La Biennale di Arti Islamiche di Gedda, approfondisce il rapporto dell’arte con il sacro
Seconda città dell’Arabia Saudita, Gedda, conosciuta per il centro storico patrimonio Unesco ma soprattutto come un importante snodo per i pellegrini che si dirigono verso la Mecca e la Medina, fino al 25 maggio ospita la Biennale delle arti islamiche dal titolo “And All That Is In Between”, frase tratta dal Corano che presuppone che vi siano verità che vanno oltre al fisico. Ce ne parla Muhannad Shono, curatore dell’area del contemporaneo.
Ospitata nel Western Hajj Terminal dell’aeroporto King Abdulaziz, la Biennale di Arti Islamiche di Gedda è divisa in cinque sezioni, e accoglie oltre 500 opere provenienti anche da istituzioni come il Louvre, il Victoria & Albert, il Museo di arte islamica di Doha, la Biblioteca Apostolica Vaticana oltre a reperti dai siti sacri della Mecca e Medina. Il tentativo, con un team curatoriale composto da undici studiosi di arte antica e moderna, è quello di raccontare il lascito del passato ma anche come oggi artisti, creativi e scrittori si avvicinano al sacro. Un compito, quest’ultimo, raccolto da Muhannad Shono, che ha partecipato alla scorsa edizione come artista e ora cura la parte del contemporaneo, con oltre 20 commissioni realizzate per l’occasione, con artisti invitati tra cui, oltre all’italiano Arcangelo Sassolino, Nour Jaouda, Charwei Tsai, Slavs and Tatars, Fatmah Abdulhadi.
L’OFFICIEL HOMMES ITALIA: Qual è il tema della Biennale?
MUHANNAD SHONO: Il tema, “And All That Is In Between”, esplora lo spazio liminale tra le dualità: terra e cielo, materiale e spirituale, visibile e non visibile. Invita gli artisti a riflettere su queste intersezioni, dove idee, culture e storie si fondono e coesistono. La sezione di arte contemporanea è interessata allo spazio stratificato, espansivo e inclusivo dell’intermedio. Non si tratta di confini definiti delle cose, ma di un gradiente di idee, modi di vedere, modi di immaginare e rileggere. Comprendere il passato e portarlo avanti in visioni collettive del futuro.
LOHI: La fede (non solo quella islamica, che è più vasta della sola area araba), oltre ad essere stata fonte di ispirazione per l’arte antica, lo è anche per il contemporaneo? In che modo?
MS: La fede è sempre stata un catalizzatore per la creazione artistica, non solo nella storia islamica ma in tutte le civiltà. L’Islam è un sistema vivo e vitale, importante nella formazione delle narrazioni culturali e delle esperienze di miliardi di persone in tutto il mondo. È presente nel tessuto sociale, economico e politico in cui gli artisti hanno vissuto o continuano a vivere, attraversare, visitare o chiamare casa. Questo mondo per alcuni è il loro passato e per molti è il presente. È quindi naturale che si ritrovi nelle questioni e nelle narrazioni del nostro tempo, sollecitando riflessioni storiche, rivisitazioni di archivi, riflessioni sulla memoria e sogni di nuovi modi di espressione. Colora, macchia, ispira, è sempre presente in modo consapevole e inconsapevole.
LOHI: Quali sono gli artisti più importanti della sezione contemporanea?
MS: Non si tratta di mettere in risalto singoli artisti, ma piuttosto la presenza collettiva di artisti e il dialogo tra le loro idee, che danno spazio a un’ampia e inclusiva via di mezzo. È questo scambio di pensieri, storie e approcci che dà forma al tema scelto, creando uno spazio per molteplici prospettive. L’attenzione si concentra sul modo in cui il loro lavoro incarna collettivamente lo spazio fluido ed espansivo tra eredità storiche e realtà contemporanee. Metterne in evidenza uno significherebbe mettere in risalto il singolo, mentre la Biennale riguarda nuove unioni di idee e modi di immaginare. È un momento per la moltitudine, non per la singola narrazione.
LOHI: In questa Biennale sono presenti artiste donne?
MS: Sì, certo. Dei 32 artisti e collettivi, 15 sono donne.
LOHI: Come dialogano gli artefatti antichi e contemporanei all’interno della Biennale? Lo fanno più a livello estetico o per il significato spirituale?
MS: Si tratta di uno scambio di idee attraverso il tempo. Gli oggetti antichi rappresentano le basi culturali e filosofiche che hanno plasmato le civiltà islamiche, mentre le opere contemporanee, realizzate da artisti musulmani o non musulmani, rispondono a queste eredità in modi dinamici, spesso trasformativi. L’obiettivo non è semplicemente quello di accostare gli oggetti, ma di creare uno spazio in cui il passato possa informare e sfidare il presente. Queste nuove commissioni si confrontano con la storia - non replicandola, ma reinterpretando, mettendo in discussione ed espandendo i temi e le forme che l’hanno preceduta - e con le questioni socio-politiche e ambientali di oggi, andando oltre una singola narrazione.
LOHI: La città che accoglie la Biennale è la porta d’accesso ai luoghi più sacri dell’Islam. Questo porterà molti pellegrini a visitare la mostra. Quanto può essere importante, invece, per un pubblico laico?
MS: La Biennale affronta temi che trascendono le divisioni religiose e secolari, creando uno spazio di dialogo tra diversi modi di vedere e interpretare il mondo. Esplorando lo spazio liminale tra le dualità la Biennale invita tutti i pubblici a confrontarsi con le complessità dell’arte islamica e della sua evoluzione. Non è uno spazio definito da confini, ma da come il collettivo può dare forma all’illimitato. La Biennale accoglie nella storica città portuale di Gedda una moltitudine di modi di vedere e immaginare, dando forma al tema “And All That Is In Between” e celebrando il potere dell’arte di creare nuovi significati e comprensioni.