IL PRIMO marmo: l'intervista a Samuele Brianza
Samuele Brianza, architetto e designer, ha sviluppato un sistema di arredo modulare votato alla vita multi-tasking dei complementi di design.
Foto Omar Sartor
Styling Alessandra Faja
Architetto e interior designer Samuele Brianza progetta incrociando il valore dell’architettura con la conoscenza dei materiali nelle loro peculiarità tattili, visive e costruttive pensate per ambienti moderni popolati, per lo più, di oggetti e pezzi d'arredo poliedrici, come quello da lui creato: Primo. Laureato al Politecnico di Milano alla scuola di Vittorio Gregotti, Sergio Crotti e Roberto Spagnolo, inserito ad aprile 2021 nella lista di AD100 tra gli architetti che contano, Samuele ha lavorato per grandi nomi del design e della moda.
OFFICIEL ITALIA: Hai lavorato per tanti anni a New York, ora che sei tornato a Milano quali progetti stai seguendo?
SAMUELE BRIANZA: Sono ancora residente negli Stati Uniti quindi divido la mia vita e il mio lavoro tra Milano e gli States dove torno spesso. Negli anni ho lavorato a grossi progetti per maison come Louis Vuitton e Bulgari. Qui a Milano il settore residenziale é in pieno fermento e sto lavorando su diversi progetti per clienti privati; collaboro inoltre con Eco-Contract un'azienda leader nel settore di forniture per interior, dove mi occupo delle relazioni con il settore retail e nello specifico dei clienti moda. Concretamente sto ultimando una ristrutturazione a Parigi, lavorando su diversi appartamenti a Milano e disegnando una seconda linea di product design.
LOI: Cosa porti con te dell’esperienza americana?
SB: La loro bravura nel raccontare i progetti e i prodotti, spesso lo storytelling é più interessante del prodotto. La fetta più colta di architetti e decoratori newyorkesi si rifà molto al design italiano in particolare a maestri come Scarpa, Bellini, Mangiarotti e Albini. Il mio grande vantaggio é stata la formazione milanese e l'essere entrato in contatto con questi riferimenti in maniera naturale. In più penso che l'accento italiano mi abbia aiutato. Se a New York capiscono che sei italiano é tutto più facile: ci adorano.
LOI: Qual é stato il tuo primissimo lavoro come interior designer?
SB: E stato progettare il 2° piano della Rinascente di Milano sotto la guida dello Studio Dordoni. Ne sono tutt’ora orgoglioso.
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LOI: E' vero che hai dovuto fare ben sette colloqui per entrare alla corte di Re Giorgio?
SB: Confermo: cinque colloqui con l'azienda e due con il Signor Armani che quando finimmo mi freddò con uno sguardo tagliente e mi disse: “Vedi di fare bene che ho bisogno di persone sveglie io!” Da quel momento in poi sono iniziati sette anni di intensissimo lavoro ma di grande crescita ed estrema soddisfazione. E poi le riunioni supersoniche e adrenaliniche con il Signor Armani ti fanno sembrare tutto il resto in discesa.
LOI: Come é stato lavorare per Diane Von Fürstenberg?
SB: I primi mesi lavoravo sempre fino a tardi; se Diane era in città ci si vedeva nella sua penthouse a fine giornata a chiacchierare di lavoro, politica vita privata. Diane é una donna fantastica, eclettica, estremamente colta con una collezione d’arte e di pezzi di design incredibile. Mi ha accolto a New York come una seconda madre. Mi ha sempre detto: “We are immigrants, we have to help each other”. Oggi continuo a collaborare con Diane come consulente e ci lega un rapporto di amicizia a me molto caro.
LOI: Come nasce il progetto Primo?
SB: Primo é un sistema d’arredo modulare realizzato artigianalmente in marmo Paonazzo, trasformabile in consolle, tavolino da cocktail, comodino o totem. Ho sempre amato il marmo, é il mio materiale preferito e sono anche ossessionato dalla modularità e dai componenti. L'anno scorso durante il lockdown, stavo facendo molte ricerche e abbozzando idee mentre disegnavo i mobili per l'appartamento di un cliente: avevamo bisogno di una console da ingresso, un tavolino da caffé e un comodino. Adoro acquistare mobili d’antiquariato o alle aste, ma adoro anche progettare i pezzi da zero. A causa delle chiusure non potevamo fare acquisti, quindi mi è venuta l’idea di un mobile che potesse trasformarsi per lasciare aperte le nostre opzioni.
LOI: Credi nell’idea che il design possa essere sostenibile?
SB: Mi imbatto sempre più in aziende attente a identificare i loro prodotti e processi produttivi attraverso certificati di sostenibilità. La certificazione più affidabile é la C2C (Cradle to Cradle) che certifica i progetti nei quali il processo industriale si adatta a quello naturale e non viceversa. Recentemente via Eco-Contract sto introducendo nei miei progetti tappeti 100% riciclati e riciclabili, che hanno un effetto viscosa e il vantaggio di essere pit facili da pulire. Anche Primo é un esempio di design responsabile. Viene tornito da piccoli blocchi di marmo che giacciono dimenticati da anni nei depositi delle cave. Per questo mi piace pensare di dare vita a qualcosa di nuovo a partire da qualcosa che era stato scartato.