Pilati is back: la nostra intervista al creativo italiano
In un'intervista esclusiva e anteprima del nostro numero 33 de L'Officiel Hommes Italia, il maestro indiscusso dell'eleganza, Stefano Pilati, si racconta. In questo numero speciale, Pilati condivide la sua visione e la sua esperienza, mentre torna alla ribalta con una capsule collection per Zara e il grande rilancio del suo brand Random Identities.
Allergico agli schemi. Coraggioso al punto di uscire dal giro grosso delle maison che a lungo ha frequentato per creare il suo brand indipendente, Random Identities lanciato nel 2017. E quando nessuno se l’aspettava rieccolo alla ribalta con una capsule collection per Zara al debutto proprio in questi giorni negli store del marchio spagnolo con una trentina di look uomo e donna accompagnati da accessori, scarpe e pelletteria. Oltre a un grande progetto di rilancio legato alla sua etichetta, che vede l’arrivo di un nuovo socio, Mario Grauso, veterano del retail fashion che diventerà anche amministratore delegato. Lui è Stefano Pilati, milanese classe 1965, una carriera iniziata come stagista da Nino Cerruti e proseguita da Giorgio Armani e Miu Miu, per arrivare da in Yves Saint Laurent nel 2002 e nel 2004 succedere a Tom Ford nella direzione creativa della maison francese fino al 2012, quando ha preso il comando stilistico di Agnona ed Ermenegildo Zegna Couture da cui è uscito nel 2016.
Master of elegance indiscusso, uno degli ormai rari designer capace di confrontarsi con le costruzioni, i tagli, le lavorazioni del sartoriale, Pilati è riuscito nell’intento di sfilarsi dalle esasperazioni del fashion business senza finire nel dimenticatoio, anzi. Pharrell Williams l’ha voluto tra i modelli in passerella per il suo debutto come direttore artistico del menswear di Louis Vuitton, mentre nel novembre scorso era stato il primo protagonista di Friends of Fendi, il concept messo a punto da Silvia Venturini Fendi e Kim Jones per collaborare con creativi vicini alla maison (Jones è un suo grande ammiratore).
Pilati ha posto un’unica condizione per questa intervista, non parlare delle maison per cui ha lavorato nel passato. Preferisce riservare al suo account Instagram immagini, aneddoti e ricordi di quell’epoca, perché lui per indole è proiettato in avanti
L'OFFICIEL HOMMES ITALIA: Che rapporto hai con la moda a questo punto della tua carriera? E come si è evoluto nel tempo?
STEFANO PILATI: Mi sono sempre confrontato in modo estremamente personale, solitario, e lo stesso vale tuttora. Di sicuro oggi mi sento più scettico nei suoi riguardi e compromesso da un cinismo di fatto.
LOHI: Come giudichi l’attuale contesto del fashion system? C’è qualcosa che cambieresti/cancelleresti/introdurresti se ne avessi la possibilità?
SP: Farei una campagna contro il consumismo e l’ipocrisia capitalistica. Soffro la massa di cattivo gusto che ha inquinato il valore sociologico della moda come me l’hanno insegnata e come ho imparato ad amarla. \
LOHI: Hai un primo ricordo di te legato alla moda? Cosa ti aveva attratto di questo mondo?
SP: L’importanza dell’apparire per potersi esprimere e definire, in altre parole, il conoscersi intimamente e rispettarsi. Naturalmente all’epoca non processavo la mia esistenza quanto lo faccio ora, ma fin dalla giovanissima età mi sono riconosciuto, oggi come allora.
LOHI: Se potessi incontrare lo Stefano Pilati degli esordi, cosa gli diresti?
SP: Di abbandonare la moda per vivere d’arte, come avrei voluto fare da sempre.
LOHI: Il tuo è un percorso all’insegna di eleganza, coraggio e coerenza. Qual è la dote che ti ha permesso di far emergere il tuo talento?
SP: Il talento ho cercato di apprenderlo, di approfondirlo, di non limitarlo. Ho esplorato la mia creatività senza limiti, senza ruoli ai quali ambire e mi sono abbandonato al privilegio di imparare qualcosa di appassionante. Il non definirmi talentuoso o dotato ha contribuito a darmi un senso di libertà creativa e, di conseguenza, spirituale.
