#TalkingWith Bebe Moratti di Redemption
Una storia di stile, musica e responsabilità sociale. Redemption non è un marchio di moda come tanti altri. E’ un brand di lusso con una visione filantropica che ha costruito il suo successo attorno a valori etici e solidali. Il suo motto? “Sustainable is the new black”. Con un’estetica sofisticata e un’anima irresistibilmente rock, il marchio è riuscito a ritagliarsi uno spazio di tutto rispetto nel panorama attuale della moda. Unendo creazioni avant-garde, sostenibilità e charity. Bebe Moratti, co-fondatore e direttore creativo del marchio, ci racconta questo universo multisfaccettato che guarda al futuro. Rigorosamente Sostenibile.
Fino all’età di 12 anni hai vissuto nella comunità di San Patrignano dove i tuoi genitori erano impegnati in progetti di volontariato. Che ricordi hai?
Ho ricordi molto belli. Ho avuto un’infanzia libera e spensierata trascorsa in aperta campagna, circondato da tanti animali e da persone autentiche, lontano da qualsiasi forma di conformismo sociale. Il contatto umano che si sviluppa in un luogo del genere porta ad amicizie durature nel tempo. Non so se posso realmente chiamarla esperienza: io la considero la mia infanzia, quindi i miei anni più formativi. Quel luogo e quelle persone hanno contribuito a forgiare la persona che sono oggi.
Poi sei tornato a Milano, erano gli anni 80/90. Come è stato l’impatto con una città in pieno fermento creativo e culturale?
All’inizio non è stato facile! Arrivavo da una realtà bucolica e libera. Nel primo periodo furono le piccole cose a mancarmi: non avevo più la possibilità di andare in giro in bicicletta in aperta campagna con i miei amici di infanzia, mi sentivo confinato in una realtà dove la quotidianità era la scuola la mattina e i compiti a casa il pomeriggio. A rendere tutto più complesso, fu la scoperta che fuori da San Patrignano si poteva essere giudicati e catalogati in base al proprio abbigliamento, ai propri gusti e all’appartenenza o meno a gruppi di amicizie.
Cosi ti sei avvicinato alla musica, all’arte e alla fotografia…
Proprio così. La musica fu il mio modo per rimanere connesso con San Patrignano, dove ho avuto la possibilità di conoscere e amare la musica impegnata della generazione di Woodstock. L’arte mi dava la possibilità di far volare la mia immaginazione in luoghi lontani oltre le mura di casa, e la fotografia fu una grande scoperta che mi avvicinò al mondo della moda.
In che modo?
Quando non hai gli spazi a disposizione, se non altro hai i libri. Proprio sfogliando un libro a casa dei nonni materni rimasi colpito dalla poesia delle immagini in bianco e nero di Henri Cartier Bresson. Milano in quegli anni era tappezzata con meravigliose immagini di grandi maestri della fotografia. Nomi importanti che collaboravano con prestigiose case di moda, dando impulso al successo del Made in Italy. Quei fotografi, le loro fotografie sui cartelloni pubblicitari e nelle riviste di moda, hanno instillato in me la passione per quello che adesso è il mio lavoro.
Dai libri alla pratica il passo è stato breve…
Dopo aver sfogliato le pagine del libro di Cartier Bresson, ho impugnato una vecchia Nikon custodita in un cassetto nella casa dei miei genitori. Mi appassionavo sempre di più alle creazioni dei grandi fotografi di moda. Le riviste si trovavano ovunque, e i cartelloni pubblicitari erano costanti momenti di contemplazione e ammirazione nel mio percorso tra casa e scuola. Se eri appassionato di fotografia in quegli anni avevi a disposizione un patrimonio artistico immenso. Immagini scattate da giganti come Helmut Newton, Richard Avedon, Herb Ritts, e Peter Lindberg per citarne solo alcuni.
Com’è nata invece l’idea di creare Redemption?
È nata durante il rientro da una missione umanitaria, assieme al socio e amico di infanzia Daniele Sirtori. L’idea era quella di fondare una società con un modello di business nuovo, più equo e sensibile, più vicino al mondo delle ONG e che donasse il 50% del proprio utile in beneficenza, considerandolo come un investimento per il futuro dei meno fortunati. Di lì a poco Redemption diventa un marchio di moda che da subito mantiene tutta la propria produzione in Italia e che nel tempo investe in ricerca e sviluppo per proporre collezioni sempre più sostenibili e a basso impatto ambientale.
Il marchio ha un’anima ribelle e rock ‘n roll. Dove nascono le ispirazioni?
Dalle mie passioni. Ho sempre considerato e provato a far crescere Redemption come maison di stile piuttosto che una casa di moda. Nel mio caso, la passione per la musica, la fotografia e il cinema, mi permettono di avere un apprezzamento e una conoscenza per quelle forme di arte e per la cultura ad esse legate, e di conseguenza di re-interpretarle in una chiave stilistica che definisce i canoni di Redemption.
A chi sono rivolte le collezioni?
A donne e uomini con un forte carattere, uno stile audace e uno spiccato spirito di responsabilità sociale. La generazione di musicisti con la quale sono cresciuto e che tuttora mi ispira, coloro che hanno una forte identità artistica e stilistica, e soprattutto chi si è impegnato in prima persona per un necessario cambiamento sociale. Redemption è rivolto alla Rock Star in tutti noi.
Quanto è importante la musica nel tuo processo creativo?
È fondamentale. Da mio padre ho ereditato la passione per la musica classica e il jazz, a San Patrignano mi è stato trasmesso l’amore per la generazione del Classic Rock e degli anni di Woodstock, crescendo come adolescente negli anni 80 e 90 ho virato verso le sonorità del grunge. Ho collezionato libri, guardato innumerevoli documentari, e sono andato a qualsiasi concerto possibile. La mia passione per la musica è alla base dell’ispirazione dello stile di Redemption, che non si limita a un genere o una band in particolare, ma include tutti i generi musicali, dalla musica classica al jazz, al rock e il punk all’heavy metal, dal soul e r&b al hip hop.
Dalla sua nascita Redemption devolve ad associazioni benefiche il 50% dei suoi profitti. Un modello etico che mette insieme bellezza e charity…
In questo momento difficile e delicato, non per tutti stare a casa è stato sinonimo di sicurezza. Redemption non è venuta meno ai propri valori e offre un supporto tangibile devolvendo il 100% delle vendite nette online fino ad agosto 2020 all’associazione benefica ActionAid Italia per combattere la violenza domestica.
Luca Guadagnino ha progettato gli interni dello store americano. Come è nata questa collaborazione?
Luca ed io siamo amici da diversi anni. Oltre che essere un regista di sublime maestria, Luca ha un grandissimo gusto architettonico, e un’innata abilità nel rendere il decor dei suoi film parte integrante del mondo che porta sui grandi schermi. Gli oggetti e le decorazioni nelle sue opere non solo sono parte della storia, ma contribuiscono attivamente a raccontarla. Era la persona giusta per progettare il negozio newyorkese…
Riciclo, economia circolare e produzione più limitata. Come vi rapportate con temi cosi importanti?
Riciclo ed economia circolare non dovrebbero essere formule alternative, ma la norma. Su queste premesse si fonda Redemption. Abbiamo lavorato duramente per proporre un livello sempre maggiore di sostenibilità dei nostri prodotti e del nostro modello di business, fino alla recente partnership con ecoage. Per crescere, migliorare e costruire un futuro migliore.