8 artisti che ho scoperto ad Artissima 2024 di cui segnarsi il nome subito
A Torino torna l'arte contemporanea con Artissima. Abbiamo visitato la fiera con Kway, main sponsor per il quindicesimo anno di fila. La guida su cosa vedere.
Artissima è sicuramente un appuntamento imperdibile nel calendario degli appuntamenti must-see dagli amanti dell’arte contemporanea. Sempre all’Oval di Torino (Lingotto) e sempre attenta a dare grande spazio agli artisti emergenti, torna con la sua trentunesima edizione dall’1 al 3 novembre, anteprima il 31 ottobre. Accogliendo quattro sezioni principali - Main Section, New Entries, Monologue/Dialogue e Art Spaces & Editions - e le tre sezioni curate - Present Future (curata da Léon Kruijswijk, curatore del KW Institute for Contemporary Art di Berlino e Joel Valabrega, curatore del padiglione del Lussemburgo a Venezia 2024), Back to the Future e Disegni -, l’edizione 2024 vede complessivamente la partecipazione di 189 gallerie italiane e internazionali, di cui 66 con progetti monografici. Anche quest'anno K-Way rinnova la sua storica sponsorizzazione ad Artissima. Il brand iconico dell’antipioggia ha personalizzato la scala per la VIP Lounge e fornisce una shopper dedicata ai collezionisti, già diventata tote cult.
Il tema di Artissima 2024 è The Era of Daydreaming. L’appeal di Artissima non si basa solo sulla qualità artistica e commerciale, ma anche sul suo impegno nell’esplorare il significato sociale dell’arte contemporanea, affrontando spesso temi attuali. Il tema di quest’anno mette in luce le correnti che plasmano la scena artistica odierna. Luigi Fassi spiega che il titolo richiama ricerche scientifiche recenti, in particolare dall'Università di Oxford. Sognare ad occhi aperti è un’esperienza universale che consente di immaginare realtà alternative, essenziale per la produzione artistica.
1) Leonardo Devito, Ciaccia Levi
2) Lotti Brockmann, Galerie Von&Von
L'artista austriaca Lotti Brockmann ha vinto il Playground Art Prize 2023 con questa installazione provocatoria incentrata sulla reinterpretazione di monumenti pubblici. L'opera "STOLEN STATUES (LICKED)" è composta da enormi lecca-lecca ricavati dalle fattezze dei volti di figure storiche, con il naso e la bocca modellati sugli originali. Il concetto è chiaro: i visitatori possono interagire e leccare questi lecca-lecca, trasformando l'atto in una simbolica sovversione della narrazione storica maschile e occidentale. Attraverso questo gesto, l'artista invita a ripensare la storia come un processo partecipativo, in cui la collettività può incidere sul racconto, modificandolo nel tempo grazie a un materiale non duraturo come lo zucchero. Tra i simboli plastici del colonialismo e della schiavitù, l'opera denuncia anche il persistente sfruttamento globale.
3) Emilio Gola, Monica De Cardenas
4) Elyla, Galleria Giampaolo Abbondio
Nella sezione dedicata ai giovani artisti emergenti, spicca Elyla, presente alla Biennale di Venezia 2024. Elila è un artista la cui opera ha una forte stratificazione di significati, in parte legata alla propria storia personale. Nat* in Nicaragua, in un villaggio profondamente macista, Elyla non si riconosce nelle definizioni imposte dalla società locale. Il contesto storico in cui è nat* è quello di un paese travagliato, segnato dalla violenza politica dopo la guerra dei Contras degli anni '80. Elyla porta in scena oggetti simbolici, indossati per esprimere la propria identità fluida. Il nome scelto, "Elila", unisce "El", "I" e "Ia", a rappresentare la pluralità di genere. Il suo lavoro integra termini e simboli legati alla propria storia: la data di nascita, il villaggio natale di Chontal, e la condizione di "straniero", un concetto che richiama il meticciato e il sincretismo culturale. L'artista si esibisce come drag queen, incarnando una critica alla dittatura delle definizioni di genere, vista come un'imposizione coloniale sottolinea che e sottolinea come la decolonizzazione non debba implicare un processo di ritorno a un'identità pura e monolitica, ma piuttosto un viaggio verso la coesistenza di molteplici identità.
5) Alina Kopytsia, Galleria Francesco Pantaleone
L'artista di origine ucraina Alina Kopytsia uilizza le lenzuola di sex worker come supporto per le sue opere. Creando oggetti che ricordano ad un primo sguardo un qualcosa di molto famigliare, come le lenzuola della nonna, per il tipo di stoffa e i motivi a contrasto con i soggetti ricamati, che raccontano qualcosa di estremamente violento. Senza l'intenzione di creare tuttavia un lavoro o una ricerca di tipo sociologico.
6) Clara Hastrup, MATTA
7) Nevine Mahmoud, Soft Opening
8) Nicole Gravier, Ermes Ermes
Nicole Gravier si definisce un’artista che utilizza la fotografia come mezzo espressivo. Nei lavori esposti ad Artissima 2024 presso la Galleria Ermes Ermes, si ispira ai mass media e alle immagini della cultura popolare, specialmente alle serie TV poliziesche e ai fotoromanzi. Affascinata da quest'ultimi, nota come entrambi i media ripropongano cliché e miti prevedibili. L'artista evidenzia come, osservando una specifica inquadratura o un oggetto in un fotoromanzo, il pubblico anticipi facilmente l'esito, restando a un livello superficiale. Per scardinare questo immaginario, si inserisce lei stessa nelle fotografie, creando una stage photography in cui è sia autrice che modella. Gioca con oggetti tipici dei fotoromanzi, simboli di femminilità e di storie di amore non corrisposto, ma aggiunge elementi dissacranti - un saggio di Marx o Eco -, destabilizzando la narrazione e spingendo l'osservatore a riflettere.