Intervista a Lucio Di Rosa, il matchmaker amico di Sharon Stone e Angelina Jolie
Uno showroom-atelier e molto di più. Nel cuore di Milano all'interno del palazzo Palazzo Meli Lupi di Soragna è stato inaugurato a dicembre LDR22, la sede milanese dell'agenzia dopo l'headquarter di Los Angeles, che più che un ufficio è una casa. Un luogo di incontro per gli addetti ai lavori, celebrity e brand che si riuniscono sotto la curatela di un professionista di lunga esperienza: Lucio Di Rosa. La sua mentore? Donatella Versace.
Negli spazi restaurati del settecentesco Palazzo Meli Lupi di Soragna, a pochi passi dal quadrilatero della moda LDR22 ha inagurato il 13 dicembre. Oltre 600 metri quadri, dove si respirano essenze profumate e ci si nutre gli occhi di bellezza: dall'architettura agli arredi. Tra boiserie in legno scuro, opere d’arte, carte da parati e mobili personalizzati da Fornasetti si potranno scoprire le collezioni di brand emergenti internazionali e brand più consolidati. Qui Lucio Di Rosa, che ha lavorato per vent’anni anni nei reparti vip celebrity pr e matchmaker di marchi come Giorgio Armani, Versace, Elie Saab e Dolce&Gabbana, accoglierà i suoi clienti nello showroom, per pianificare eventi, lavorare su strategie di comunicazione prodotto e corporate, art direction di campagne e placing con le celebrity con un focus su brand emergenti e di talento, selezionati dallo stesso Lucio. Le star sono parte della vita di Lucio e con alcune di loro si sono creati rapporti di amicizia e fiducia, una delle parole che ha più importanza nell'etica del lavoro di Di Rosa. L'idea di trasformare l'agenzia in una boutique agency che sia a immagine e somiglianza del suo proprietario, che era solito invitare i personaggi e clienti nelle sue case alla fine di una sfilata o di un evento. «Per me questo spazio è casa, così è nato a West Hollywood da un suggerimento di Sharon Stone. Infatti i miei clienti lì dicono semplicemente “Let’s go to Lucio’s”. Vorrei ricreare questa sensazione di famigliarità, il sentirsi a proprio agio, come nel caso di alcune stylist che ho invitato da me, hanno messo da parte le loro rivalità per godersi l'atmosfera che si crea», spiega Di Rosa.
L’OFFICIEL ITALIA: Come si lavora con i brand giovani e come li si aiuta in mondo saturo di proposte?
Lucio Di Rosa: Solitamente scelgo personalmente un brand, nel senso che mi occupo di scouting, oppure arrivano loro da me. Nel momento in cui lavori con un brand piccolo ovviamente devi ridimensionare tutto quello che vuoi chiedere al brand, non solo al livello economico ma anche di prodotto: può capitare che il brand ha una sola collezione o solo 8-9 vestiti e devi lavorare a marcia ridotta pur sempre garantendo un risultato super. Con i brand più piccoli bisogna cercare di lavorare sul loro modello di punta, ad esempio nel caso di Tallermarmo le piume, per loro sono un must negli abiti delle loro collezioni. Bisogna mirare ai personaggi che piacciono al brand e che so che per loro funziona, deve esserci fiducia perché con poco prodotto e poco budget non si va da nessuna parte. Ogni volta che ho un brand davanti devo prima capire se il prodotto ha un potenziale e poi se posizionarlo a Milano o Los Angeles, se vogliono avere il prodotto esposto. Bisogna sicuramente essere allineati perché spesso non si hanno le idee chiare, non si sa cosa si vuole, io ho una strategia e loro un’altra visione e se le due cose non si incontrano non si lavora bene Io studio molto prima, controllo quello che potrebbe diventare il brand e soprattutto dove voglio portarlo e chiedo sempre al cliente cosa vorrebbe fin dal primo incontro. Questo è il primo passo da fare. Molti clienti non si rendono conto del loro potenziale, di cosa c’è fuori e di cosa il brand può dare. C'è anche da dire che se c'è intesa, tutto è più semplice. Quando hai un rapporto così stretto con una designer come Donatella per 14 anni, basta un colpo d’occhio per capire che quell'idea sai che funziona e non hai bisogno di parlarne, questa cosa non ha prezzo, ma si costruisce con il tempo.
