Il presente assoluto di Bottega Veneta
C’è un modo abbastanza infallibile per capire se la sfilata a cui si sta assistendo è una bomba: si fatica a definirla. L’Autunno-Inverno 2020/21 di Bottega Veneta passerà probabilmente alla storia come il momento della consacrazione del direttore creativo Daniel Lee. Dal suo debutto con la griffe avvenuto giusto un anno fa, il trentaquattrenne designer inglese ha già ricevuto diversi premi importanti e, quel che più conta, incassato il sostegno dei buyers. Ma quella di oggi era una prova significativa, perché un conto è avere un po’ di buone idee, altra faccenda è sfornarle con regolarità. La prima intuizione vincente, questo giro è la location, un parterre delimitato da una serie di quinte bianche, su cui vengono proiettati archi e statue che fanno pensare a un chiostro palladiano. La seconda sta nel fare aprire lo show da un uomo, la cui figura veste il total black di un cappottino esile e fermo al ginocchio, su pantaloni a sigaretta e boots squadrati, da cowboy intellettuale. Una silhouette non tanto diversa da quella della prima modella a comparire. Ma prima che il pubblico arrivi a pensare a un minimalismo anni ‘90, ecco la sferzata di un abito giallo e scintillante, con lunghe maniche che si gonfiano sui polsi. Certo il nero rimane, solido e sensuale, a tratti anche trasparente. Eppure è di continuo punteggiato da esplosioni di frange colorate. E dalle coloriture intense del viola e del rosso. Viene da pensare che quello che porta lui, lo potrebbe indossare anche lei e viceversa, senza che nessuno diventi caricatura dell’altro. Ma soprattutto resta impressa la sensazione che il mood si auto-alimenti di una contemporaneità articolata e colta, senza dover per forza stabilire richiami al passato. Che poi dovrebbe essere il senso ultimo del fare moda.