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Forward & Backwards: Elle Fanning

La ex star bambina, Elle Fanning, si prepara ad affrontare ora una serie di ruoli impegnativi, dall'imperatrice Caterina a una presunta assassina via sms. 

Elle Fanning in cover indossa completo maschile stampato con polsini di piume fake e camicia, GUCCI; orecchino e anello, BEA BONGIASCA.
Elle Fanning in cover indossa completo maschile stampato con polsini di piume fake e camicia, GUCCI; orecchino e anello, BEA BONGIASCA.

Photography DANIELLE LEVITT
Styling ALISON EDMOND

Anche struccata, su Zoom, in un orario assurdo della mattina del suo giorno di pausa, Elle Fanning è davvero splendente, con l’ossatura delicata di una principessa Disney, ruolo che di fatto ha interpretato due volte (in “Maleficent” e “Maleficent II”). Parte del suo facile inserimento nel firmamento di Hollywood deriva dall’educazione ricevuta da una famiglia di atleti. E da sua sorella maggiore Dakota Fanning – anche lei una star bambina – con cui Elle Fanning ha iniziato a recitare interpretando la sua versione più giovane in “Mi chiamo Sam” e con cui ha di recente fondato una casa di produzione. «Forse è perché è cresciuta sui set cinematografici», dice lo sceneggiatore e premio Oscar Tony McNamara, nel cast di “The Great”, la storia in chiave fiction di Caterina la Grande di Russia visibile su Hulu. Una produzione per cui Elle Fanning ha reindossato lo scorso novembre i panni della protagonista. Ha buon occhio e grande istinto, «fa sembrare tutto semplice, ma è un ruolo difficile per un’attrice», dice McNamara della parte che richiede digressioni comiche, scene d’amore osé e la gestione di diversi corpi senza testa. McNamara definisce: «sbalorditiva» la sua gamma interpretativa. «Non c’è nulla che credo non possa fare nella sua carriera, se decide di volerlo. È un pacchetto completo». Parte del piacere di interpretare una iconica leader donna, sebbene in parte romanzata, per Fanning deriva dal fatto che Caterina la Grande non era: «Sempre la più coraggiosa o la più forte e credo sia stato questo aspetto ad attirarmi in prima battuta», dice. «Vedi queste storie femministe e sono tipo, “mettiamo sullo schermo una ragazza e lei è sempre coraggiosa”. La vita vera non è così, e questo tipo di approccio non dimostra che cos’è una donna. Possiamo essere noiose e possiamo sbagliarci. E sì, lei è potente, è grande e tante altre cose, ma deve imparare a dosare il tutto affinché diventi produttivo». In altre parole, deve crescere, qualcosa di cui Fanning sa due o tre cose. «Quando sei una attrice bambina, di solito rappresenti gli occhi di chi guarda, il centro morale della scena. Ti limiti a guardare accadere le cose», dice Fanning. Solo che adesso gli occhi sono tutti su di lei.

L’OFFICIEL ITALIA: Parliamo della seconda stagione di “The Great”, ma tu in questo momento ti trovi a Savannah per girare “The Girl from Plainville”, una serie di Hulu che racconta di un caso del 2015 in cui il tuo personaggio, Michelle Carter, era stata accusata di aver convinto il suo finanzato Conrad Roy a sucidarsi tramite degli sms. Come te la cavi con le interpretazioni drammatiche?
ELLE FANNING: È stato molto intenso. Non potrebbe essere più diverso da “The Great”, che pure è dark, ma è una satira. Eppure credo di avere sempre cercato di sorprendere le persone con le mie scelte e con i ruoli che interpreto. È una sfida. Nella mia famiglia tutti erano degli atleti, tutti. Mio padre era un giocatore professionista di basket, mia madre giocava a tennis ai tempi del college e mio nonno era un quarteback nella NFL. Penso di avere l’atleticità nel sangue, il modo in cui la mia famiglia vive la vita ha molto dell’approccio da atleta. Ci devi mettere lavoro e impegno. Sento che quando sto traballando sui “sto dando di matto”, oppure i “sono terrorizzata” per qualcosa, è il momento in cui do il meglio di me. È come se ti caricassi da sola prima di una gara. Sei come un cavallo da corsa, la pistola spara, tu parti a ti dici “Ok facciamolo!”, ci marcio su quella sensazione.


