The Now Hustlers: Jan Gatewood
Jan Gatewood si è fatto conoscere a livello mondiale con le sue intersezioni di disegno, la pittura e il collage. L'artista contemporaneo racconta le ispirazioni, le tecniche di lavoro e dirige una riflessione sull'arte.
Jan Gatewood, 27enne di Aurora, Colorado (tristemente nota per via del massacro studentesco) è un artista autodidatta residente a Los Angeles. Segni particolari: la capacità di fare interagire disegno, pittura e collage. Intervistato (letteralmente) per strada, mentre, sul fedele skateboard, sta rientrando nel proprio studio a Commerce city, alla periferia di LA.
L’OFFICIEL HOMMES ITALIA: Qual è la tua definizione di arte?
JAN GATEWOOD: In questo momento, penso che l’arte, o la realizzazione di qualcosa di artistico, non sia altro che un processo di attualizzazione. È la creazione di immagini, oggetti, forme, concetti... Un modo per organizzare e veder materializzare le proprie idee. Mi sono trasferito a LA nove anni fa, e da cinque faccio arte: fortunatamente è diventata una professione: lavoro, disegno, creo dipingo tutti i giorni, ogni giorno, sempre.
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"Penso che l'arte o la realizzazione di qualcosa di artistico, non sia altro che un processo di attualizzazione. È la creazione di immagini, oggetti, forme, concetti." Jan Gatewood
LOHI: E prima?
JG: Ci sono stati due momenti fondamentali per il mio voler diventare artista, il primo è il fatto che ero uno skateboarder, proprio grazie alla tavola mi sono avvicinato a disegno, tratto, fotografia, video, musica.... Il secondo trampolino è stato il mio trasferimento a New York, dove mi sono avvicinato al mondo dell’arte.
LOHI: Sei sempre stato un artista?
JG: Si e no, nel senso che tutti i miei amici lo erano, mentre io, anche se me ne sentivo attratto, non ero assolutamente capace di disegnare nulla. È a New York, sempre in contatto con artisti che mi hanno incoraggiato, spinto a non considerare il dettaglio ma il concetto in senso generale, che ho cominciato a leggere, a interessarmi d’arte, a visitare mostre e gallerie... e a fare delle cose mie. Poi mi sono trasferito a LA e durante una internship alla Galleria Moran Moran ho cominciato a frequentare il mondo dell’arte e i suoi adepti, uno dei quali è stato il mio mentore, Terence Koh, un artista che non vendeva quasi nulla, ma faceva arte concettuale. Grazie a lui ho capito che per fare arte non dovevo disegnare né dipingere per forza.
LOHI: Quali le tue ispirazioni artistiche?
JG: Ultimamente sono Josh Smith e i suoi colori, le installazioni di Candice Lin, la satira di Tala Madani, e l’astrattismo di Torey Thornton.
LOHI: E tu, come affini la tua tecnica?
JG: C’è un detto che, anche se non mio, è parte del mio mantra: “Niente va bene ma tutto funziona”. Penso che descriva perfettamente una buona parte del mio creare quotidiano. Mi piace mettere insieme cose apparentemente disparate per vedere dove può arrivare la mente. Tendo spesso a rendere le cose più difficili del necessario nel tentativo di trovare un’alternativa, anche per creare un mio data base, un alfabeto artistico semi-personale.
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Photography/Director RICARDO GOMES
Styling RITA MELSSEN & JORDAN JAMAAL
Text by ROBERTO CROCI
Hair ANDY LECOMPTE
Make Up WENDI MIYAKE
Tailor SHIRLEE IDZAKOVICH
Photo Assistant BRANDON MINTON
Hair Assistant AXEL ROJAS
Make Up Assistants JORDANN AGUON e TY SANDERSON using MAC COSMETICS
Styling Assistant ELLIOTT SORIANO