Crypto Art e NFT: A World Apart
Sono salito su The Lift, il progetto immersivo site-specific di Fabio Giampietro, uno dei pionieri della rivoluzione NFT e della scena artistica digitale. Tra dubbi e domande per indagare sul momento "di grande euforia digitale che stiamo vivendo"
Nel buio della Immersive Room, la sala al primo piano del Meet di Milano, i 15 proiettori danno luce alle opere di Fabio Giampietro mentre la voce di Alessio Bertallot invita ad avvicinarci al centro della stanza. È un attimo! Le pareti della galleria crollano attorno a noi e con esse i quadri, già visioni virtuali di opere fisiche. Ora la stanza altro non è che un enorme ascensore popolato dagli spettatori che si innalza dalle visioni metropolitane dei quadri come emergendo da essi. È solo l'inizio di un viaggio dove gesto creativo e medium tecnologico si fanno metafisica, riflessione sull'arte digitale, dubbio, domanda.
Sei partito sottraendo olio alla tela, l'approdo al digitale sembra quasi una conseguenza logica.
Negli ultimi anni ho concentrato la mia ricerca proprio sul confine tra reale e virtuale, una frontiera fertile in bilico tra passato e futuro. La pandemia ha accelerato la corsa verso le viewing room e i mondi virtuali, quelli che ci stiamo abituando a chiamare metaversi, ed è questo squarcio enorme verso il futuro che ha ispirato The Lift, un lavoro col quale più che risposte cerco di creare dubbi e domande, nel contesto di euforia digitale che stiamo vivendo
Metaversi che sono anche enormi marketplace. Come se proprio il mercato avesse creato la domanda di un certo tipo di arte che potremmo anche chiamare crypto art?
La crypto art che non è cripto in quanto difficile da decifrare (ride), ma deve la sua denominazione alla valuta che ne determina il valore commerciale, si fonda sull'NFT che altro non è che un asset con le sue utilities e le sue speculazioni. A suo vantaggio c'è sicuramente il fatto che può essere scambiato più facilmente. L'NFT è un contratto, certificato dalla blockchain, che riconosce un valore all'opera e al suo autore. Sono entrato in questo mercato perché il mio lavoro di pittura legato alla realtà virtuale era impossibile da vendere e necessitava di un'autentica. All'inizio era frequentato solo da appassionati di tecnologia, magari ma non necessariamente con un loro pensiero artistico, che si scambiavano le loro opere oppure le acquistavano per 50 o 100 dollari, cosa che nessun artista che proviene dal mercato tradizionale accetterebbe di fare. Era più che altro un approccio da collezionisti.
Ora invece anche l'artista tradizionale conia le sue opere in NFT. Ma in questo nuovo market come si stabilisce il valore artistico e poi di conseguenza il valore commerciale?
Quello del valore di un'opera era un problema che esisteva anche prima. Anche nel mercato tradizionale come si stabilisce che un'opera vale più di un'altra? Il lavoro artistico è anche un lavoro di relazioni. Perché questa opera è esposta all'interno di questo spazio? L'arte ha il giusto appeal per aprire le porte, rendere comprensibile la blockchain e fare da volano a una nuova economia che ora è appannaggio dei fanatici delle criptovalute e domani si vedrà.
Lo chiedo a te, perché tu sei un artista.
Diciamo che in questo momento storico è molto democratico fare un NFT perché chiunque lo può fare. Però i pionieri hanno dalla loro il vantaggio di essere stati i primi a crearsi un mercato, e quindi gli viene riconosciuta una sorta di primogenitura, anche questa certificata proprio sull'NFT, e chiunque venga dopo deve fare i conti con quello che è già stato proposto. La cosa che invidio di più ai ragazzi che si approcciano al mondo dell'arte tramite l'internet è che grazie a questa tecnologia loro hanno come potenziale acquirente un collezionismo che è contemporaneo a loro, mentre gli artisti della mia generazione avevano a che fare con acquirenti di una anche due generazioni più vecchi e quindi meno preparati culturalmente a una proposta innovativa. A proposito di mercato quando io ho iniziato a dipingere - era il 1998 - e andavo al miart vedevo delle opere che erano già molto più vecchie di quello che potevo fare io con la tecnica disponibile all'epoca e soprattutto il pubblico era di una generazione avanti e poco propenso ad accettare la novità. Ancora oggi ad esempio il comics è visto come un'arte minore, immaginati in quegli anni. Proporre un olio su tela con Jeeg Robot sarebbe stato visto soltanto come una provocazione.