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Cappotto di tessuto a stampa animalier, MICHAEL KORS COLLECTION; mocassino, COACH; orecchino e anello, BEA BONGIASCA.

LOI: Raccontami di Lewellen Pictures, la nuova casa di produzione che hai creato insieme a Dakota. Ci sono dei progetti che vorreste in particolare modo realizzare insieme? Vi state concentrando su progetti al femminile?
EF: Con Lewellen Pictures – il nome è in onore della nostra cagnolina Lewellen scomparsa a 14 anni – sono felice di avere l’opportunità di produrre e leggere degli script, magari non per farne parte, ma solo per aiutare nella realizzazione. Siamo interessate a diversi punti di vista e vogliamo dare risalto a storie a cui non possiamo prendere parte. Abbiamo preso i diritti di un paio di libri. Ero così giovane sui set e vedevo tutte quelle persone fare film e ho sempre avuto la sensazione che: “Quello sarà il prossimo passo, un giorno lo farò, voglio essere una di loro!”. Vorrei tantissimo cimentarmi con la regia. Mi è capitato di lavorare con colleghi molto più grandi di me e non avevano mai lavorato con una regista donna finora. E io dicevo, “siete in ballo da così tanto e non vi è mai successo?” Di base il mio primo – non primo in assoluto, intendo il mio primo successo è stato “Somewhere”, a 11 anni, diretta da Sofia Coppola. Un piccolo film intimista nei toni, ma di fatto una grande produzione e di Sofia Coppola, una che fa solo pochissimi film. È stata una gran cosa ottenere quella parte, essere una delle “sue ragazze”, capisci. Ed era un set guidato da una donna! Era lei al comando. Vedere una cosa dei genere a 11 anni ti dà un certo imprinting, è lei a guidare e tutti la rispettano. Oggi vedere una donna in quella posizione non è inusuale. Ho iniziato con lei e ho lavorato con molte registe donne da allora.

LOI: Coppola ha il controllo assoluto su di un’estetica che unisce musica e cultura della moda... che ruolo ha la moda nella tua vita?
EF: Mi sono sentita libera di esprimermi attraverso i vestiti fin da quando ero più giovane, ho sperimentato stili differenti senza per forza limitarmi ai trend. Non amo le tendenze, le vedo e le cerco, ma non indosso qualcosa solo perché è di moda. Ho sempre avuto grande rispetto per gli abiti e per gli stilisti, credo che venga da mia madre, che è molto chic. Mi portava nei negozi di usato e mi lasciava usare delle bluse vittoriane per andare a scuola. E a 11 anni mi ritrovavo sui red carpet a domandarmi invevitabilmente, “cosa mi metto, come mi presento, cosa scelgo che rappresenti la mia interiorità ma che venga mostrato sul mio corpo? È un qualcosa che può cambiare di continuo, o per lo meno è in continuo cambiamento per me. Sono anche stata accolta dalla fashion community. Mentre la gente a scuola non rispettava i pantaloni di Opening Ceremony per Rodarte, proprio no.

LOI: Nemmeno a Los Angeles?
EF: Nemmeno a Los Angeles! Me li mettevo e dicevo: “Non sapete cosa sono!” e loro: “No e sono orrendi”. Però io lo sapevo e l’essere andata alle sfilate e aver conosciuto Kate e Laura di Rodarte, che mi avevano preso sotto la loro ala protettiva, non mi faceva sentire così in imbarazzo. Credo che avere il supporto del mondo della moda, il sentirsi validata da loro, sia quello che tutti vorremmo, ma ci sono giorni in cui ti senti tipo: “Oddio, forse dovrei solo indossare una T-shirt e dei jeans skinny? E perché dovrei?” E ci sono stati giorni in cui davvero l’ho fatto. I red carpet sono così funny per me, mi mancano! Passavo un sacco di tempo in cerca di ispirazione per trucco e hairstyle su blog, Tumblr, ovunque. Sono tutti sul mio computer, come centinaia di foto di Sylvie Vartan. Ultimamente faccio di continuo screenshot da Instagram, ho 70mila foto salvate sul mio telefono.

