#TalkingWith Francesca Michielin
FEAT (STATO DI NATURA) è il nuovo disco di Francesca Michielin per Sony Music. Un lavoro dalle sonorità molto diverse, in grado di rappresentare le tante anime musicali che l’artista ha in sé e che ha scelto di raccontarci in questa intervista.
La tua nuova release, FEAT, racchiude anime musicali differenti che spaziano dal rap al pop, dalla dance all’hip-hop all’italiana persino. Possiamo considerarlo il tuo disco del cambiamento?
FEAT (STATO DI NATURA) rappresenta un album rivoluzionario per me perché dopo anni di pop elettronico ho voluto realizzare un progetto più eterogeneo. Nel disco interpreto i concetti di natura e di “urban” non soltanto attraverso i testi, ma anche con le sonorità. La natura è rappresentata da tutta la musica che ascoltavo da adolescente tra la fine degli anni novanta e primi duemila, quindi RNB e Crossover, mentre l’“urban” rispecchia il presente, la fluidità di linguaggio della musica di oggi, con un lirismo recitato e rappato. Questa contaminazione sonora crea qualcosa di completamente nuovo.
Cosa intendi quando parli di scontro tra mondi: città vs natura?
Essendo nata a Bassano del Grappa arrivo da un contesto bucolico, che per me ha sempre rappresentato un rifugio. Crescendo ho iniziato a frequentare e vivere Milano, con le sue dinamiche completamente diverse. Ho cercato di celebrare questa diversità con un disco in bilico tra due mondi.
I brani “Monolocale” feat. Fabri Fibra e “Riserva Naturale” feat. Coma_Cose mi hanno incuriosito più di tutti. Come sono nati?
Ho scritto “Monolocale” quasi tre anni e mezzo fa, l’ho proposto a Fibra perché ritengo che sia tra i più grandi artisti italiani contemporanei. Il suo essere rapper, ma con una grande profondità, ha conferito al pezzo una prospettiva unica. I Coma_Cose li ho ascoltati tanto perché il mio monolocale milanese al tempo era in Porta Ticinese e in quel periodo avevano rilasciato un EP intitolato “Inverno Ticinese”. L’ho consumato.
Il pezzo con i Måneskin invece l’hai scritto da sola, sia la musica che il testo. Rappresenta un messaggio contro la violenza verbale. Scaturisce da una tua esperienza personale?
Arriva dalla mia esperienza come essere umano. Sin da piccola ho visto la realtà trasformarsi in maniera strana. È come se ci fossimo dimenticati progressivamente delle cose che ci rendono umani, come le parole. Questo uso sempre improprio delle parole, che diventano armi di prevaricazione, mi ha molto colpito soprattutto a livello di comunicazione social e mediatica in generale. Quindi ho scritto “Stato di Natura” e ho invitato i Måneskin a farne parte per la loro credibilità rock. Nella seconda parte del brano parlo anche di femminismo, ma con la partecipazione di un uomo, Damiano.
Durante un tuo recente live a Milano hai dichiarato di aver mescolato tra loro tanti generi diversi perché la diversità è ricchezza. Non parli di una diversità soltanto artistica suppongo…
Attraverso un contenuto strutturato, come può essere un arrangiamento sonoro, si può esprimere qualcosa di più profondo. Ho sempre amato parlare di diversità – l’ho fatto in “Nessun grado di separazione” e in “Bolivia” ad esempio – perché come artista voglio promuovere determinati messaggi e atteggiamenti nei confronti dell’altro.
Sul palco dei tuoi ultimi live, compreso Sanremo, ti abbiamo visto indossare completi di Stella McCartney. Anche le tue scelte stilistiche vanno in una certa direzione?
Seguo Stella McCartney da tempo. Ho sempre trovato in lei una sensibilità capace di prescindere dall’estetica con campagne a favore dell’ambiente e delle donne. Mi ha vestito in molte occasioni importanti e rappresenta il mio fiore all’occhiello perché il mio look rispecchia la mia sensibilità.