Day 6 Paris Fashion Week con Junya Watanabe, Haider Ackermann e Noir Kei Ninomiya
Junya Watanabe
Cosa succede se una tempesta di vento spalanca le porte delll’atelier di Junya Watanabe, lo si è scoperto durante la sfilata per l’Autunno-Inverno 2020/21 dello stilista giapponese. Forse non era quello il punto di partenza della collezione, ma la sensazione è che le modelle vestite di tutto punto siano state scombussolate da chissà quale turbine e siano finite in passerella con dei look rimescolati. Un chiodo di pelle nera si trasforma in una gonna; un cappotto a spina di pesce viene bloccato da delle pseudo tasche-imbracature; un blazer in principe di Galles perde una manica e una spalla. Il tutto mentre fantasie animalier prendono vita sul collants, sulle gonne, sulle scarpe. L’effetto è spiazzante, in puro Junya-style.
Haider Ackermann
È da tempi non sospetti che Haider Ackermann tratteggia un universo genderless. La sua è una moda affusolata, concettuale. Un insieme di accenti al maschile riletti con lo sguardo carico di poesia per dare vita a dei look che sono credibili a prescindere da chi li indossa. Il total white iniziale lascia spazio a un ecrù essenziale, a dei gessati dalle forme che un po’ aderiscono alla figura e un po’ se ne discostano, in un oversize vagamente Eighties. Ci sono tocchi di velluto e una serie chicchissima di completi giacca e pantalone in black & white. Lì Ackermann da il meglio di sé, reinventando il concetto di revers, con cui crea geometrie sensuali, da portare a pelle nuda.
Noir Kei Ninomiya
Animali fantastici e dove trovarli. Ma anche fiori che sembrano arrivare dallo spazio, creature magiche pronte a ipnotizzare il pubblico con l’ondeggiare delle stoffe. Suscita stupore ed emozione la sfilata di Noir Kei Ninomiya, un concentrato di forme ingigantite, di balze, di tulle, di ruches, il tutto pensato per trasformare i corpi delle modelle in opere d’arte che camminano. Lo show attacca con un rosso fitto e frastagliato, simile alla corolla di un garofano. Subito dopo arriva il nero cocoon, il bordeaux fatto di techno-aculei che ricordano il dorso di un riccio, l’oro di tanti fili metallici, forse un richiamo a delle lucciole intergalattiche. Non è moda da tutti i giorni quella della designer nipponica, quanto cibo per menti affamate di sogni.