"Venetian Love" in mostra alla Fondation Valmont
passione per lʼarte al Dna: tra i suoi antenati ci sono lo scultore e storico dellʼarte Stanislas Lami e lo scultore ed egittologo Alphonse Lami, figlio di un figlio illegittimo di Francesco Borghese, generale di Napoleone, fratello di Camillo (il marito di Paolina Bonaparte, la Venere del Canova) e grande mecenate. Lʼepisodio scatenante è stato però una mostra di Francis Bacon, che il padre gli ha fatto conoscere a diciotto anni. Catalizzatore della scena artistica tramite le esibizioni della Fondation Valmont e artista lui stesso, Guillon è da sempre innamorato di Venezia. Al punto da volercisi trasferire in un prossimo futuro, al secondo piano del palazzo del XVI secolo che ha acquistato (e restaurato) a Santa Croce. Se il piano nobile è già aperto al pubblico come sede espositiva della Fondation Valmont, Guillon intende trasformare lo spazio rimanente in una residenza dʼartisti: «senza cucina, ma con uno chef. Per andare a mangiare si passerà in mezzo alle opere. Lʼidea mi è venuta pensando allʼhotel ospitato allʼinterno di un museo in Giappone (a Nahoshima, nda)». In attesa del completamento del progetto, Guillon ha curato la mostra “Venetian Loveˮ (5 marzo-29 novembre), invitando Aristide Najean e Silvano Rubino a dialogare sul tema della bellezza universale con le sue maschere, «ispirate al teatro Nō come alle classiche maschere veneziane: sono un simbolo di fine e inizio, di scelte e momenti di passaggio che ho chiamato Janus come il dio romano bifronte». Maschere già protagoniste dellʼesibizione precedente, “White mirrorˮ, «cieche, perché sono uno specchio della coscienza e non rispondono a nessuna domanda». Aristide Najean, pittore francese trasferitosi a Murano per imparare lʼarte del vetro e protegé di Starck che lo ha chiamato a collaborare con Baccarat e lʼha coinvolto nella decorazione dellʼhotel parigino Royal Monceau e della veneziana Palazzina G, è presente con uno chandelier (“Le retour de Marco Poloˮ), che definisce, «un viaggio poetico intorno alla luce, e un tributo alle lanterne di carta usate a Venezia per segnalare la fine della peste. Oggi gli artisti con un ego importante considerano la loro opera come una serie di pezzi che devono essere immediatamente identificabili perchè ne sia riconosciuto il valore commerciale. Io invece sono sempre in un listening mode, resto sempre aperto al cambiamento». Silvano Rubino espone alcune immagini digitali su grande scala, “Parallel travelsˮ, realizzate in 3D e con- cepite, «come se creassi dei quadri: sono partito dallo schizzo di uno spazio architettonico cui ho aggiunto via via oggetti presi in prestito dal passato, quadri dal Rinascimento allʼ800, frammenti di miei lavori precedenti, meditazioni sul tempo, sulla vita e la morte». Guillon ha voluto che la mostra includesse anche periodiche proiezioni di “Morte a Veneziaˮ, il capolavoro di Visconti tratto dal libro di Thomas Mann: «una riflessione sullʼarte e su questa città da cui mi sembrava impossibile prescindere in questo contesto».