LOI: Chi sono i tuoi mentori, coloro che ti hanno insegnato quello che sai oggi?
LDR: Possiamo dire che la mia mentore è Donatella Versace. Io sono entrato a lavorare da Versace nel 2005 e ci sono stato fino al 2019. Sono entrato e mi occupavo dei servizi fotografici redazionali, per me lei era un’icona. E quando te la trovi davanti con la sigaretta ti prende un colpo. La prima volta che l’ho vista mi ha detto: “Lei è quello nuovo?” E dopo essersi presentata mi dice “lei da domani va in via Gesù, il primo esame sono gli Oscar. Se va bene siamo tutti contenti, se va male non si disturbi a tornare”. Mai fatto Oscar in vita mia, anche da Armani mi occupavo di redazionali. Donatella mi ha fatto soprattutto capire di non dire mai di no perché è la chiave per portare a casa il risultato. Bisogna avere una visione a lungo termine: agli Oscar punti su dieci donne e magari non ne vesti nessuna, oppure le vesti tutte. I vestiti devi sempre portarli all’ultimo perché più tempo lasci il vestito e più difetti trovano. Una volta che le celebrity erano truccate e pronte, arrivavo con l’abito e l’unica che persona del team ad accogliermi era la publicist che mi diceva che sarebbe andato tutto male per colpa mia che ero arrivato il ritardo. E poi bisogna sempre avere il piano B, avere dei vestiti in più per colpi di scena dell'ultimo minuto.
LOI: Quali sono le esperienze lavorative più importanti, quelle più divertenti che ricordi?
LDR: Esperienze di successo direi tutte, ho avuto molta fortuna. Tutti i vestiti di Versace e Dolce & Gabbana fatti su misura sono sempre stati indossati. Io per sicurezza facevo sempre due vestiti per evitare tutte le probabilità di errore: mando le foto, i campioni e i video però un conto è vedere 20 centimetri di tessuto e un altro è vedere un vestito intero. La realtà era entrambi gli abiti piacevano sempre e la celebrity era in difficoltà nel sceglierne uno. L’episodio più divertente è sicuramente con Lady Gaga per i MuchMusic Video Awards di Toronto nel 2011. Andiamo a Toronto e le avevamo preparato una tuta tutta ricamata, anche il palco era tutto foderato di foulard Verace e i ballerini indossavano abiti Versace. Il sarto aveva finito di lavorare alle 5 di mattina e arriva direttamente dalla sartoria all’aeroporto con la tuta. Io ero già li, e lo vedo arrivare senza borsa con il vestito dicendo che aveva già fatto check-in e aveva mandato tutto, cosa che io non faccio mai. Una volta avevo 93 abiti nelle valigie e le sarte erano così preoccupate che decisi di dirglielo, avevo detto loro che erano materiali di sartoria. Con la coda dell’occhio vedo la valigia sul nastro che va via, quindi partiamo fino a Londra e poi a Toronto. Arriviamo a Londra tiratissimi con la borsa a mano del sarto con dentro le borchie e la maglia di metallo, chiudono la porta e ci dicono che le valigie non ci sono. A me è preso un infarto. Arriviamo a Toronto e la sera ritorno in aeroporto e mi attacco ai telefono delle linee aeree ma nessuno mi risponde. All’Alitalia trovo una persona a cui dò il foglio dove avevo segnato tutto, lei lo legge e torna tutta sorridente dicendo che era una fan sfegatata di Lady Gaga e che mi avrebbe aiutato (adesso è una delle mie più care amiche). Mi dice che la valigia sarebbe arrivata il giorno dopo alle 12 così il giorno dopo vado in aeroporto già alle 8 e alle 11:30 mi porta dentro l’aeroplano, entro nel container, vedo la valigia, mi fiondo sopra ma il doganiere ci ferma, apre la valigia chiedendoci cosa fosse. Io gli dico che era per Lady Gaga e mi dice che avrei dovuto pagare la dogana ma dopo averlo convinto mi fa uscire alle 17 e arrivato in backstage nessuno si era reso conto di nulla. 24 ore di inferno.
