Mahmood
Foto Alessandro Oliva
Styling Emil Rebek
Mancano pochi attimi alla proclamazione del vincitore. Il pubblico all’interno del teatro mormora per via dell’esclusione a sorpresa di Loredana Bertè fra i finalisti; al suo posto una “cenerentola” della competizione, Alessandro Mahmoud, in arte Mahmood, con il suo tormentone “Soldi”. Twitter esplode di messaggi, fra hater de Il Volo, hater in generale, fan sfegatati di Ultimo e chi, durante le 5 serate del festival, ha imparato ad apprezzare le doti canore di questo giovane ragazzo nato e cresciuto a Milano.
Sono questi ultimi a sorridere quando a grande sorpresa, grazie soprattutto al voto della giuria di qualità e della sala stampa, Mahmood ribalta il risultato e si aggiudica il 69esimo Festival della Canzone italiana. La vittoria accende la polemica; c’è chi sostiene che, non avendo avuto la maggioranza del voto del pubblico, non avrebbe dovuto vincere. La realtà è che da sempre Sanremo ha una giuria che decide a chi assegnare il premio e questa volta si è dimostrata particolarmente lungimirante: “Soldi”, infatti, infrange il record di streaming italiano e l’album di Mahmood esordisce al primo posto della classifica. In soli cinque giorni, il cantante è diventato una star. A portarlo a questo successo è stata senz’altro la sua incredibile determinazione: si innamora della musica sin da piccolo e impara a suonare il pianoforte, la chitarra e a cantare, cercando costantemente di migliorarsi. Questa determinazione deriva dalle sue origini; Gratosoglio, nella periferia sud di Milano. Sopravvivere a questi luoghi non è facile, ti impongono a crearti una personalità forte per non rischiare di essere sopraffatto dall’ambiente ostile che ti circonda.
Mahmood ci racconta, infatti, che: «Il quartiere è casa. Tanti sono i giovani che crescono bene nelle periferie, le conoscenze che si fanno possono sembrare più vere, ti incontri sempre con le stesse persone con le quali si creano rapporti più profondi: ai miei occhi è tutto più autentico». Milano l’ha influenzato tantissimo: «Sicuramente non farei la musica che faccio se non fossi di questa città. È moderna, può sembrare fredda, ma ti tiene molta compagnia».
Non è un caso che uno dei suoi brani più belli è “Milano Good Vibes” dove, spiega, «racconto la metropoli a modo mio. A me piace molto la zona Ticinese, Porta Genova e le Colonne di San Lorenzo».
Il terreno multiculturale e “genuino" della periferia non basta da solo per far crescere un talento come il suo; servono anche dei punti di riferimento.
Uno, è chiaro: James Dean, icona del film “Gioventù bruciata”, che ha ispirato il titolo del suo album e una delle sue canzoni più belle. Gli altri eroi di Mahmood sono due personaggi diversissimi tra loro, come «Paolo Conte e Lauryn Hill, una vera icona della musica r&b e rap internazionale».
Sommate queste tre figure e otterrete il racconto della sua città in chiave r&b, attraverso gli occhi di chi la abita fino in fondo. La perfetta descrizione del suo album d’esordio.
Mahmood canta, ma è anche molto ispirato dalla vera colonna sonora della periferia: il rap. Sul palco dell’Ariston è riuscito a portare Guè Pequeno, notoriamente allergico alla kermesse sanremese, e sul disco c’è anche un featuring con Fabri Fibra. «Fabri mi ha dato tanto, ha creduto subito in me, è uno degli artisti più umili e disponibili che io conosca. Ci siamo incontrati grazie a Paola Zukar (“la signora del rap”, manager di Fibra, Marracash e Clementino): è sempre stato uno dei miei sogni avere un suo feat».
Dal rap ha preso in prestito la schiettezza nei testi, che si ritrova nel vocabolario di strada, le similitudini argute a cui ha aggiunto la sua eleganza vocale. Eleganza che sul palco si è espressa anche attraverso il look, di cui è stato, in parte, l’artefice: «Avevo già un’idea prima del festival, mi sono pienamente affidato alla stylist Susanna Ausoni che ha saputo leggermi bene». Ora dovrà affrontare due nuove sfide. A maggio rappresenterà l’Italia all’Eurovision Song Contest in Israele, ma a quanto pare non sente troppo la pressione. «L’affronterò con molta serenità perché è tutta una novità. Mi piace l’idea di competere a livello europeo; voglio dimostrare che la musica italiana vale».
Poi dovrà affrontare il tour più importante della sua carriera: «Ci sto lavorando e pensando senza sosta con la mia band, a breve annunceremo tutti i dettagli». Potrà contare anche sulla grande certezza della sua voce, così impeccabile durante tutte le esibizioni del Festival; pochissimi cantanti della nuova generazione possiedono una vocalità così puntuale e vederlo live sarà uno dei must del 2019. Oltre a queste pressioni, in questi giorni Mahmood, è stato catapultato in un turbinio di interviste, programmi tv, riunioni, ovvero la routine classica di chi vince il concorso canoro più importante della penisola. Finito questo circo, ammette: «Mi chiuderò in studio perché non scrivo da parecchio e vorrei concentrarmi sulla mia musica». Dedizione e grande passione: la giuria e i giornalisti hanno saputo riconoscere immediatamente queste caratteristiche e si sono resi conto di aver di fronte un talento speciale. Il grande pubblico l’ha capito subito dopo, regalandogli il suo primo disco di Platino.
In soli cinque giorni ha raggiunto un successo inaspettato, ma meritato.
Grooming: Pierpaolo Lai - Julian Watson Agency
Assistenti fotografo: Paolo Leonori, Alessio Keilty
Assistenti stylist: Alessandra Faja, Marco Venè
Assistente groomer: Said Adel