"Food For Profit", l'intervista alla regista Giulia Innocenzi
Pubblicato in formato DVD, è il più acquistato su Amazon. Il documentario di Giulia Innocenzi e Paolo D'Ambrosi racconta gli orrori degli allevamenti intensivi, che pure sono sostenuti con il denaro pubblico europeo.
Per Greenpeace, il 60% dei cereali e i 2/3 dei terreni agricoli europei vengono destinati all'alimentazione di animali rinchiusi negli allevamenti intensivi: un modello insostenibile e inefficiente dal punto di vista calorico che contribuisce sensibilmente alla deforestazione e alla perdita di biodiversità. In Italia, gli allevamenti sono la seconda causa di formazione delle polveri sottili dopo il riscaldamento, più dei trasporti e dell'industria. Un fenomeno particolarmente grave nella Pianura Padana, dove si concentra il 90% degli allevamenti nostrani, tra Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. Ne parliamo con Giulia Innocenzi, autrice, con Pablo D'Ambrosi, del documentario "Food for Profit", che non solo denuncia l'inferno in cui vivono gli animali, ma anche la collusione tra lobby della carne e alcuni parlamentari europei.
L'OFFICIEL ITALIA: Come hai cominciato a interessarti agli allevamenti intensivi?
GIULIA INNOCENZI: Dopo aver letto "Se niente importa" di Jonathan Safran Foer. Ho smesso di mangiare carne di pollo poco più di 10 anni fa e sono entrata di notte in un allevamento intensivo: da allora non sono più riuscita a pensare ad altro. Ho dedicato agli allevamenti di maiali una puntata di "Announo" (uno spin off di "Servizio pubblico" di Santoro, nda) che conducevo su La7, ho continuato a occuparmene per "Animali come noi", una trasmissione su Rai2 prodotta da Santoro, ho scritto un libro, "Tritacarne", uscito nel 2016, e ho continuato a indagare sul tema sia per "Le Iene" che per "Report". Adesso stiamo lavorando sulla distribuzione internazionale di "Food for Profit".
LOI: Come avete girato e cosa avete scelto di far vedere?
GI: Con infiltrati sotto copertura. Abbiamo scelto di utilizzare nel documentario immagini non troppo violente per tenere lo spettatore con noi, anche se è difficile perché l'allevamento intensivo è intrinsecamente violento. Gli animali vivono in condizioni igieniche terribili, in condizioni di sovraffollamento, vengono riempiti di antibiotici o al contrario non vengono curati, vengono eliminati brutalmente se non corrispondono agli standard. E vengono inviati ai macelli anche animali malati che non dovrebbero arrivarci, nella piena inosservanza delle leggi. Se poi si parla di allevamento intensivo dei conigli, che non ha neanche leggi dedicate... uno su tre muore in gabbia per condizioni igieniche totalmente inadeguate. La manodopera a bassissimo costo è costituita per lo più da migranti, è una guerra tra poveri. Ci siamo infiltrati per vedere come veniva gestito un carico di tacchini da macello. I lavoratori, tutti in nero, venivano pagati a camion riempito: ti puoi immaginare quindi come non ci fosse nessun tipo di considerazione o di rispetto per gli animali. E queste realtà orribili che abbiamo documentato riguardano anche mega aziende del settore, finanziate con milioni di euro pubblici. Sono loro che mettono i polli, il cibo, il veterinario; gli allevatori mettono solo il terreno e seguono le condizioni di chi mette il resto. Tra i risultati del documentario di cui vado più fiera c'è anche la mancata ricandidatura di due eurodeputati molto vicini alle lobby della carne.
LOI: Siete entrati nel grattacielo dei maiali di 26 piani in Cina.
GI: Sì, per "Report". È un'estremizzazione, per gli animali cambia poco, cambia per gli uomini che ci lavorano che possono uscire solo quattro volte al mese per limitare l'ingresso di virus. Del resto, in USA, l'influenza aviaria che colpisce i bovini passa da bovino a bovino e forse nel latte, e almeno in un caso è passata anche all'uomo. E dagli allevamenti intensivi che potrebbero scaturire, secondo molti scienziati, le future pandemie.
LOI: Siete entrati in allevamenti di diversi paesi, dalla Spagna alla Polonia. Ci sono macrodifferenze?
GI: Gli allevamenti intensivi sono uguali in tutto il mondo: le razze italiane sono sparite a favore di altre che massimizzano il profitto, ad esempio in Israele sono riusciti a ottenere polli senza piume, e si lavora sulla genetica per ottenere bovini senza corna, che oggi vengono spesso tagliate senza neppure l'utilizzo dell'anestesia.
LOI: Cosa si dovrebbe fare?
GI: Per prima cosa ridurre il consumo di carne: nonostante la convinzione diffusa del prevalere nel nostro Paese della dieta mediterranea, la media italiana del consumo di carne è di 80 kg a testa, tre volte la quantità che mangiavano i nostri nonni. La gente continua a mangiarla anche perché costa poco, dal momento che è sussidiata e perché non ne vengono fatti pagare i costi sulla salute e sull'ambiente. E poi occorre fare pressioni sull'Europa: il cambiamento verrà dal basso, siamo noi che dobbiamo decidere se vogliamo vivere in una democrazia o in una lobbycrazia. Le associazioni per i diritti degli animali si sono organizzate per le elezioni europee con la piattaforma voteforanimals.it, dove chiedono ai candidati dei partiti se sosterranno l'abolizione delle gabbie negli allevamenti, il divieto del trasporto a lunga distanza per portare gli animali al macello, gli aiuti alla riconversione delle aziende zootecniche, l'impegno a fermare i sussidi pubblici agli allevamenti e a proibirne l'apertura di nuovi. In Olanda, il Paese europeo con la più alta densità di animali allevati per km quadrato, dove l'inquinamento da azoto e ammoniaca causato dalle emissioni e dai liquami ha raggiunto livelli allarmanti, il governo ha stanziato ingenti somme per il taglio di un terzo degli allevamenti. Ma si è creato in opposizione un partito di agricoltori e allevatori che è diventato il primo del Paese.
LOI: Cosa succede in particolare in Italia, con un ministro specista come Lollobrigida che definisce l'uomo l'unico essere senziente?
GI: L'Italia è il primo Paese al mondo a voler vietare produzione, commercializzazione e importazione della carne a base cellulare, che sia FAO che OMS hanno ritenuto sicura, e che a Singapore, il primo Paese ad averla autorizzata, è già entrata in commercio. E Lollobrigida è un sostenitore del gene editing, le manipolazioni genetiche all'interno della stessa specie, ad esempio per rendere le piante più resistenti al caldo. Al momento il gene editing è autorizzato solo per le piante, ma il timore è che possa essere utilizzato anche sugli animali. Una buona notizia è che la Camera dei Deputati ha vietato l'uccisione dei pulcini maschi negli allevamenti di galline ovaiole a partire dal 2026.
LOI: Avevo scoperto dell'uccisione dei pulcini guardando "Minari", il film coreano del 2020, e la scena finale del mattatoio in "Fast Food Nation" di Richard Linklater nel 2007 mi convinse a non toccare più carne. Mi auguro che "Food for Profit" cambi le abitudini (nutrizionali e di voto) di tanti. Che film/libri suggerisci a chi vuole saperne di più?
GI: "Okja" di Bong Joon-ho, il film del 2017 con Tilda Swinton su un super maiale che deve essere macellato, e libri come "Il maiale non fa la rivoluzione" di Leonardo Caffo, contro lo specismo, "Liberazione animale" di Peter Singer, "Ho mangiato troppa carne" di Lorenzo Biagiarelli.