LOHI: Come alimenti oggi la tua creatività?
SP: Con la curiosità.
LOHI: Qual è il più grande insegnamento che hai ricevuto dalla moda? E che cosa, invece, pensi di avere dato?
SP: Ho imparato tutto da autodidatta. La moda è stata ed è parte della mia vita, del mio modo di essere. Oggi più che mai vorrei condividere il valore che do al concetto di stile più che di tendenza. Credo che il mio lavoro si sia basato e sia stato percepito proprio su questo presupposto.
LOHI: Il settore sta attraversando un momento di grande incertezza: secondo te cosa cercheranno sempre di più le persone nel fashion?
SP: La moda è segnale e termometro del tempo in cui si crea: l’incertezza è ovunque e di conseguenza la moda è stagnante e preformata. In questo senso la mia moda è sicuramente in contro-tendenza.
LOHI: Come sta evolvendo il tuo progetto Random Identities?
SP: La verità è che l’impossibilità iniziale di adottare il business model che avevo messo a punto per il marchio ha rallentato il suo sviluppo. In più la pandemia con tutte le sue conseguenze mi ha costretto ad aderire a dei classici format produttivi e distributivi.
Alcune immagini dal lookbook della collab 'Stefano Pilati x Zara' con la modella Gisele Bündchen
«Abbandonare la moda per vivere d’arte, come avrei voluto fare da sempre».
LOHI: Quanto di quella visione iniziale senti di avere concretizzato?
SP: Il concetto di moda versatile e trasversale, con un posizionamento unico sul mercato è di certo quello che sono riuscito a imporre sin dalle prime produzioni. Nel frattempo molti marchi si sono ispirati a questo mio concept.
LOHI: Qual è il messaggio ultimo del tuo lavoro attuale?
SP: Indipendenza, in tutti i sensi, anche quello creativo e filosofico.
LOHI: Quanto contano i vestiti nella tua vita di tutti i giorni? Li scegli con cura? Ti emozionano quando li indossi?
SP: Contano quanto conta rimanere in contatto con me stesso e mantenermi grato del fatto che in fondo mi diverto tantissimo, anche quando sono triste.
LOHI: Ti sei mai pentito di qualche tua scelta professionale?
SP: Pentito no. Arrabbiato, forse. Deluso, spesso.
LOHI: Accetteresti la direzione artistica di una grande maison oggi?
SP: Detesto la politica degli altri e mi piace dettare la mia, quindi la risposta è no.
LOHI: Qual è la tua più grande fonte di soddisfazione? E la tua paura?
SP: Sono soddisfatto a livello affettivo e per la saggezza che il tempo mi ha donato. Non sono mai abbastanza soddisfatto del mio lavoro e ho molta paura dell’autocelebrazione, perché la consideroestremamente volgare. Il che non significa disconoscere il mio passato e l’autorità che mi sono costruito in un campo in cui lavoro da quarant’anni.
LOHI: Come ti definisci oggi?
SP: Maturo, senza aver voglia di crescere, come sempre del resto.
LOHI: Durante la tua carriera hai vissuto momenti di grande popolarità, non ti mancano le attenzioni del grande pubblico?
SP: A volte sì, a volte no. Rispondere a questa domanda mi lascia indifferente, il che mi fa pensare che sia questo il mio stato attuale nei confronti della notorietà.
LOHI: Qual è il desiderio che vorresti realizzare?
SP: Mi ritengo felicemente in grado di non poterne indicare solo uno, ne ho ancora molti.
LOHI: C’è un suggerimento che daresti alle nuove leve di creativi?
SP: Come prima cosa, direi loro di imparare il mestiere e poi di non aspettarsi per forza il successo, ma di considerare un successo il poter lavorare nel settore che amano. È imporante essere felici delle proprie scelte e coltivarle onestamente.
LOHI: È vero che la moda con la M maiuscola è morta e non ritornerà?
SP: Io continuo a crederci, anche se dovrei rispondere che sono d’accordo con questa affermazione.