi di 10,13 e16 anni e per loro sono un papà come tanti. Non mi faccio mai vedere in giro a feste o eventi, perché so che si possono innescare dinamiche velenose. L’ho imparato qualche tempo fa, quanto può essere rischioso lasciarsi prendere la mano dalla interviste, dalla gente che ti dice quanto sei bravo. Subito ti senti un grande, ma alla lunga diventa pericoloso, proprio come una droga.

Prima hai detto di essere competitivo. Chi tra gli stilisti attuali consideri un degno avversario?
Nicolas Ghesquière mi piace tanto, fin dai tempi in cui disegnava da Balenciaga. All’epoca non mi occupavo di moda, ma avevo capito quanto fosse brillante.

C’è qualcuno nella tua vita che ti ha dato insegnamenti preziosi?
Ho imparato da un gruppo di psicologia di cui ho fatto parte. E poi penso a mio padre, quando mi mostrava un accordo di chitarra, o a mia madre che mi ha avvicinato alla pittura (la madre è una artista e il padre un militare; da giovane ha militato in diverse band, sognando una carriera musicale, ndr). Anche all’artista Steven Shearer, di cui ammiro l’utilizzo del colore.

Che rapporto hai con la moda, ti piace fare shopping?
Sono un consumatore di moda, lo dico sempre che bisogna comprare per capire in che mondo ti stai muovendo. Il fashion system viene considerato superficiale, non lo è affatto, questa è l’interpretazione di chi non vive la moda in modo profondo; la moda è intrattenimento nel senso più ampio del termine.

Come ti senti, in generale?
Ho cinquant’anni e vorrei non avere la sensazione di stare invecchiando, vorrei sentire che ho ancora molto da fare. Nella realtà, mi limito a dirmi che devo avere cura della mia salute. Amo sciare e fare surf, la mia casa è proprio vicina a un punto dove ci sono buone onde.

Floragatan 13 il nuovo quartier generale di Acne Studios

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