Un giro in auto con Gabriella Crespi tra Milano e Torino
Tra materia, arte, design e spiritulità: chi è Gabriella Crespi? Al MAUTO di Torino, il Museo Nazionale dell’Automobile, in una spirale di fotografie e mobili, che ricordano un po’ il tavolo Blow Up, una mostra la racconta.
La mostra al MAUTO è piccola, ma preziosissima. Piccola come una bomboniera. Pochi elementi, ma distribuiti bene, in un gioco elicoidale che riprende le forme dei suoi lavori, ci portano a conoscere Gabriella Crespi, figura sospesa tra arte e spiritualità. Un po' come estensione dell'imminente Design Week 2022 a Milano, il MAUTO-Museo Nazionale dell'Automobile apre il Lusso nel Bagagliaio. Gabriella Crespi al volante tra arte e design, esposizione dedicata all'artista designer lombarda. La mostra, visitabile fino al 25 settembre 2022, circondata da una selezione di opere rappresentative del lavoro della Crespi, racconta perfettamente quest'anima incline al bello, affascinata dal buon gusto e da connessioni più intimiste, come quella con la natura e l'universo. Impossibile non notare nei ritratti presenti in mostra, molti dei quali del fotografo Oliviero Toscani, questo sguardo pensoso e sempre assorto. L'Archivio Crespi, gestito dalla figlia Elisabetta, ha donato al MAUTO la station wagon Ford Taunus che la designer guidava negli anni ’70 e ‘80. Sempre carica di progetti, modelli, campioni e prototipi da presentare agli artigiani, è questo il punto di partenza dell'esposizione Il Lusso nel Bagagliaio. Il Tavolo 2000, il Cubo Magico, la lampada Fungo e uno degli Obelischi Luminosi presentati nel 1970 in più versioni e in differenti altezze: meccanica da orologeria e costruzione raffinata, proprio questo è il legame tra le automobili e i mobili di Gabriella Crespi.
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1922-2022: A CENT'ANNI DALLA NASCITA, CHI ERA GABRIELLA CRESPI
Nasce in una famiglia milanese benestante, padre ingegnere meccanico e madre, Emma Caimi Pellini, designer di gioielli per l’haute couture parigina. Sposa poi Giuseppe Maria Crespi, erede della solida famiglia lombarda di imprenditori tessili. Dopo un matrimonio infelice si separa ed è lì che incomincia ad essere Gabriella Crespi. È la designer del jet-set internazionale, dell’aristocrazia romana e milanese, del bel mondo; frequenta Ottavio e Rosita Missoni, conosce le teste coronate della moda del Made in Italy, va in barca tra Portofino e la Costa Smeralda. Inizia a sperimentare con il disegno, con le forme e con le prime costruzioni negli anni Cinquanta. Quello che nasce come un divertissement, diventa una produzione di più di 2000 oggetti, realizzati dal 1957 al 1987.
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Le prime clienti? Le sue amicizie del bel mondo. Gabriella Crespi inizia a sperimentare con forme e materiali, giustapponendoli, divertendosi. Con lo spirito creativo dietro ai papiers collè di Braque, di cui era una grande appassionata e non è un caso se lo ritroviamo anche come stile dietro al manifesto della mostra, comincia a realizzare dei primi lavori di design d'arredamento. Nel 1964 Gabriella Crespi apre il primo showroom a Palazzo Cenci a Roma. Piace subito all’aristocrazia romana, ai principi e ai re. Disegna pezzi unici per le residenze dello Shah in Iran, dell’armatore George Livanos, per la casa di Grace di Monaco. A Milano apre un altro raffinato spazio nel 1973 in via Montenapoleone 2, dove oggi c'è la boutique di Louis Vuitton. Ed è così che i suoi mobili iniziano a segnare un'epoca e a disegnare il ritratto della Milano da Bere.I suoi tavoli metamorfici, le sedute, le lampade, gli oggetti decorativi naturalistici e gli animali. Sarà proprio la serie degli "animaletti" in bronzo ad essere notata dalla Maison Dior, che chiederà alla Crespi di realizzarne alcuni proprio per le vetrine della boutique Dior. Poi verrà il turno di Tiffany e Saks a New York, per cui produrrà delle piccole serie ed alcuni esemplari unici. Nel 2008, quando di anni Gabriella ne ha ottantaquattro e si trova già in India a seguire la scuola di pensiero dei maestri Ashram a cui si era unita tempo prima, Stella McCartney le chiede di realizzare per lei una riedizione limitata di alcuni suoi gioielli creati oltre trent’anni prima.
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Oltrei ai materiali più preziosi lavorava anche con realtà più grezze come il rattan, il midollino e il legno. Non fa parte della scuola del design milanese, essenziale, di ricerca e funzione; al contrario lei era opulenta nei materiali e nel concetto, servendosi di artigiani italiani altamente qualificati che lavoravano la pietra, il legno, l’ottone e il vetro. Lune, Plurimi, Ellissi: questi i nomi che sceglie per i suoi mobili, lampade, coffee table, console. Ed è proprio il mondo delle stelle e dei pianeti che la affascinava. Lei in ogni intervista rispondeva l’universo, alla domanda su che cosa la ispirasse, ci racconta la figlia Elisabetta, ricordando la sua mamma.