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La cucina tradizionale dell’Umbria si sposa con la filosofia Claudia di Meo

Claudia di Meo, la chef italiana che dai prestigiosi ristoranti inglesi The Ivy e  Rules diventa la prima donna chef al mondo al Royal Box di Wimbledon dove cucina per la corona inglese e che decide di tornare in Umbria a causa del lockdown. 

Nella foto Un ritratto della Chef Claudia di Meo
Un ritratto della Chef Claudia di Meo

Questa non è la semplice storia di una chef di Londra che cucina per la Royal Box di Wimbledon ma di un’incorregibile donna colta e con un bagaglio culturale elevatissimo. Una “storia vera” non troppo diversa da quella di tanti giovani italiani che si sono trovati ad un tratto della loro vita ad un bivio, quello di lasciare l’Italia e andare all’estero per trovare fuori dai  nostri confini sbocchi utili a soddisfare le proprie aspirazioni.

Da Milano a Londra fino al rientro in Italia poco prima del lockdown del 2020. Vi raccontiamo il decennio di una delle eccellenze al femminile che torna a casa.

Claudia Di Meo ha scelto di ritirarsi nella tranquillità e nella pace dell’Umbria ma non certo di smettere di sperimentare ai fornelli anzi di accrescere le sue abilità ripercorrendo la tradizione culinaria umbra con un omaggio alle sue compagne di viaggio, le due nonne Italia e Pasqualina nell’immancabile libro: Umbria. A tavola con la nonna”. 

“Ho voluto celebrare le mie nonne raccontandole in un piatto che poi è diventato un libro per la Nazione”.

Sono le stesse nonne ad introdurla nella tradizione culinaria umbra, quella molto semplice fatta di ingredienti di stagione e senza essere troppo elaborata, che le hanno permesso di battere colleghi chef alla nota edizione  “The professional MasterChef UK” nel 2017. 

In effetti tutto questo accade per caso. A mia insaputa i miei amici mi iscrivono a Masterchef UK “The Professional”, dove 48 chef si sfidano davanti alle telecamere della BBC. Un’emozione unica che non potrò mai dimenticare”. Ricordo di ever pensato che ci faccio io qui? The professional MasterChef non è solo saper cucinare e farlo bene ma anche mettere a rischio la propria reputazione e forse anche la carriera in un canale televisivo come BBC davanti a millioni di telespettatori. Ne sono uscita migliore e con più coraggio. Con la forza di credere in me stessa”.

Claudia arriva in semifinale. 

L’ Umbria è la mia terra ed è nel mio DNA, da sempre ne sono orgogliosa  e negli anni ho cercato sempre di promuoverla in Inghilterra,  tanto che nella competizione MasterChef UK  l'impiattamento del piccione imbottito, piatto tipico umbro che ha conquistato gli esigenti palati dei giudici, nella semifinale è stata una dedica ai colori della fioritura di Castelluccio di Norcia ”.


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Alcune immagini della Chef Claudia di Meo

C’è di più. Tali doti le hanno permesso di acquisire quel prestigio che l’ha resa riconoscibile a tutti come la  “Chef Philosopher” della tradizione italiana.

Durante le riprese di Masterchef sono stata chiamata per un colloquio a Wimbledon ed è così che comincia una nuova avventura al comando della cucina del più ricco ed esclusivo club privato al mondo, frequentato anche dalla famiglia reale e noti Vip”. 

La storia di Claudia Di Meo è singolare, ha cercato la sua strada con una testardaggine fuori dal comune. Da giornalista ed esperta critico musicale si trasforma in poco tempo grazie alla sua innata passione in una chef ricercata dai migliori ristoranti UK come Rules, il piu antico ristorante di Londra,  The Ivy nel West End, tra i primi 30 al mondo. 

«Gary Lee, lo chef, che considero il mio maestro, trasformò e plasmò le mie capacità anche basandosi sulle mie possibilità e conoscenze della tradizione culinaria umbra e del mio background italiano. È stata durissima ma entusiasmante. Per un paio d'anni ho cucinato piatti di tutti i continenti - caratteristica dell'Ivy – servendo attori quali Di Caprio, Tom Cruise, Matt Damon, Glenn Close, Benedict Cumberbatch ».

Un’esperienza notevole in cucina iniziata lavando le insalate all’indiscussa ricerca delle materie prime e come lavorarle che la porta nel tempo libero ad una gavetta performante nel Borough Market di Londra.

 “Sono un’autodidatta e sperimentare è stato il mio diktat. Oggi dopo quasi undici anni di formazione sul campo devo dire che studiare le parti di carni e pesci come tagliarle passando intere giornate gratuitamente a sfilettare è stata una sfida. Volevo imparare perché ho sempre pensato che la conoscenza è potere. Questo mi è servito per arrivare a gestire 59 cucine, 850 chef a Royal Box di Wimbledon con ben oltre 60.000 presenze al giorno già dalla prima settimana del torneo di tennis”.

In particolare “Wimbledon rappresenta il top per una chef donna soprattutto dal punto di vista della regia, del management e del coordinamneto di sala. Grazie all’esperienza che avevo alle spalle con The Ivy, che mi aveva formato su tutte le linee guida, sono riuscita a superare difficoltà etensioni generate dalla mole di lavoro nel Club di Wimbledon”. 

Oggi Claudia come tutti ha vissuto la sospensione fisica dell’attività di ristorazione ma non quella della ricerca diretta di nuovi prodotti e fornitori italiani. 

Sono andata a trovare e ad incontrare personalmente produttori , sono entrata nelle fattorie e laboratori di materie prime scelte per trovare nuovi ingredienti. Non appartengo al target degli chef che pensano solo a rivoluzionare i piatti tradizionali, anzi al contrario, voglio che i clienti possano venire a pranzo e a cena per vivere un’esperienza di emozioni e ricordi. L’elemento filosofico ed estetico ricorrono sempre nei miei piatti”. 

Tra i progetti futuri di Claudia Di Meo.

Investire in un concetto di ristorazione fuori dal coro. Soddisfare i clienti a tavola significa affondare le radici nella tradizione, nei ricordi e nella musica, una vera full immersion nella cultura che sappia sfruttare la stagionalità degli ingredienti sani e genuini. In poche parole, è necessario ricostruire una coscienza del gusto nuova ed un concetto di piatto “onesto”, coposto da ingredienti e qualità in equilibrio con il prezzo”. 

“E’ stata un’illuminazione quando ho capito che scrivere su un piatto è nettamente più bello che scrivere su un foglio. Perché nel piatto ci metti tutto: colori, sapori, ricordi, emozioni. Ci metti anche quello che le parole non riescono a raccontare”.

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