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Giacca e pantaloni di paillettes, camicia crop e mocassini di pelle, PRADA; orecchino, ANA KHOURI; anello, CARTIER.

"Ho un senso dell'umorismo decisamente dark e credo che la gente non conosca questa parte di me. Sconfino di molto nei meandri della stranezza"

Giaccone di shearling e pantaloni, COACH; anello, CARTIER.

LOI: Mi fa piacere che tu abbia menzionato i social media – di recente ho ascoltato One Click, il podcast che hai realizzato la primavera scorsa, dove parli dei pericoli della cultura della dieta e di come l’ online influisce sulle insicurezze delle persone. Penso al caso del DNP, il 2,4-Dinitrophenol un agente chimico usato per fabbricare esplosivi nelle fabbriche di munizioni durante la Prima Guerra Mondiale e ora venduto su internet come una pillola dimagrante con risultati davvero tremendi, anche letali.
EF: Non avevo mai fatto un podcast prima, l’ho narrato insieme a Jessica Wapner, l’autrice dell’articolo del gennaio 2020 da cui tutto è partito (“The Deadly Internet Diet Drug That Cooks People Alive,” pubblicato sul Daily Beast, ndr) e che ha realizzato tutte le interviste. Ho 23 anni e molte delle vittime avevano più o meno la mia età.

LOI: Abbiamo appena visto le talpe di Facebook parlare di studi che dimostrano quanto Instagram peggiori il rapporto con il proprio corpo nel caso delle teenagers.
EF: Lo so, chiunque avrebbe potuto dirlo. La cosa grave è che continuiamo a usarlo! Io sono su Instagram tutto il tempo e non è tutto terribile, c’è anche un lato divertente, però ti crea dipendenza e non sai distinguere ciò che è vero da ciò che non lo è. È folle come le persone modificano le loro facce. Il nasino, gli occhi da gatta, puoi passare il cursore e rendere le tue labbra più grandi o più piccole. E le ragazzine vedono la cosa del tipo: “Okay se hanno fatto un filtro perché la mia faccia diventi così, vuol dire che è quello l’ideale a cui tutti tendono. Perciò se non sei così, vai a farti una plastica. Non sono una che esagera col trucco o che usa filtri, preferisco sempre una bellezza naturale, ma se qualcuno vuole fare diversamente, va bene, devi sentirti bene nel mondo. È più importante smettere di fare paragoni, perché non sarai mai come quella persona che forse non è nemmeno così nella vita reale.


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Top e pantaloni, BURBERRY; orecchino, MELISSA KAYE; anello, BEA BONGIASCA.

LOI: Hai mai vissuto delle grandi trasformazioni per lo schermo?
EF: Ho cambiato molto i capelli. Sono stata castana, rossa, a volte rosa. Durante “Maleficent 2”, avevo una parrucca, mentre i miei capelli veri erano rosa. Quando indosso delle parrucche di solito mi tingo i capelli per divertimento. Per la seconda stagione di “The Great”, Caterina è incinta, perciò porto un pancione finto.

LOI: “The Great” è proprio forte, è smart e piccante, è davvero difficile smettere di guardarlo.
EF: Credo dipenda dal fatto che non è volgare, non è un umorismo cameratesco, è sofisticato. Non avevo mai letto una sceneggiatura così in vita mia! È molto nelle mie corde. Ho un senso dell’umorismo decisamente dark e credo che la gente non conosca questa parte di me. Sconfino di molto nei meandri della stranezza. Più è strano e meglio è. “Sei una freak!”, mi dice sempre mia sorella.

