L'artista Vanessa Beecroft riflette sul potere del corpo femminile
Le sue performances sulle donne e sugli immigrati sono impattanti. Il suo codice estetico ha profonde radici classiche. Welcome to the VB world.
In 30 anni di carriera, e 25 di performances intitolate con le iniziali VB seguite da un numero progressivo, Vanessa Beecroft, nata a Genova e trasferitasi neppure trentenne negli USA, prima a Brooklyn e poi a Los Angeles, si è costruita una solida reputazione internazionale. I suoi lavori sono stati presentati nelle gallerie e nei musei di tutto il mondo, e in molti spazi espositivi italiani, da quelli più istituzionali, la Biennale e la collezione Peggy Guggenheim a Venezia, Palazzo Ducale a Genova, gli Uffizi e Palazzo Strozzi a Firenze, il Castello di Rivoli a Torino, il Pac a Milano, il MAXXI a Roma, la galleria Lia Rumma o la Fondazione Berengo di Murano, a luoghi più insoliti, ma di grande suggestione e significato come lo Spasimo e Palazzo Abatellis a Palermo, il Mercato Ittico a Napoli o la Pescheria di Rialto a Venezia. Se le performances sono il suo medium espressivo più noto, la Beecroft utilizza anche la fotografia, il disegno, la pittura e la scultura.
L’Officiel: Cosa ti ha spinto a dedicarti all’arte?
Vanessa Beecroft: Non avrei potuto fare altro, sin dall’infanzia passavo le giornate a disegnare. Era il modo per evadere la vita, per estendere il sogno e visualizzare i miei desideri, il mondo che volevo vedere. Ho seguito sempre la stessa direzione, ampliandola, ma non cambiandola mai. Anche quando ho collaborato con mondi esterni all’arte ho sempre avuto in mente lo scopo finale che perseguivo, che era quello di esprimere giudizi estetici e sociali attraverso il mio lavoro. Quello di mostrare una visione particolare e universale, attraverso l’esibizione di me stessa e della mia psiche incarnata in una molteplicità vastissima di donne. Sono stata spinta dal fatto che l’arte è libera, che ho avuto la libertà assoluta di esprimere quello che volevo, pagando spesso un caro prezzo, particolarmente negli Stati Uniti, ma non rinunciando né perdendo il valore di questa libertà.
LO: La donna è sempre stata al centro della tua riflessione. Gli attuali eventi in Iran, Afghanistan, Ucraina, hanno inciso in qualche modo sul tuo pensiero? O influenzato i lavori più recenti o futuri?
VB: Non direttamente, ma hanno amplificato il senso di ansia e il generale malessere psicologico relativo alle mie opinioni sul Mondo. La guerra e la violenza sulle donne, in generale la violenza su chiunque sono forme di degenerazione dell’uomo. Il mio lavoro sulle donne non riguarda eventi internazionali. È un lavoro specifico, individuale, esistenzialista e politico. Tocca la storia e la società, ma non gli eventi immediati, della cronaca. Io evito di seguire questi eventi pubblicamente perchè non credo alla verità della stampa ufficiale e agli scopi veri di questi conflitti.
LO: Il tuo pensiero sullo sfruttamento e sulla violenza si fonda sulla tua riflessione quotidiana? E/o si è formato a partire da una precisa base teorica di scritti di femministe, sociologi, intellettuali?
VB: La mia riflessione unisce vari pensieri ed è dettata dalla mia esperienza personale, dalla mia vita, da quello che osservo in relazione ai miei movimenti e spesso dalla mia intuizione. Non lavoro basandomi su teorie, ma utilizzo certe teorie come cardini del flusso del mio pensiero ed esperienza.
LO: Quali consideri i momenti fondamentali della tua carriera artistica?
VB: Lo spostamento negli Stati Uniti, la rinuncia alla vita borghese, la battaglia che continuo a combattere da sola per non conformarmi al sistema in cui vivo e la nascita dei miei quattro figli.
LO: Quali lavori ritiene oggi più rilevanti?
VB: Quelli in cui la performance è integrata da elementi plastici, come l’happening realizzato lo scorso 8 dicembre a Palazzo Abatellis a Palermo. Le donne nella performance sono un’incarnazione vivente delle sculture e le sculture sono una incarnazione delle modelle. VB62, realizzata sempre a Palermo, è stata il primo esempio di questa unione tra le donne della performance e le donne di gesso. Durante VB62 un gruppo, inizialmente omogeneo e unito, si è diviso in due: le donne di gesso rimanevano inerti nel sonno e le donne dipinte di bianco si muovevano lentamente per uscire dalla posizione iniziale… Un altro lavoro rilevante e recente è stata la performance VB93, realizzata allo studio 5 di Cinecittà, a Roma, per la sua dimensione monumentale e perchè è stato il primo tentativo di filmare una performance con lo scopo di realizzare un film, non solo un’opera d’arte. Questo progretto è ancora in progress. Vorrei terminarlo in uno studio di Los Angeles il prossimo mese di settembre.
"Lavoro spesso in modo conflittuale. Utilizzo il mondo della moda come campo di battaglia su cui presentare problemi. Realizzo tutto questo in modo lieve, non esplicito, come spesso nel resto del mio lavoro"
LO: Quali artisti ti hanno maggiormente segnata e chi ammiri tra i contemporanei?
VB: Nessuno degli artisti che mi ha colpita è vivo. Non seguo molto l’arte, molti artisti sono bravi. Tutti contribuiscono al panorama dal quale attingo.
LO: Quanto il genius loci, la location o l’occasione della performance influenzano la concezione del tuo lavoro?
VB: Il luogo è il punto di partenza della performance, anche l’edificio e la sua storia. Il soggetto del lavoro rimane lo stesso, ma l’interazione con il pubblico è relativa alla dialettica con questo luogo, le persone, il Paese e la storia specifica.
LO: Hai collaborato spesso per brand di moda, da Moncler a Skims a Saint Laurent. Lavori con uno specifico frame of mind quando lo fai?
VB: Purtroppo lavoro spesso in modo conflittuale. Utilizzo il mondo della moda come campo di battaglia su cui presentare problemi. Realizzo tutto questo in modo lieve, non esplicito, come spesso nel resto del mio lavoro.
LO: Continuerai con la pittura?
VB:Sto cominciando adesso. È il sogno ultimo dell’arte.