LO: Se questo era stato un momento divertente, quali sono stati i momenti più difficili?
LDR: Una volta Donatella stava seguendo con Franca Sozzani (allora direttore di Vogue Italia) la moglie dell'ex presidente Renzi per l’ultima cena di stato americana degli Obama. Io nel frattempo avevo fatto realizzare un vestito in maglia di metallo rose gold, apposta per Michelle Obama con la Modimex, un’azienda di Firenze. Non avevo detto nulla a Donatella che era più focalizzata sulla first lady italiana e non avevo idea che la richiesta di Michelle fosse per la medesima cena. Mando il sarto di Versace a New York a fare il fitting per evitare che ci fossero problemi. Nel frattempo vado a Firenze per seguire la moglie di Renzi e dopo aver provato l’abito noto che non si era guardata allo specchio, questo è molto strano infatti dico a Donatella che secondo me avrebbe indossato un altro abito. Il giorno dopo scopro dallo staff della Obama che l’abito che le stavamo preparando era per la cena, lì mi è preso un colpo perché il rischio era che entrambe si potessero vestire Versace. Decido di tacere, arrivano i Renzi a Washington e nel frattempo dall'Italia vedevo le foto di Michelle e della moglie di Renzi intente a passeggiare. Mi agitava il pensiero che stessero conversando dei loro look per la cena. Sarebbe stato un vero imbarazzo. Alle 10:30 di sera arriva una chiamata di una persona dello staff di Renzi (inizialmente pensavo fosse uno scherzo di un amico) che mi informa non c’era garanzia che la moglie di Renzi indossasse l’abito, in caso volevano sapere cosa dichiarare e quante erano state le ore di lavoro per creare il look. Il disastro è dietro l'angolo, ma l'intuito dice di no. All’1 di notte vengono diffuse le foto della cena di stato, la moglie di Renzi non era vestita Versace ma bensì Ermanno Scervino. Donatella in linea da Los Angeles sul set della campagna pubblicitaria mi chiama arrabbiatissima, finché si accorge nel corso della telefonata che era Michelle in Versace. Non appena ha visto la foto ha iniziato ad esultare in chiamata e sentivo anche la gioia delle persone sul set. Era un abito incredibile e le stava benissimo.
LO: Oltre a Sharon Stone che ti ha spinto a lanciare il progetto di LDR22 c'è anche Angelina Jolie. Come si è costruito il rapporto negli anni?
LDR: Sempre con la fiducia maturata negli anni. Tutto con Angelina Jolie iniziò ai tempi di Versace, ricordo che io e le sarte siamo andati in Australia, lei stava girando il film “Unbroken” e le avevamo realizzato un vestito grigio. Appena lo ha visto lo ha escluso perchè per lei era lavanda. Lo abbiamo rifatto e per lei era ancora lavanda ma per fortuna avevo portato l’abito precedente così poteva vedere la differenza. Mi ha dato ragione, perché si era accorta che sul set guardava gli abiti sotto una luce al neon che distorceva le cromie. Un altro episodio è legato agli Oscar, dove dove indossare una abito in maglia metaliica oro, ma la sua stylist le dice che è troppo "gold". Quindi mi dicono che Angelina vuole vestirsi di nero e vorrebbe il vestito che le avevamo proposto in precedenza il punto è che non era pronto perchè non era stato selezionato. Il sarto in una notte era riuscito a preparalo e Angelina Jolie lo ha indossato con una quantità di spille incredibile. Donatella però non era molto felice dell’abito perchè non ricordava gli abiti Versace, eppure Angelina con quell'abito ha fatto la storia, specialmente per aver posato di fronte ai fotografi con la gamba protesa in avanti per dare risalto al profondo spacco e alla sensualità della silhouette.
