Musica

Piano City Milano con Elijah Fox

Piano City Milano, torna dal 19 al 21 maggio per un weekend di musica. Tantissimi i concerti e i musicisti che anche quest'anno hanno deciso di aderire, L'Officiel Italia ha incotnrato Elijah Fox, musicista e produttore, americano.

Nell'img: Elijahh Fox
Elijahh Fox

Dal 2011, Piano City Milano è il primo festival diffuso della città e contribuisce a renderla un polo congiunto, dove l'unica protagonista è la musica. Qui il programma. Pianisti emergenti, affermati o studenti, per tre giorni portano in scena la magia della musica al piano nel contesto urbano. Tra i musicisti di ques'tanno Elijah Fox, produttore e musicista americano based in L.A. Ha suonato e prodotto con ScHoolboy Q, Masego, Tom Misch, Denzel Curry, YG, Tate McCrae, Thutmose, Taylor Bennett, Felly, , Wifisfuneral,  Marie Dahlstrom. Ma anche per grandi nomi del panorama pop come Drake e 21 Savage con "Major Distribution" e Kali Uchis con "Blue". A Milano presenterà alcuni dei suoi pezzi di repertorio, e alcuni improvvisati, perchè per Eliijah la musica è passione, ma anche ossessione e sentimento. 

LO: Pronto per Piano City?
EF: Non vedo l'ora di suonare. Alcuni sono pezzi nuovi, altri improvvisati. Mi sono ispirato al pianista Keith Jarrod che suona senza scaletta, lasciandosi ispirare dal posto, dal pubblico e dal palco. Vorrei fare lo stesso: suonare per Milano, lasciando che mi ispiri lei stessa. 

LO: Quando hai iniziato a suonare?
EF: Mia nonna mi ha fatto avvicinare al piano, era un'insegnante di pianoforte classico, ed è stata la prima persona in assoluto che ho sentito suonare. Poi, quando avevo circa 12 anni, vidi un annuncio su un giornale locale che parlava di una jam jazz session, così chiesi a mia madre di portarmi. Lì ho incontrato il mio primo mentore Yussef Dayes, mi ha mostrato quante cose diverse si potessero fare al piano,e la musica è diventata la mia ossessione e che doveva diventare una carriera, anche se non sapevo ancora come sarebbe stato possibile…

LO: Cosa provi prima di salire sul palco?
EF: A volte mi sento eccitato, a volte nervoso, ma un nervosismo di chi ci tiene a fare una bella performance…

LO: Quali artisti ti hanno spirato?
EF: Mi piace la musica impressionista francese…Debussy e Camille Saint-Saëns. Per il piano invece: Art Tatum, Ahmad Jamal, Erin Garner, Erin Garner, Maurice Ravel, e ovviamente mia nonna! 

LO: E qualche musicista che hai incontrato? 
EF: Uno dei miei insegnanti del college era Sullivan Fortner, un pianista straordinario di New Orleans. Mi ha fatto capire che nella musica, non esiste una destinazione finale, e che possiamo solo continuare a studiare, praticare e andare sempre avanti. Era il mio insegnante, e (ancora) uno studente al tempo stesso. Questa sua curiosità è stata fonte di grande ispirazione. 

LO: Lavori mai sulla contaminazione di generi?
EF: Cerco di spingere nuovi tipi di musica, e di integrare il suono del piano a diversi effetti, o mixare la musica impressionistica con generi più attuali, così da non far sembrare il pianoforte “solo” uno strumento antico. 

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LO: Stai lavorando a un nuovo album?
EF: Uscirà in agosto ed è un album al piano. E molte delle canzoni che ho scritto si ispirano a degli scatti di famiglia ritrovati, scattati da mio nonno negli anni 60’.

LO: Possiamo considerarla una questione di famiglia?
EF: Il nonno delle foto scattate, è morto un paio di mesi fa…L’album è dedicato alla sua memoria e molte delle canzoni sono totalmente improvvisate, frutto di ricordi di quando ero bambino. Ricordo del tempo trascorso nella casa dei miei nonni in Canada, a fare lo sciroppo d’acero, con in sottofondo mia nonna al pianoforte mentre suonava Debussy o Ravel. E l’amore che provavano l’uno per l’altra…Ora lei ha l’ Alzheimer, e a volte dimentica che sia morto; quando chiede di lui, io inizio a suonare, lei canta e mi corregge le note se sbaglio. La sua memoria sembra perfettamdente intatta...

LO: È difficile lavorare sui ricordi personali? 
EF: È stato un modo di elaborare. Penso al pianoforte come a una forma di espressione libera. La maggior parte dei giorni mi sveglio, bevo una tazza di caffè e improvviso per circa 30 minuti prima di guardare il telefono e parlare con qualcuno. Per me è come un diario di suoni e sentimenti per ciò che non riesco a esprimere a voce. Ci sono così tante parole diverse per esprimere qualcosa, e a volte è difficile scegliere quelle giuste, nella musica invece non c’è limite di espressione; è un modo per elaborare il dolore, così come la mia vita in generale.

LO: Uno dei posti più speciali in cui hai suonato?
EF: Forse l’India, lo scorso dicembre. Ci sono sempre voluto andare, ed è stato davvero speciale, perchè è stato anche coinvolto un suonatore di sitar indiano. E tra i tanti altri posti, anche la Tunisia. 

LO: Cosa ascolti di più su Spotify?
EF: La mia canzone del momento è “dimeback" di Mc.gee. Ascolto parecchio anche Miles Davis, così come Kendrick Lamar.

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