Mory Sacko, l'astro nascente della cucina francese
Il suo ristorante parigino MoSuke aperto nel 2020 ha ricevuto la stella Michelin. E la scorsa estate ha firmato il menu del ristorante di Louis Vuitton à Saint-Tropez.
L'astro nascente della ristorazione francese - e non solo - si racconta a L'Officiel Italia. Una stella Michelin per il suo ristorante parigino e la scelta di Vuitton di far redigere a lui il menù del ristorante della maison a Saint Tropez: Mory Sacko ci racconta la sua cucina e la sua visione del mondo.
L’OFFICIEL ITALIA Nella tua formazione quali sono stati i momenti chiave che ti hanno portato ad affinare la tua visiione di cucina?
MORY SACKO: La scuola di hotellerie en Seine-et-Marne, dove ho scoperto la gastronomia francese. A casa conoscevo soprattutto la cucina dell’Africa occidentale, in seguito ho lavorato al Mandarin Oriental, con lo chef Thierry Marx, dove ho scoperto la cucina giapponese, i prodotti, il loro utilizzo, soprattutto con i membri della sua brigata, composta per lo più da giapponesi.
LOI: È in quel momento che hai formato il tuo palato da cuoco ?
MS: Si, soprattutto per la gastronomia giapponese. Non sono mai andato in Giappone, ho potuto scoprirlo rimanendo a Parigi. Come l’umami, che è impossibile definire chiaramente, e si situa tra il dolce, il salato... Ho voluto comprenderlo da un punto di vista chimico, isolando il glutammato, che permette di giocare con i sapori. E ho ritrovato gusti familiari come l’uso del pesce affumicato, che conoscevo perché mia madre lo usa in cucina.
LOI: Il MoSuke è il ristorante che avevi in mente fin dall'inizio?
MS: All’inizio volevo combinare la gastronomia francese con quella africana, ma la passione per il Giappone continuava a tornare, mi sono ritrovato a mettere il miso, la salsa di soia... Ho unito le tre culture.
LOI: Come lo descriveresti a due anni dall’apertura?
MS: Sta diventando più raffinato e deciso. Alcuni clienti che era- no venuti all’inaugurazione e sono tornati mi dicono che è più potente. Come ogni chef sto iniziando ad accentuare i sapori che preferisco. Quando sono più vicino ai toni africani è più caldo, bruciante, quando il riferimento è al giappone invece vado verso il minimalismo. Gioco con i contrasti.
LOI: Il fatto che non ci sia niente di simile a Parigi è liberatorio?
MS: Totalmente. Quando il cliente arriva da me gli occorre uncerto stato d’animo, molto aperto, perché il menù non è presente sul sito Internet, lo scopre direttamente a tavola, e deve confrontarsi con prodotti spesso per lui inediti.
LOI: La specificità di questo repertorio “fitta” bene on le esigenze distagionalità e territorialità o bisogna imparare a fare delle concessioni?
MS: Ho sempre lavorato su queste nozioni nei limiti del possibile, il pollo yassa lo faccio solo nella stagione degli agrumi, danovembre a febbraio, il mafè lo preparo con le noccioline che vengono da Soustons, uno dei soli posti in Francia dove vengono prodotte, le patate dolci arrivano dalla Piccardia. Le spezie arrivano via nave con Terres Exotiques, in modo carbon-neutral. Si possono fare delle cucine di altri Paesi prendendo molto sul serio gli impegni ecologici. Sotto il pretesto della territorialità non si possono cancellare tutte le cucine straniere e ripiegarsi su se stessi.
LOI: Quali sono i piatti che simbolizzano meglio il tuo percorso?
MS: Un dolce costruito intorno al cioccolato e al wasabi. Da unaparte perché non ha mai lasciato il nostro menu, e questo non succede spesso, e dall’altra perché non è una rivisitazione di unpiatto esistente. Ho preso un cioccolato che proviene dalla Tan-zania con il 75% di cacao, molto potente, ma senza retrogusto amaro. Ho fatto una ganache con fiore di sale affumicato cheho accostato al condimento giapponese per eccellenza, il wasabi. Sono ingredienti esaltati da una tecnica estremamente francese della pasticceria. Questo dolce rappresenta l’essenza di MoSuke
LOI: Fai tante prove prima della versione finale di un piatto?
MS: Lavoro in modo organico, a volte ci arrivo al primo colpo, a volte devo fare più tentativi, specialmente quando uso il peperoncino. Bisogna che si arrivi fno al limite ma senza superarlo.
LOI: Tra le opportunità che ti propongono, come scegli quali accettare?
MS: Funziona in un modo molto istintivo, il rapporto umano è essenziale, se mi vengono a cercare perché sono lo chef alla moda e per usare il mio nome è difficile sedurmi. La equipe di Louis Vuitton, la direzione, il board, sono venuti in incognito cinque o sei volte al ristorante. Ho realizzato che amavano la mia cucina e quello che facevo, e ho apprezzato che abbiano preso il tempo di scoprila prima ancora di propormi il progetto.
LOI: Ci puoi descrivere una tua giornata tipo?
MS: Dipende, se sono in tour (per la trasmissione televisiva Cuisine Ouverte), giro dalle otto alle 18 e la sera lavoro al ristorante. Se no, quando sono a Parigi, apro alle otto e tra i due servizi mi occupo di tutto quello che c’è da fare, dall’amministrazione ai progetti come il ritorno di MoSugo, una offerta di street food pensata durante il lockdown.