Come si lavora a contatto con le grandi celebrity? Si stringono dei rapporti che vadano al di là di quelli lavorativi?
LDR: Io dico sempre che chi fa questo lavoro oggi è diverso da quello che facevo io quando ho iniziato, ci sono tremila sollecitazioni dall’esterno, tutti parlano ovunque. Quando lavoravo io le mail erano collegate al computer in ufficio quindi una volta che eri fuori non potevi vederle. Ricordo che prendevo la macchina e all’1 del mattino e andavo in ufficio per vedere le mail e controllare tutto, si facevano le cartelle colore, tessuti e ricami, mandavo bozzetti in ogni parte del mondo, la neve che bloccava i materiali, tutto più difficile. Piuttosto che le mail c’erano i fax, oppure prendevi l’aereo e andavi direttamente a parlare con le persone. Quei rapporti personali che crei sono rapporti che ti porti dietro per sempre. Oggi è molto più complesso: non ci sono più i rapporti di una volta. Noto che le stylist di adesso mi considerano un po’ vecchio o come la figura presente negli primi anni 2000, era un altro tipo di lavoro. Non è facile oggi con tutti gli input mediatici, serve molta cultura perché le persone in appuntamento per i fitting ti chiedo reference di look anni ’30, ’40, ’50 e devi essere preparato. Angelina Jolie ad esempio chiede inspirazioni anni ’40 e ’50 e le risposte sono da dare subito, perché se vedono che tentenni sei finito.
LO: Come riesci a proporre nuovi designer?
LDR: Perché c'è rispetto professionale. Si parte dal presupposto che se sono nello show-room di Los Angeles o Milano è perché sono già stati filtrati, controllati e scelti da me. In vent’anni di lavoro instauri rapporti di fiducia e le persone sanno che se ho questo brand è perchè è valido. Des Phammes è un brand che ho preso e portato negli Stati Uniti nonostante tutti dicessero di no e adesso parlano di Anne Hathaway che lo indossa. Nel giro di un mese ha vestito due volte Anne, Lupita Nyong’o, Gwen Stefani due volte di cui una a cantare per il presidente Biden. È un prodotto che funziona ed è per questo che ho insistito e l’ho portato oltreoceano. Stessa cosa ho fatto con Mach & Mach un duo georgiano che è partito grazie al successo delle calzature. Nel loro caso è stato un lavoro più ampio, perchè ci occupiamo di pr ma anche di contenuti e social media. Il brand produce in Italia ma nessuno lo sa: ho quindi fatto realizzare un video interamente sulla fabbrica, sulla lavorazione delle scarpe e sull’artigianalità. Adesso sta facendo un grande lavoro di riposizionamento per dare l’idea di un’azienda a 360°, che va ben oltre la scarpa con il fiocco, nel 2024 vedranno una grande esplosione con una linea di vestiti e accessori. Serve tanta psicologia, non puoi avere attitude, devi fare il tuo lavoro con umiltà.
LO: Fai anche matchmaking per le star? Se una star ti dice che ha bisogno di una stylist o hair stylist, riesci a consigliare il professionista adatto?
LDR: Succede nel caso degli stylist più che degli hair stylist. Talvota succede anche l’opposto, ovvero stylist che mi chiedono di lavorare con una determinata celebrity, mi adopero solo in caso non ci siano relazioni consolidate da danni, ma se la richiesta arriva da entrame le parti e c'è compatibilità perché no.
LO: I tuoi obiettivi futuri? Sogni ancora da realizzare?
LDR: Vorrei inserire in questi show-room arte di lifestyle, la parte che mi diverte di più. L’arte è stata inserita, queste case o show-room, come volgiamo chiamarle, comunque riflettono sempre il modo in cui vivo. Se vieni in casa mia è cosi, è un mondo che mi appartiene. La parte lifestyle per me è molto importante, vorrei espandermi anche in questa componente che fa parte dell’hospitality ed è nel mio DNA. Moda, design, arte in sé fanno tutte parte dell’arte del bello, dell’hospitality.