"Kimono: Kyoto to Catwalk" al Victoria & Albert Museum
Tradizionale, senza tempo, immutabile. Lʼimmagine dellʼabito-icona giapponese sembra rimanere affidata ai passi incerti delle geishe sugli okobo, le alte infradito in legno, che risuonano nelle vie della vecchia. La mostra “Kimono: Kyoto to Catwalk”, al V&A di Londra, mostra l’evoluzione, glamour, del capo simbolo del Giappone. Dal 1660 ad oggi capitale giapponese. Uno stereotipo che il Victoria & Albert Museum di Londra con “Kimono: Kyoto to Catwalk” (V&A Museum,vam.ac.uk/kimono, 29/2-21/6/2020) è pronto a scardinare, sovrapponendo un visual assolutamente contemporaneo. E tracciandone il percorso che, in quattro secoli di storia, arriva fino alle passerelle dei giorni nostri, ispirando couturier quali Yves Saint Laurent, Rei Kawakubo e John Galliano. La mostra, curata da Anna Jackson, che ne ha evidenziato gli aspetti sociale e sartoriale, presenta pezzi unici, tra cui uno eccezionale, mai esposto nel Regno Unito, risalente al XVII secolo, ma anche lʼabito realizzato dallʼartista tessile Kunihiko Moriguchi per il Living National Treasure, il vestito di Alexander McQueen indossato da Björk (sulla copertina di “Homogenicˮ, 1997) e i costumi originali di Star Wars, modellati sui kimono creati da John Mollo e Trisha Biggar. Un totale di oltre 315 opere – tra cui anche accessori, dipinti, stampe e filmati – ne tracciano la storia. Il kimono nasce infatti a metà del Seicento, quando le classi mercantili diventano ricche e affidano a vestiti tessuti con sete e disegni preziosi il compito di rappresentare il loro potere, in una società particolarmente attenta allʼestetica. Il primo kimono arriva in Europa a metà del XVII secolo; contestualmente dal Vecchio Continente iniziano a partire verso Oriente stoffe pregiate, come i meravigliosi broccati francesi. Piano piano lʼarte e il design del Sol Levante diventano “popolariˮ, tanto da occupare le vetrine dei grandi magazzini di Londra, e influenzare la moda: Paul Poiret, Mariano Fortuny e Madeleine Vionnet iniziano a sostituire i vecchi corsetti con i drappeggi orientali. Oggi il kimono tradizionale viene riscoperto anche dai designer giapponesi: in versione couture, quelli di Jōtarō Saitō, mentre Hiroko Takahashi lo avvicina al mondo dellʼarte. Una fascinazione quella per lʼOriente da approfondire anche in altre due esposizioni: “Giappone terra di Geisha e Samuraiˮ (a Villa Reale di Monza, fino al 2 giugno 2020), con kimono della raccolta di Lydia Manavello e opere dalla raccolta di Valter Guarnieri e “Giappone. Lʼarte del Quotidianoˮ (al Museo Vincenzo Vela di Lugano, fino al 8 marzo 2020), con la collezione Jeffrey Montgomery, una tra le più importanti di arte nipponica, con 200 opere in ceramica, legno, tessuto e lacca giapponesi.
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