Charles Jeffrey LOVERBOY racconta la sua Engine Room
Dopo aver vestito Tilda Swinton per i Fashion Awards, Charles Jeffrey approda alla Milano Fashion Week presentando per la prima volta la collezione autunno inverno 2023-24. Racconta la sua passione per la working class, il suo scottish style e la collaborazione con l'artista John Byrne.
«Ho scelto di sfilare a Milano e vorrei continuare a farlo» racconta lo stilista scozzese Charles Jeffrey LOVERBOY, che debutta per la prima volta alla Milano Fashion Week. «Trovo delle somiglianze con Glasgow, entrambe le città possiedono un’anima industriale e per il concept della sfilata ho pensato ad una stanza dei motori, una struttura di cemento avvolta dal buio vicino alla stazione di Porta Genova che mi ha colpito tantissimo, puoi pure percepire il rumore delle rotaie. Per questa sfilata sono stato molto ispirato dalle persone italiane (nda ribadisce anche la sua vicinanza con l’amico Francesco Risso, direttore creativo di Marni) e anche dal tailoring italiano tradizionale. Penso che a Milano ci sia una scena underground altrettanto interessante, è solamente più silenziata».
Trazione massimalista, fierce color, queerness, look monocromatici, stampe, gender-fluid, ispirazioni rockabilly degli anni ‘50, accenti metallici e con un focus sul workwear. Queste sono le parole utilizzate da Charles Jeffrey per descrivere la sfilata autunno inverno 2023-24. «Per questa collezione ho collaborato con l’artista contemporaneo John Byrne che è stato anche l'ex-compagno di Tilda Swinton. La cosa bella di John è che ha rappresentato con i suoi dipinti le sottoculture britanniche ritraendo gli uomini disruptive degli anni ‘50, come ad esempio i teddy boy, e a me piace molto il match tra street, working class inglese e un pizzico di magia fiabesca che definisce lo stile LOVERBOY. La collaborazione risultava perfetta per il mio concept della sfilata, ma trovo molto interessanti i personaggi weirdos, i villani, i contadini, i meccanici e via dicendo».
Nella sfilata uomo ritroviamo procioni che diventano sciarpe, pezzi in knitwear, pantaloni glossy, completi sartoriali, riferimenti allo stile rockabilly con le giacche ispirate ai look di Elvis Presley e l'hair styling scintillante. Ovviamente non può mancare la celebrazione del tartan con kilt dal sapore super-punkish perchè come dice lui: «Il tartan è un tessuto intriso di storia, ma è anche uno dei tessuti più politici, a seconda della posa grafica della tessitura e gli accostamenti cromatici assume connotazioni e significati differenti».
Nonostante gli elementi super punk, ribadisce con la proudness che lo contraddistingue le sue passioni: «Sono un grande amante anche della blizt culture, un tempo avevo un locale in East London, amo quel periodo storico che coincide con la seconda metà degli anni ‘70 e l'inizio degli anni ‘80. Tra gli artisti che mi hanno influenzato di più ci sono i maestri Andy Wharol e Jean-Michel Basquiat. Io cerco sempre di supportare le persone ai limiti della società perchè in un certo senso fa parte della mia community e sento che qua a Milano ci sia ancora la necessità di farlo».
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