Interviste

“ECCOMI” – PATTY PRAVO

«Volevo un disco bello, che raccontasse delle storie nelle quali la gente potesse ritrovarsi»
patty pravo interviste
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Qualcosa di strano accade quando si ascolta “Eccomi” per la prima volta, magari da soli, in casa, dal primo all’ultimo brano: con ogni singola canzone la voce di Patty Pravo sembra raccontare un pezzo della vita di ciascuno, una porzione delle storie di ognuno. Ed è strano trovarsi lì, gli anni trascorsi alle spalle, ad ascoltare una donna che canta esperienze, toccando inconsapevolmente corde che tornano a vibrare.

«Volevo un disco bello, che raccontasse delle storie nelle quali la gente potesse ritrovarsi»

Ne parla con una punta di orgoglio, perché la costruzione di quest’ultimo lavoro è stata lunga. Oltre settecento i brani proposti a una straordinaria interprete che, tuttavia, ha scelto con cura l’equilibrio fra tradizione e innovazione.

«Oltre ad avere pezzi che arrivavano direttamente da autori importanti, ho voluto aprire tramite i social ai cantautori meno conosciuti e così sono venuti fuori i brani Un uomo semplice, Se chiudo gli occhi e Nuvole. Scelgo sempre in base a quello che mi piace cantare, che mi arriva, pensando che se una canzone la sento io sia più facile comunicarla e farla apprezzare»

Le collaborazioni strette per produrre “Eccomi” non possono che definirsi eccellenti: gli Autori dei brani sembrano essere i membri di una grande famiglia, ciascuno con il suo stile (spesso riconoscibile al primissimo ascolto) e con il suo percorso artistico. Eppure, vien da chiedersi quali possano essere le difficoltà che si incontrano nell’affrontare delle emozioni così intime. Come si riallacciano le storie raccontate da Tiziano Ferro, Gianna Nannini, Zibba, Giuliano Sangiorgi (per citarne solo alcuni) al personale vissuto di chi le interpreta?

«Non c’è niente di meglio che interpretare canzoni belle. Alcune mi rappresentano molto, come quella di Zibba, Qualche cosa di diverso, che definisco la fotografia della mia anima, altre meno, ma è proprio interpretandole che diventano mie»

E cinquant’anni di carriera fanno sentire il peso dell’esperienza.
Anni di vita vissuta tra i Mostri Sacri della Cultura e dell’Arte: a casa di Peggy Guggenheim dove spesso si trova a fare i compiti da ragazzina; il tempo libero trascorso con gli artisti della Biennale; le passeggiate e i gelati in compagnia di un anziano e saggio signore che poi scoprirà essere Ezra Pound; le interpretazioni di canzoni raffinate, brani dei Beatles, di Jacques Brel, Leo Ferré, Vinicius De Moraes e Neil Diamond.

“La valigia blu / Non l’ho certo dimenticata / La porto via con me”. Una favola romantica e stralunata. Ma cosa rappresenta questa valigia? E cosa contiene o conterrebbe, oggi?

«Contiene sempre le stesse cose, entusiasmo, divertimento, voglia di cantare soprattutto dal vivo!»

E dopo oltre trenta date nei teatri di tutta Italia, da nord a sud, la voglia di cantare dal vivo non si affievolisce ancora: l’11 settembre prossimo Patty Pravo sarà al Carroponte di Sesto San Giovanni, in provincia di Milano, insieme a Michele Lombardi (tastiere e piano), Lucio Fasino (basso), Andrea Fontana (batteria), Stefano Cerisioli e Ivan Geronazzo (chitarre) e Gabriele Bolognesi (fiati).
Sul palco ci saranno anche due ospiti speciali: Rachele Bastreghi e Zibba (autori rispettivamente di brani Ci rivedremo poi e Qualche cosa di diverso), che duetteranno nella data conclusiva di una tournée che racconta ancora una volta trasgressioni e pazzie di vita, mentre piccoli scandali sulla cantante fioriscono sui social (da ultimo, una foto in topless pubblicata sul suo profilo Instagram):

«Io non mi sono mai sentita una che ha trasgredito. Mi sento una libera di fare quello che vuole, anche la foto in topless è stata fatta per gioco, me l’hanno scattata, mi è piaciuta e l’ho postata, ma non per trasgredire, per essere libera di farla»

La libertà di giocare con sé stessa, con gli abiti, con i capelli, con la propria immagine.

«A tutti gli stilisti con i quali ho lavorato, da Versace, a Gigli, a Cavalli, e anche adesso con Gianluca Saitto, dico sempre cosa voglio. Ovviamente, non snaturo il loro stile, però ci metto del mio. Con Gianluca, in particolare, che è emergente, ci scambiamo opinioni e l’abito nasce per l’occasione, a Sanremo o per i concerti… Diciamo che l’abito segue la canzone, è il pezzo che mi suggerisce come vestirmi e di conseguenza anche l’acconciatura»

Su temi di strettissima attualità le idee son chiare: il video del brano Cieli immensi, presentato durante l’ultima edizione del Festival di Sanremo, mostra – tra i protagonisti – anche una coppia di ragazzi che si stringono la mano guardandosi negli occhi. C’è chi ha visto una coppia gay, c’è chi vede due fratelli (ma sempre di amore si tratta). Il sostegno alla comunità LGBT non è mai venuto meno da parte sua (lo ha ricordato anche indossando un braccialetto rainbow sul palco del Festival):

«È un argomento che necessita approfondimento e la risposta non può stare in poche righe…In Italia siamo ancora molto indietro, però qualcosa è stato fatto. Non distruggiamolo dicendo che è poco, pretendiamo piuttosto che migliori costantemente. E aggiungo che l’amore deve vincere su tutto, ed avere la possibilità di scelta, vale anche per le coppie etero che decidono di non sposarsi, bisogna rispettare, migliorare e regolamentare i diritti di tutti, partendo dall’amore»

… e non sfugge l’occasione per un salto nel passato recente.
Era il 2009 quando E io verrò un giorno là venne presentato a Sanremo: una canzone che ha attirato la curiosità di molti, che smuoveva qualcosa in ciascuno senza che se ne comprendesse bene il perché. La curiosità aumenta nel sapere cosa volesse dire, cosa volesse dirci:

«E io verrò un giorno là è stata letta in tanti modi, c’è chi ci ha visto una storia di eutanasia.
Io sono felice che una canzone abbia letture diverse in base a chi ascolta»

Nell’ascoltare “Ed io verrò / Un giorno là / Ci daremo la mano”, vengono alla mente le parole del Don Giovanni di Mozart, se si è noncuranti del testo, della storia, quasi in un cortocircuito di associazione mentale. Amore per il teatro?

«Credo che un’interprete sia una attrice anche se non ha rapporti diretti con il teatro: la teatralità e la recitazione sono dentro di me. L’amore muove il mondo».
 

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