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(IM)POSSIBLE CONVERSATIONS: Picasso e Chanel

Una mostra al Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid svela le affinità elettive tra Picasso e Chanel

Picasso- I Bagnanti, 1918
Picasso - I Bagnanti, 1918

Quando si pensa a Gabrielle “Coco” Chanel, è pressoché automatica l’associazione con alcune sue celeberrime creazioni, che segnarono la storia della moda con la M maiuscola, dal tubino nero o little black dress che dir si voglia (introdotto negli anni ‘20) alla borsa matelassé 2.55, passando per i tailleur in tweed, i fili di perle (complemento irrinunciabile di ogni outfit della griffe), i bijoux a profusione... È invece forse meno noto, ma altrettanto rilevante per la definizione dell’inconfondibile estetica chaneliana, il rapporto che intrattenne con artisti di prima grandezza a lei coevi, parte di quel milieu cosmopolita che, tra le due guerre mondiali, rese Parigi la meta d’elezione di pittori, letterati, scultori, fotografi ed esponenti del beau monde del tempo. Mademoiselle Chanel, del resto, avida lettrice e d’indole curiosa, si immerse completamente nel fermento culturale che caratterizzava allora la Ville Lumière, entrando nella cerchia di alcuni dei principali protagonisti della scena culturale parigina; il più illustre degli autori cui si legò fu, senza dubbio, Pablo Picasso. Dallo scorso 11 ottobre, e fino al prossimo 15 gennaio, una mostra a Madrid approfondisce, passando in rassegna decine di capi d’abbigliamento, dipinti, disegni e altri memorabilia provenienti da tutto il mondo, proprio la liaison creativa tra due figure apicali del XX secolo.

Picasso e Chanel, la genesi condivisa della modernità, questo il titolo dell’exhibition allestita al Museo Thyssen-Bornemisza, nel cuore della capitale iberica, esplora  dunque la relazione tra il maestro di Malaga e la couturier nata a Saumur, che si conobbero nel 1917, quando entrambi erano già all’apice della fama nei rispettivi ambiti, con ogni probabilità tramite il poeta e drammaturgo Jean Cocteau o la pianista Misia Sert. L’intesa fu immediata, Chanel divenne una buona amica della coppia Picasso-Olga Khokhlova, prima moglie del pittore, che vestiva abitualmente i raffinati look con cui la vulcanica stilista stava rivoluzionando la moda dell’epoca, tutta pomposità e abiti da mille e una notte, abbracciando convintamente l’esprit du temps modernista, agevolando la nascente emancipazione femminile con capi di squisita fattura che, però, erano pensati per adattarsi a una quotidianità metropolitana, dinamica, favorendo i movimenti anziché cristallizzare l’indossatrice di turno in silhouette ieratiche.

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Chanel Coat, 1918-19
Chanel Coat, 1929-30
Chanel Day Dress, 1922
Chanel dress, 1923-26

L’esposizione madrilena mette sotto i riflettori le reciproche influenze tra i due, la comune ricerca di innovazione perseguita ricorrendo, ovviamente, a modalità espressive diverse quali sono moda e pittura. A tal fine, la mostra è suddivisa in quattro sezioni, che coprono un arco temporale di un decennio, dal 1915 al 1925. La prima, Lo stile Chanel e il cubismo (El estilo Chanel y el cubismo, nella versione originale), traccia un parallelo tra la corrente pittorica e alcune mise del marchio parigino, che declinano su tessuto gli stilemi codificati appunto da Picasso, quali l’assoluto predominio di bianco, nero e beige, le geometrie nette, l’impiego di materiali modesti, dalle superfici spoglie, quasi austere. Nella seconda parte, Olga Picasso, il focus - nomen est omen - è sui ritratti della succitata Khokhlova - cliente affezionata, lo si è visto, della maison - eseguiti dal pittore, cui vengono affiancati alcuni cimeli vestimentari del primo periodo di attività di Chanel, assai rari (ne sono  sopravvissuti pochissimi campioni). Si passa quindi ad Antigone (titolo del terzo capitolo), pièce che rilegge in chiave moderna la tragedia di Sofocle, con testi di Cocteau, costumi d’eccezione griffati Chanel (tra cui una serie di gioielli, prima incursione della stilista nel mondo della gioielleria), scenografie e maschere anch’esse d’autore, opera di Picasso. Nella quarta parte, infine, ci si concentra sul balletto di Djagilev Le Train Bleu, affidato, per quel che riguarda libretto (ispirato al jazz, al cinema muto e alle Olimpiadi), sipario (che si fregiava del guazzo Due donne che corrono sulla spiaggia), programma disegnato a mano e indumenti di scena (una selezione di sportswear ante litteram, altra novità assoluta per i tempi), allo stesso terzetto d’assi di cui sopra.

La rassegna del Thyssen-Bornemisza dà avvio alla commemorazione per i 50 anni della morte di Picasso, l’8 aprile 1973, ripercorrendo una parentesi misconosciuta dell’eccezionale - in senso letterale - parabola artistica dello spagnolo, capace di precorrere i tempi anche in tema di scambio (proficuo) tra arte e fashion, ormai ampiamente sdoganato.

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Sasha, Le Train Bleu, 1924 Vintage print
Picasso Arecchino allo specchio, 1923

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