#Art: intervista con Tony Gum
Ti sei trovata nel mondo dell’arte mentre eri ancora una studentessa di cinema: come è successo?
Sono entrata in questo mondo abbastanza presto e tutto è avvenuto con tale naturalezza da indurmi a credere che ci sia stato lo zampino di una forza divina. Inoltre, sono giunta a questo punto non solo grazie al mio lavoro, ma anche agli sforzi dei miei genitori e della comunità da cui provengo: tutti mi hanno incoraggiata e hanno fatto in modo che una ragazza nera riuscisse nel suo intento.
Attualmente hai una residenza artistica presso The Fountainhead, a Miami. È una città adatta al lavoro creativo?
Nelle ultime settimane Miami mi ha ispirato molto. Mi ricorda casa mia e Città del Capo, soprattutto per i paesaggi naturali - con quella vegetazione lussureggiante e l’oceano. Il progetto a cui sto lavorando riguarda il rapporto tra me e il mio gatto; si tratta di una ricerca approfondita su questa relazione e sul dolore che comporta, la sofferenza che proviamo in quanto esseri umani. Sto cercando di sperimentare e di uscire dalla mia “comfort zone”, la fotografia. Mi impongo la sfida di lavorare con mezzi diversi, ma sempre secondo il mio imperativo personale: imparare e scoprire continuamente.
Hai venticinque anni. Sei orgogliosa di essere diventata un modello per le giovani artiste sudafricane?
Significa molto per me. Quando sono diventata un po’ più grande mi sono trasferita da Langa alla periferia residenziale di Pinelands e il mio stile di vita, la mia psiche e i miei pensieri di ragazza nera all’epoca erano estremamente caotici. Lavorare con i giovani è particolarmente importante per me: l’organizzazione Lalela, ad esempio, aiuta i bambini in situazioni precarie a trovare attività, a sviluppare il loro spirito d’iniziativa e il loro lato artistico. Abbiamo tutti una voce specifica e una storia da raccontare ed è importante incoraggiare i bambini in questo senso fin dalla tenera età».
Qual è il tuo rapporto con i social network?
La mia carriera artistica è iniziata sui social network. Ho postato molte immagini su Instagram, ad esempio “Black Coca-Cola”, un autoritratto del 2014. La possibilità di interagire con il mondo intero era molto importante per me. Questi strumenti facilitano l’esplorazione della scena artistica, la comunicazione, la ricerca di risorse e il networking. In questo modo, collaborare con altre persone diventa facile. Mi piace anche disconnettermi nel tempo libero, anche se può essere rischioso. Gli artisti devono saper utilizzare spazi virtuali e piattaforme in modo responsabile, perché rappresentano il futuro e il presente. Sono strumenti fondamentali per comunicare con le persone.
Fai spesso riferimenti a Frida Kahlo, perché?
Avevo quindici anni quando ho visto per la prima volta i suoi quadri; inizialmente sono rimasta colpita dal suo carisma e dal suo fisico e poi ho apprezzato quella forza pazzesca che emanava come donna. Il modo in cui rivendica la propria cultura mi ha segnata profondamente. Considerando l’epoca e il contesto in cui ha vissuto, le sue opere sono radicali. Un giorno ha preso in mano un pennello e ha detto: “Dipingerò me stessa perché è ciò che conosco meglio”. Apprezzo molto il fatto che si sia fatta carico della propria vulnerabilità e che sia riuscita a raccontare la sua storia in maniera consapevole. Bisogna essere in grado di condividere l’intimo, gli angoli più reconditi del proprio inconscio, i dettagli della propria vita - anche se non sempre risulta elegante, pulito e piacevole.
Qual è la tua più grande aspirazione?
Tornare alle mie radici. L’anno scorso ho affrontato molte difficoltà. Mi sono resa conto che dovevo ridurre tutto ciò su cui stavo lavorando, che dovevo concentrarmi completamente su me stessa. Questo ha cambiato la mia prospettiva, le mie ambizioni rispetto alla carriera, alla mia vita e al futuro. Voglio assicurarmi di essere veramente felice perché, in fin dei conti, se non sei soddisfatto, se ti privi dei “nutrimenti” necessari per la psiche, tutto questo non ha importanza.
Foto di Joshua Aronson
Styling di Mumbi O’Brien