LOI: Davvero? Credo che molte sorelle se lo dicano a vicenda, ma tu sembri proprio l’antitesi di una weirdo.
EF: Sono una allegra, sorridente e molto estroversa – sono un’Ariete qualunque cosa significhi – ma amo davvero le cose oscure, contorte. Ho visto il film di Yorgos Lanthimos, “Dogtooth” alle superiori ed era il mio preferito. Pensavo che se avessi potuto essere in un film come quello, il mio sogno si sarebbe avverato. E non è nemmeno per via delle atmosfere dark, è l’aspetto psicologico. Odio i cliché, certo i cliché sono cliché perché funzionano, ma più riesci a fare le cose strambe e meglio è. In quello che McNamara ha creato per “The Great” ho visto così tante opportunità di poter fare delle cose pazze e misteriose.


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Blazer e abito stampato, LOUIS VUITTON; boots, JIMMY CHOO; orecchino, MELISSA KAYE; anello, CARTIER.
Giacca smanicata gold in shearling e top DIOR, Anello BEA BONGIASCA

LOI: Qual è l’aspetto più interessante di Caterina in questa stagione?
EF: Caterina entra in scena come una outsider, vedi tutta quella follia attraverso i suoi occhi, ma nella seconda stagione non è più al di fuori, è al top, ha il potere e una volta che hai il potere, cosa fai? Capisci che devi diventare un po’ spietata. Anche la relazione con Pietro III (interpretato dall’attore Nicholas Hoult, ndr) è così complicata e credo sia per via di Nick. Interpreta un personaggio tremendo che dovresti odiare, ma è così affascinante che lo ami. Sa trovare il giusto equilibrio.

LOI: Tra te e Nicholas Hoult c’è molta chimica.
EF: Credo che siamo molto simili, nel nostro background e la traiettoria delle nostre carriere. Anche lui era un attore bambino in “About a Boy”, ed entrambi ci approcciamo alla recitazione nello stesso modo. Insieme abbiamo quel livello di comfort e non sempre capita! Abbiamo qualcosa di speciale tipo Emma Stone e Ryan Gosling.

LOI: Sei stata una principessa Disney in “Maleficent”, un’imperatrice in “The Great”, un’assassina condannata in “The Girl from Plainville” e ho appena sentito che interpreterai la parte di Ali MacGraw in “Francis and the Godfather”... C’è ancora un ruolo per cui faresti di tutto?
EF: Credo che vorrei essere una persona reale, non mi è capitato molto spesso ma ci sto prendendo gusto. Mi diverte molto emulare una persona di cui ci sono video di come parla, come si muove. Mi attrae: è un equilibrio delicato... non vuoi essere una caricatura e non puoi preoccuparti se non sei proprio identica e non parli esattamente nello stesso modo. Non puoi pensarci troppo, devi averlo in mente, ma devi lasciar andare quel pensiero per giocare semplicemente con la verità. Sogno di interpretare Grace Kelly, ma dovrei essere più vecchia.

Giacca, top, pantaloni, e scarpe STELLA McCARTNEY Anelli CARTIER Ear cuff MELISSA KAYE

"Penso di avere l'atleticità nel sangue, il modo in cui la mia famiglia vive la vita ha molto dell'approccio da atleta. Ci devi mettere tanto lavoro e impegno" 

Giacca e pantaloni di pelle metallizzata e t-shirt stampata, DIOR; anelli, MELISSA KAYE; mules, CHRISTIAN LOUBOUTIN.
Top bustier di velluto e gonna, LOEWE; orecchino, MELISSA KAYE; anello, BEA BONGIASCA.

HAIR Laini Reeves
MAKE UP Kara Yoshimoto Bua using L'ORÉAL PARIS
MANICURE Jolene Brodeur
PRODUCTION Carisa Barah @ LOLA
DIGITAL TECH Maria Noble
SET DESIGN James Rene
PHOTO ASSISTANTS Sepehr Zamani, David Adrill e Jayson Palacio
PRODUCTION ASSISTANTS Jordan Xidas e Robbie Brockel
SET ASSISTANT Ryan J. Elliott
STYLING ASSISTANT Fernando Pichardo

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