Embodying Pasolini: la performance con Tilda Swinton
Il progetto creato da Olivier Saillard con Tilda Swinton è stato presentato al Mattatoio di Roma. Una performance tra moda e cinema, attraverso i costumi creati per i film di Pier Paolo Pasolini.
I costumi dei film di Pier Paolo Pasolini hanno avuto una loro vita, ma conservano ancora un carisma travolgente e unico
- Tilda Swinton
Varcando la soglia della padiglione si entra nel tempo meditativo di una conversazione impossibile tra Tilda Swinton e Pier Paolo Pasolini. “Embodying Pasolini” è, infatti, il titolo del progetto creato dal curatore e storico della moda Olivier Saillard insieme all'attrice scozzese, presentato a Roma lo scorso 25 giugno negli spazi del Mattatoio. La performance, promossa e supportata dal Comune di Roma nell’ambito di Romaison - manifestazione che lega il mondo della moda a quello del cinema - affronta l’idea di una inedita incarnazione del grande intellettuale italiano, rileggendone attraverso più di quaranta costumi la complessa filmografia, da “Il Vangelo Secondo Matteo”, a “Uccellacci e uccellini”, “Edipo Re”, “Porcile”, “Il Decameron”, “I racconti di Canterbury”, “Il fiore delle Mille e una Notte”, fino a “Salò o le 120 giornate di Sodoma”. Che non si tratti di una mera rievocazione nostalgica, è Olivier Saillard a spiegarlo: «La cosa più difficile che abbiamo dovuto risolvere è stata quella di allontanarci progressivamente dai film, dagli attori, dai personaggi. Non stavamo realizzando un'opera biografica, l’idea è sempre stata quella di analizzare ciò che un costume è in grado di dare dopo il film e ciò che non è in grado di dare, quindi abbiamo scelto di fare una mostra attraverso la performance, in modo da preservare una distanza tra i costumi e Tilda. Nell’azione lei interpreta una curatrice che a volte è molto vicina a Tilda Swinton stessa, a volte diventa un personaggio reale con la gestualità tipica che si ha in un museo. Altre volte è una performer che cerca di dare vita a questi costumi. Tutto quello che abbiamo fatto in queste settimane è stato curare un dialogo tra lei e i costumi». La performance, immaginata attorno ai costumi creati da Danilo Donati - scenografo e costumista premiato con due Oscar per “Romeo e Giulietta” di Zeffirelli e per “Il Casanova” di Fellini rispettivamente nel 1969 e nel 1977 - , realizzati e tutt'ora conservati dalla sartoria Farani, è stata pensata come l'invito di quattro ore nell’atelier di un artista.
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L'idea parte da una riflessione sull’intimità del senso dell’abito, che lo stesso Saillard porta avanti con la Swinton da più di dieci anni, nella ricerca di modalità espressive, linguaggi sempre nuovi e dispositivi alternativi rispetto al concetto di mostra o sfilata. L'allestimento minimale costruito con grandi pannelli bianchi ricrea veri e propri schermi temporali dove memorie e ricordi si riflettono, riaffiorano nella gestualità degli interpreti e nella forza di materiali e colori della sperimentazione artistica del costumista Danilo Donati. È lo stesso Saillard a guidare sulla scena il susseguirsi delle azioni, lo svelamento della forza dirompente di questi materiali di archivio, che come archeologie della memoria vengono scartate, riportate alla luce. Nell’alternarsi dei momenti di dialogo, sono i costumi stessi a reagire come un doppio, un partner, ma anche un suo opposto, raggiungendo picchi di intensità emozionale ed espressiva. Gli abiti conservano ancora la vibrazione del tocco di Donati, la cui ricerca fatta di sperimentazione estrema e raffinata è stata portata avanti nel sodalizio con Pasolini, iniziato nel 1962 e proseguito fino alla morte del regista. Dalle citazioni pittoriche degli affreschi di Piero della Francesca ad Arezzo, evocate nel “Vangelo Secondo Matteo”, alla tessitura al telaio realizzata per “Edipo Re”, alle forme a “cartucciera” dei costumi dei soldati del sogno in “Porcile”, alla rigidità del feltro, al tripudio di velluti, frange, laminati, in “Il Fiore delle Mille e una Notte”, fino alla purezza concettuale degli abiti indossati in “Salò o le 120 giornate di Sodoma”. «I costumi dei suoi film avevano già avuto una loro vita nella pellicola, ma conservano ancora un carisma travolgente», racconta Tilda Swinton, «quando tocchi il costume indossato dallo stesso Pasolini ne “I racconti di Canterbury” ne senti ancora la vibrazione. Tutti sentono qualcosa di elettrico e pericoloso quando si tratta dei costumi di Salò».
Talent Tilda Swinton
Photography and Art Direction Ruediger Glatz
Hair and Make-up Massimo Serini