Non si corre però il rischio dell'autoreferenza? Io artista dipingo quello che tu spettatore ti aspetti da me.
È un mercato in via di assestamento. In questo momento si premiano soprattutto i pionieri. Ed è ancora un movimento limitato a una cinquantina massimo settanta cripto artisti. Pensa comunque che per quanto riguarda l'Italia stiamo parlando di un arco temporale al massimo di due anni. È difficile anche individuare delle tendenze.
"Chi acquista un NFT spesso lo fa per mostrare il suo status, è come se il valore dell'opera a sua volta determinasse il valore del proprietario"
Non è molto diverso da quello che succede anche in altri ambiti. Penso ovvio al nostro mestiere di giornalisti messo in crisi dagli influencer e dall'utilizzo della nuova tecnologia messa a disposizione dai social.
Esatto ma guarda anche ai comici che solo poco tempo fa erano certificati di valore perché appartenevano alla struttura di Zelig mentre ora sono rimpiazzati dagli youtuber. La questione era quella di dare un valore commerciale ai like e ai follower. Ora anche un grafico di un brand di outfit con una vasta community in Rete può vendere a quello stesso pubblico le sue opere artistiche perché nel campo dell'arte l'NFT ha certificato con la proprietà un valore delle opere sul mercato digitale. Sicuramente si sente il bisogno di curatela e chi è maggiormente penalizzato in questo momento sono le gallerie, non certo le case d'asta.
Ma l'acquirente degli NFT è un amante dell'arte o un investitore?
Sicuramente una persona che ha sviluppato un grande senso della proprietà. Quando ad esempio la musica è diventata mp3 io stesso volevo averla comunque fisicamente anche sotto forma di chiavetta usb. Noi abbiamo bisogno di feticci. Chi acquista un NFT spesso lo fa per mostrare il suo status, è come se il valore dell'opera a sua volta determinasse il valore del proprietario, la sua competenza sul mercato e anche la sua disponibilità economica. Ma mentre prima l’opera d’arte la poteva mettere solo nel salotto e mostrarla agli amici nei party, ora se io compro un NFT è potenzialmente tutto il mondo che mi riconosce lo status di possessore di quell'opera. Più è cool l'opera più sono considerato figo io che l'ho acquistata.
Che potenzialità ha la crypto art?
Infinite. Puoi ad esempio anche decidere di lasciare ad altri pezzi della tua opera che a loro volta loro svilupperanno in una sorta di grande opera collettiva.
Non temi che l’NFT possa esser copiato e si possa possederlo a prescidere dall’autenticazione sulla blockchain?
Sicuramente ogni artista digitale è un Tom Ponzi di se stesso.
E qual è il profilo del crypto artista?
Essenzialmente uno che conosce anche magari solo per il lavoro che fa la tecnologia per andare sul web. Un concept artist che lavora in produzione ha le capacità grafiche, le competenze di storytelling, la padronanza degli strumenti web che fanno la differenza nel creare l'oggetto digitale. Se fino a ieri era dominio dei matematici ora sono richieste competenze che sconfinano nelle materie umanistiche. Poi certo cosa determina se un meme è arte oppure no è un discorso più complesso.
E non era così facilmente determinabile nemmeno prima. In un certo senso la crypto art sta togliendo le mutande all'arte tradizionale.
C'è chi lo prende come un atto contro, chi ne apprezza le differenze. Io mi trovo nel mezzo perché nella mia carriera i galleristi sono stati fondamentali e la figura del mediatore culturale era imprescindibile.
Ma adesso c'è una figura che fa da tramite tra l'artista e il fruitore dell'opera?
Ci sono ma sono pochissimi. Sono ancora, proprio perché siamo agli inizi, più dei divulgatori che dei curatori.
E tu come le spendi le crypto che guadagni?
Facendo mostre come questa (ride).